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venerdì 30 ottobre 2020

Progettiamo oggi il paradigma socio-economico del domani

 

di Marco Montecchi

Fisico Ricercatore presso ENEA

mmonthy@gmail.com

+39 348 596 8888

Un esercizio per delineare un nuovo sistema socio-economico realmente sostenibile, basato su un “salto evolutivo” rispetto alle attuali regole che ci governano. E’ ormai ampiamente dimostrata l’insostenibilità di un sistema economico basato sulla crescita della produzione di beni, essendo inesorabilmente destinato al collasso quando applicato in un mondo finito con risorse limitate: non ci sono più terre da esplorare; almeno nel breve e medio periodo, non ci sono più territori da colonizzare; in altre parole il mondo è diventato un sistema chiuso in cui ogni strategia basata su un ulteriore ampliamento è destinata al fallimento con conseguenze disastrose per tutti. In una nuova vision l’Europa può giocare un ruolo molto importante e ridiventare la guida per un mondo nuovo in cui la parola chiave siano “benessere” e “buona vita”.

 

      1. Il problema: il pensiero unico

La necessità di adottare un nuovo paradigma socio-economico, alternativo al modello corrente neoliberista, è sempre più impellente:

  1. sfruttiamo più risorse di quanto la Terra possa offrire. Nel 2019 l’overshoot day è anticipato al 29 Luglio! Il miglioramento rilevato nel 2020, 22 Agosto, è solo temporaneo, dovuto al rallentamento imposto dalla pandemia Covid-19;

  2. il Pianeta è sfigurato dall’antropizzazione dilagante;

  3. l’eccessivo rilascio di gas serra sta inducendo rilevanti cambiamenti climatici;

  4. la quota di lavoro umano necessaria è rapidamente erosa dal poderoso sviluppo di intelligenza artificiale e robot;

  5. capitalismo e neoliberismo sono oramai entrati in una crisi sistemica causata dalla finitezza del Pianeta e delle sue risorse, solo ritardata dall’economia del debito.

Purtroppo le classi dirigenti non sembrano cogliere la gravità della situazione, rimanendo ostaggio del mito della “crescita” e del “lavoro” stile vecchio millennio. Sarebbe, invece, necessario adoperarsi per progettare un paradigma socio-economico alternativo per poi avere il coraggio e la lucidità Politica di intraprendere i primi passi realizzativi.

 

      1. Avvertenze per i progettisti

Nel progettare un nuovo paradigma socio-economico si dovrebbe tener conto che:

A) fissata una soglia minima alla qualità di vita che si vuole garantire ad ogni essere umano, esiste un limite alla numerosità della popolazione umana affinché non si consumino più risorse di quante il pianeta riesca a rigenerare, o si inducano cambiamenti climatici per eccesso di consumi energetici, o si stravolga la biosfera per eccessiva antropizzazione del territorio.

B) infatti per non destabilizzare il pianeta con il riscaldamento globale, una volta risolto il problema della emissione di gas serra, esiste comunque un limite massimo all’energia fruibile dall’uomo sulla Terra, in quanto a fine uso la gran parte di essa viene convertita in energia termica. Attualmente l’ammontare di energia prodotta (trasformata, per essere più precisi) dall’uomo è circa 10-4 rispetto al quantitativo di energia che la Terra riceve dal Sole, contro il 10-2 del minore irraggiamento di energia nello spazio causato dall’effetto serra. Quindi, eliminato il problema dell’emissione di gas serra, potremmo ancora accrescere il quantitativo di energia prodotta solo di un ordine di grandezza (ossia 10), altrimenti saremo nuovamente nella condizione di indurre cambiamenti climatici. Morale: dobbiamo accettare l’idea dell’esistenza di un limite al quantitativo di energia di cui possiamo disporre sulla Terra, indipendentemente dalla fonte utilizzata, anche se nel caso delle fonti rinnovabili l’impatto è minore in quanto esse attingono al quantitativo di energia che la Terra riceve dal Sole, posticipando il momento della sua conversione in energia termica; di contro la fonte nucleare (sia da fissione che da fusione) impatta per intero, in quanto trasforma energia che era immagazzinata sotto forma di legami nucleari in energia termica.

C) inoltre, per non alterare la biosfera, l’antropizzazione deve essere limitata ad una frazione della superficie terrestre; infatti il sistema suolo-atmosfera è di tipo complesso, regolato da leggi Fisiche non lineari. Data la complessità, una variazione minima in una piccola parte del sistema, può innescare una catena di eventi con ripercussioni enormi sull’intero sistema complesso spostando significativamente le condizioni di equilibrio in modo assai difficilmente prevedibile, con serie conseguenze sulle varie forme di vita attuali.

D) la logica del profitto, che soggiace a capitalismo e Neoliberismo, non è compatibile né al regime stazionario richiesto dalla finitezza del Pianeta, né alla drastica riduzione dell’ammontare della quota di lavoro umano necessario (“lavoro necessario”) dovuta all’avvento di robots sempre più evoluti e al contemporaneo sviluppo dell’intelligenza artificiale.

E) L’uomo è un animale sociale guidato dalla ricerca del benessere con esiti che possono spaziare dal puro egoismo alla totale abnegazione per un qualche scopo trascendente l’individuo stesso; ama primeggiare, distinguersi e assicurarsi il meglio. Ad esempio ci si può sentire appagati sia dal consumare un pasto prelibato che dal premurarsi di offrire cibo a qualche bisognoso affamato. Questo spiega l’ampio spettro dell’agire umano: dalle peggiori nefandezze ad azioni ammirevoli e nobili. Purtroppo mediamente l’agire umano è piuttosto meschino: guidato dal tornaconto personale, magari familiare e più raramente del gruppo di appartenenza; nell’ultimo caso facilmente l’agire è a scapito di uno o più gruppi concorrenti. 

 

      1. Utopia Sostenibile: un esempio di modello alternativo

Premessa. Utopia Sostenibile è il modello socio-economico che ho voluto tratteggiare a dimostrazione della possibilità di poter concepire paradigmi alternativi. Non è assolutamente mia intenzione convincere il lettore che sia il migliore dei paradigmi; anzi, vorrei fosse da stimolo per ognuno a prefigurare una propria alternativa. Sarebbe poi molto utile confrontare i diversi modelli per cercare di delinearne di nuovi, più evoluti, basati sulle idee migliori; alla fine si potrebbe quindi convergere su una rosa ridotta dei paradigmi più promettenti, condivisi.

Principi fondamentali. E veniamo all’Utopia Sostenibile: il suo tratto principale è la sostituzione della logica del profitto con i valori di Solidarietà, Condivisione e Bene Comune; come sarà meglio chiarito a breve, il nuovo cittadino non è più mosso dalla bramosia di potere, denaro e accumulo, ma dalla ricerca della gratificazione per accrescimento personale e per riconoscenza sociale. Tali valori implicano un salto evolutivo della società umana, allontanandola con decisione dagli albori della preistoria. All’individuo è riconosciuta unicità e libertà di scelta, ma lo si educa per rinforzare le modalità di ricerca del benessere che abbiano esiti non egoistici e fare maturare in lui una visione olistica del sistema in cui vive e agisce, per renderlo consapevole e quindi più responsabile nel suo agire.

Joule-coin, valore dei beni e flusso naturale della valuta. Purtroppo non basta enunciare dei buoni principi innovatori per innescare un cambiamento; servono anche azioni decise e coraggiose che comportino un cambiamento sostanziale del contesto di vita e quindi del comportamento delle persone. Il grimaldello che propongo per forzare la transizione è il combinato di tre parti:

  1. allineare l’unità di valuta sull’unità Fisica dell’energia, il Joule (Joule-Coin);

  2. ancorare il valore di ogni bene al corrispettivo quantitativo di energia necessario alla sua realizzazione e smaltimento a fine vita, se di bene materiale si tratta.

  3. adottare per la valuta il flusso naturale dell’energia, riconoscendo ad ogni cittadino l’Energia di Cittadinanza per il solo fatto di esistere e di far parte della società

E’ bene sottolineare che a differenza delle valute attuali, Il JouleCoin non è stazionario, ma viene “coniato” nel momento in cui l’equivalente ammontare di energia è reso disponibile e si “annichilisce” nel momento in cui esso è utilizzato per acquisire un dato bene.

Questa proposta colpisce il cuore del sistema corrente: il denaro; le società cosiddette evolute ne sono ossessionate. Il denaro è stato lo strumento principe per andare oltre il baratto. Semplificando, all’inizio il valore di una moneta era conferito dal materiale stesso in cui era prodotta; è seguita una fase in cui il suo valore era garantito dalla riserva aurea dello stato; infine questo compito è stato lasciato al mercato, ovvero alla finanza.

Dal mio punto di vista, di Fisico, tutto ciò non mi è mai apparso convincente, per la mancanza di oggettività. La proposta in oggetto è articolata in modo tale da stravolgere completamente l’approccio: il valore del denaro è oggettivamente ed univocamente ancorato all’energia, il Joule; il valore di ogni cosa (materiale ed immateriale) è ancorato oggettivamente e univocamente al quantitativo di energia richiesto per produrla/realizzarla; se bene materiale, a questa va aggiunto l’ammontare di energia necessaria al suo smaltimento al termine del ciclo di vita. Fine dell’arbitrarietà, fine della speculazione finanziaria.

A completamento del cambiamento, nell’Utopia Sostenibile il flusso del denaro-energia è ricondotto a quello naturale: ogni forma di vita sulla Terra si sviluppa tra i mille rivoli di conversione dell’energia, a partire da quella solare di tipo elettromagnetico, distribuita nell’intervallo UV-VIS-NIR, ricevuta dalla superficie terrestre, a quella infrarossa riemessa dalla Terra verso lo spazio; a cui si deve aggiungere quella immagazzinata, più o meno a lungo, in forma di legame chimico. Per avere stazionarietà climatica, l’ammontare dell’energia ricevuta dal Sole deve coincidere con la somma di energia immagazzinata più quella riemessa nello spazio, pena riscaldamento o raffreddamento globale. In questo fluire si sviluppa anche la vita dell’uomo, al pari di tutte le altre forme di vita. Appare così evidente che l’uomo abbia diritto a usufruire gratis della sua quota di energia, solo per il fatto di esistere. Il lavoro propriamente detto che gli si richiede per poter usufruire della Energia di Cittadinanza nell’ambito dell’Utopia Sostenibile è ridotto allo stretto necessario per mantenere efficiente la società in cui vive; infatti sono la società e il bagaglio di conoscenze acquisite che consentono di innalzare il tenore della qualità di vita rispetto al livello primordiale. E’ quindi essenziale che il cittadino comprenda l’importanza del prendersi cura in prima persona della società e della cultura.

Sottolineiamo che in questo scenario la Politica e la pianificazione dello sviluppo, o meglio del progresso sostenibile, saranno automaticamente modulate sull’ammontare effettivo di energia disponibile, possibilmente ottenuta da fonti rinnovabili. Differentemente dalla concezione Neoliberista, la produzione di beni e servizi dovrà essere limitata a quanto effettivamente necessario/richiesto. Rispetto alla situazione corrente di consumismo sfrenato e spreco di risorse, questo punto è rivoluzionario; la sua attuazione sottende l’adozione di un’oculata pianificazione annuale di produzione e sviluppo.

Lo Stato come direttore d’orchestra. Nell’Utopia Sostenibile ogni anno lo Stato disporrà dell’ammontare totale dell’energia generata in modo rinnovabile e sostenibile. Una quota sarà trattenuta dallo Stato per svolgere tutte le attività di bene comune, quali realizzazione e mantenimento delle infrastrutture (centrali per la trasformazione dell’energia, vie di comunicazione, telecomunicazioni, acqua, gas, elettricità) e garantire servizi di pubblica utilità (ospedali, scuole, servizio civile, etc.); la parte rimanente andrà equamente suddivisa tra i cittadini a mo’ di Energia di Cittadinanza.

Nel pensiero appena formulato è comparsa la figura dello Stato. A scanso di malintesi vorrei subito precisare che lo Stato a cui penso non è meramente impositivo, ma ha la funzione importantissima di coordinare l’agire umano nella società; altrimenti si rischierebbe l’incoerenza delle azioni individuali, a detrimento delle caratteristiche dell’impatto umano sul pianeta. Auspico un rapporto Stato-Cittadino simile a quello che vige tra direttore d’orchestra e musicista: ogni musicista ha il suo spartito; il direttore d’orchestra lavora per rendere l’esecuzione del brano armoniosa. Proseguendo in questa analogia, come affermato da un mio buon amico e collega violinista, il musicista non prova senso di costrizione nel suonare in una orchestra per il semplice motivo che questo è frutto di una sua scelta. Analogamente il cittadino-musicista dovrebbe avere la possibilità di scegliere la comunità a cui associarsi in base ad affinità: verosimilmente il nuovo sistema socio-economico si realizzerà in una moltitudine di comunità interconnesse; ognuna sarà contraddistinta da caratteristiche specifiche indotte sia dal territorio che dagli individui che la compongono.

Ben consapevole di quanto lo Stato possa comportare derive autoritarie o quantomeno distopiche, invito il lettore a segnalarmi forme organizzative alternative, più leggere, che assicurino una sufficiente grado di coordinazione e coerenza dell’agire umano.

In cambio della fruizione dell’Energia di Cittadinanza, il cittadino dovrà rendersi disponibile a dedicare parte del suo tempo allo svolgimento di una delle funzioni di interesse sociale non demandabili a robots e macchine. Questo è il nuovo concetto di occupazione. Pertanto per definizione nell’Utopia Sostenibile non ci può essere disoccupazione! I compiti andranno distribuiti tenendo conto delle attitudini e possibilmente dei desideri individuali; gli obiettivi minimi andranno calibrati sulle capacità e possibilità individuali. Con il progredire della tecnica, l’ammontare complessivo delle attività di pubblica utilità da far svolgere ad umani sarà sempre più esiguo; pertanto l’individuo disporrà sempre più di tempo libero. Insomma nel nuovo contesto tutti hanno un’occupazione, ma con impegno ridotto al minimo indispensabile.

Il cittadino utilizzerà la sua quota energia per disporre di tutto il necessario per la sopravvivenza; con il surplus potrà beneficiare di beni, servizi e svaghi di importanza non strettamente vitale, secondo i propri gusti, in piena libertà, ma rispettando le regole di convivenza e i vincoli di sostenibilità. Avrà diritto alla fruizione secondo i propri desideri delle strutture sociali e alla piena disponibilità del tempo rimanente.

Tenendo conto dell’indole umana, per invogliare il cittadino a prendersi cura del bene comune, gli saranno riconosciute ricariche di energia supplementari qualora, al di là delle sue mansioni di competenza, avrà conseguito pregevoli risultati di pubblica utilità.

Problema esistenziale e rischio di decadenza. Una volta che sia stata ampiamente garantita la sussistenza, ogni uomo necessita di porsi un qualche importane obiettivo esistenziale da perseguire nel corso della propria vita. La crescente disponibilità di tempo libero e di benessere renderanno più difficile l’individuazione di obiettivi esistenziali; molti uomini, annoiati dalla vita e alla ricerca di emozioni forti, potrebbero estraniarsi ricorrendo a droghe e/o realtà virtuali; la società potrebbe andare in decadenza. Diversamente l’uomo del domani dovrebbe sfruttare la maggiore disponibilità di tempo libero per dedicarsi a una qualche forma di sapere o di espressione artistica, dovrebbe dedicarsi al prossimo, all’ambiente, accrescere la sua consapevolezza, cercando di contenere la sua brama di potere e di possesso.

L’educazione, garantita dallo Stato, favorirà la maturazione di una visione olistica e sarà tesa ad incoraggiare ed aiutare il cittadino-studente ad individuare e sviluppare le sue migliori attitudini e capacità. Una volta formato, l’individuo potrà scegliere tra le mansioni sociali quella/e di maggiore gradimento, compatibili con la sua formazione. Anche successivamente l’accrescimento personale sarà una fonte importante di gratificazione.

La Ricerca e lo Studio in ogni settore saranno incoraggiati senza alcun limite, nel rispetto di un codice etico condiviso e saranno supportati in base alla rilevanza sociale e/o importanza culturale.

Per evitare che la società degradi verso un agglomerato di monadi, al di là dei limiti tecnologici per l’automazione delle attività necessarie, sarebbe opportuno che il cittadino continuasse comunque a dedicare parte del suo tempo nel prendersi cura degli altri e del bene comune. Anche perchè questo impegno, se svolto con cura e passione, verrà premiato con la riconoscenza sociale che è enormemente più appagante di qualsiasi tornaconto materiale.

Limite demografico. Per garantire la quasi stazionarietà del sistema sarà necessario governare l’andamento demografico, preferibilmente sensibilizzando la società e la curando la consapevolezza del singolo. Più precisamente, definito il tenore della qualità di vita che si vuole garantire ad ogni individuo, la popolosità dovrebbe rispettare il più stringente tra i seguenti tre vincoli: 1) mantenere il fabbisogno energetico al di sotto della soglia oltre cui c’è il rischio di innescare cambiamenti climatici; 2) mantenere il consumo di risorse naturali entro le capacità rigenerative del pianeta; 3) mantenere la frazione di territorio antropizzato al di sotto della soglia oltre cui c’è il rischio di modificare la biosfera.

La transizione. A meno di malaugurati eventi catastrofici che lascino spazio ad una ricostruzione ex-novo, la transizione avverrà gradualmente; ad esempio si introdurranno nuovi indici nella determinazione del PIL (ad oggi elemento fondamentale per determinare il valore di un sistema paese) tali da valorizzare la “buona vita” e il “benessere” dell’individuo. Una transizione in cui Solidarietà, Condivisione e Bene Comune assumano sempre maggiore valore e l’agire umano sia sempre più modulato sull’effettivo quantitativo di energia ottenuta in modo sostenibile. Automatizzazione e Intelligenza Artificiale saranno utilizzati per ridurre il “lavoro necessario” e lasciare sempre più tempo alla “libera occupazione”.

Un esempio per comprende meglio l’Utopia Sostenibile. Come cittadino, per avere diritto al dividendo di energia di cittadinanza, dovrò impegnarmi a ricoprire una quota di “lavoro necessario” (ossia non eseguibile da macchine e robot) che mi sarà assegnata tenendo conto sia della mia formazione che delle mie attitudini; ad esempio potrei eseguire lavori di ecologia ambientale. Sarò motivato ad eseguire bene il “lavoro necessario” sia perché mi è consono, sia perché ci metto la faccia e potrò godere del riconoscimento sociale conseguente ad un lavoro ben fatto.

Con il quantitativo di energia pro-capite sarò in grado di assicurarmi vitto, alloggio e l’acquisizione dei beni accessori di mio interesse (ad esempio una motocicletta o l’impianto Hi-Fi) il cui valore è fissato univocamente al quantitativo di energia necessaria per produrli.

Sono libero di utilizzare il tempo rimanente nelle occupazioni che più mi aggradano; ad esempio, oltre che coltivare affetti e amicizie, potrei partecipare ad un gruppo di ricerca scientifica nel campo delle energie rinnovabili e suonare in un gruppo musicale.

Inoltre, potrò godere di buoni premio energia quando il mio operato avrà rilevanti ricadute sociali.


      1. Passi successivi auspicabili

Come già dichiarato, non è assolutamente mia intenzione propagandare l’Utopia Sostenibile come il miglior paradigma socio-economico alternativo; piuttosto vorrei stimolare ogni lettore a sviluppare un proprio modello alternativo. Al contempo vorrei innescare una seria fase progettuale in cui, a partire dal confronto dei diversi modelli proposti, si riesca ad elaborarne di più evoluti e promettenti, giungendo ad una rosa ristretta di proposte più evolute e condivise.

Si dovranno quindi sollecitare organismi sovranazionali, come la UE o l’ONU, a sponsorizzare la creazione di comunità pilota in cui testare i modelli più promettenti. Ad esempio in Italia si potrebbe sfruttare l’enorme potenziale delle zone interne appenniniche, oramai in stato di semi-abbandono.

La fase di sperimentazione in campo è necessaria e fondamentale per validare il paradigma; permetterà di apportare modifiche e di valutare l’efficacia del modello sulla base dei risultati ottenuti.

Disporre di un campionario di paradigmi socio-economici ben definiti e già valutati in campo sarà di grande aiuto per i decisori politici quando la crisi del sistema attuale si acuirà e si verificheranno collassi regionali a cui si dovrà dare risposta apportando cambiamenti sistemici concreti e sostanziali.

Per raggiungere questi risultati è necessario un lavoro di squadra: il singolo può fare poco o nulla!

domenica 13 dicembre 2015

Il post-capitalismo incipiente?

di Jacopo Simonetta

In Europa occidentale dove è nato, Il capitalismo è vecchio ormai di 300 anni.   Non moltissimi in una prospettiva storica, ma comunque una rispettabile età.   Durante questo ormai lungo periodo è stato dato per spacciato varie volte, ma sempre ha trovato il modo di cavarsela e, anzi, uscire dalla crisi più forte di prima.    Direi anzi che la principale caratteristica di questo singolare sistema socio-economico è la sua incredibile resilienza.   La sua capacità, cioè, di reagire alle difficoltà rilanciando ogni volta la sua scommessa ad un livello più alto.   Se mai è esistita una filosofia politica della rivoluzione permanente, questa è proprio il capitalismo.

“Si dissolvono tutti i rapporti sociali stabili e fissi, con il loro seguito di concezioni e di idee tradizionali e venerabili; i nuovi rapporti invecchiano prima di essere consolidati.  Qualsiasi elemento di gerarchia sociale e di stabilità di casta se ne va in fumo, tutto ciò che era sacro è profanato”.   Non lo scrivono Balzac o il Conte di Chambord parlando del socialismo; lo scrive Marx nel 1848 riferendosi al capitalismo.

Tra i fattori che concorrono a questo straordinario risultato, direi che i principali sono i seguenti:

1. Fa appello ai peggiori istinti di ognuno, quali l’avidità e l’egoismo.  Una volta un mio amico, sostenitore convinto del capitalismo, ne condensò così la natura: “L’istinto naturale dell’uomo è fregare il prossimo e questo è un sistema con il quale ognuno, tirando a fregare gli altri, senza saperlo fa il bene comune”.    Si può dissentire, ovviamente, ma è un fatto che molti tentativi di opporsi al capitalismo sono falliti perché chiedevano alla cittadinanza un livello ed una costanza morale che non erano alla portata dei più.

2. E’ acefalo.   Malgrado la passione di molti per “il nuovo ordine mondiale” ed i complotti, la forza del capitalismo risiede proprio nel fatto che si comporta come un “branco acefalo”.   Questo significa che i suoi centri di comando e controllo non possono essere colpiti perché non esistono, oppure possono essere continuamente corto-circuitati o sostituiti.   Alcune realtà che si sviluppano su internet funzionano sullo stesso principio e, difatti, sono molto difficili da contrastare.   Chi vuol capire come funziona faccia una gita in campagna ed osservi molto attentamente come si muovono i voli di storni all'imbrunire.   Anche lo storno è un animale estremamente resiliente, come il capitalista.


3. E’ onnivoro.   Il capitalismo si può nutrire di praticamente qualunque cosa esista, reale o virtuale che sia.   Nessun altro sistema vivente riesce a tanto.

4. E’ inclusivo e proteiforme.   Chiunque e qualunque cosa riesca ad acquisire una fetta di potere sufficientemente interessante, viene automaticamente cooptato nel sistema, senza che se ne renda neanche conto.   Questo vale per le persone e le organizzazioni, ma anche per le idee.   Si pensi a come le parole d’ordine dell’ambientalismo siano diventate quelle della pubblicità consumista.   Ma il fatto importante è che ciò non avviene per a seguito di un piano prestabilito, bensì per la natura stessa del capitalismo che è capace di assorbire e fare propria qualunque cosa possa essere usata.
Dal punto di vista di chi gli si vuole opporre, l’unico modo per non far parte del sistema è l’estrema marginalizzazione.   Ma in questo modo si perde completamente la possibilità di influire sul corso attuale degli eventi.

Dunque il capitalismo è una macchina termodinamica e culturale praticamente perfetta che, finora, si è dimostrata invulnerabile ed inarrestabile.   Ma proprio questa sua capacità di superare ogni limite potrebbe essere la sua condanna finale.   Il capitalismo è strutturato infatti in modo che non può sopravvivere in uno stato di equilibrio dinamico.   Il capitalismo o cresce o muore.

Dunque l’unica cosa che può distruggere il capitalismo è sé stesso, semplicemente esaurendo le risorse di cui vive ed avvelenando il mondo di cui fa parte.   Perché, per quanto possa utilizzare praticamente tutto, ci sono comunque dei limiti che non possono essere superati: quelli del Pianeta. Una volta che l’impatto con questi limiti avrà chiuso definitivamente ogni possibilità di ulteriore crescita, il capitalismo morirà da solo.   E ci sono buone ragioni per credere che questo momento sia abbastanza vicino.

Guarda caso, nessun nemico si profila all'orizzonte per sfidare il vecchio, ma il flusso di energia e materia che lo alimenta comincia a rallentare, mentre l’atmosfera, i suoli ed i mari stanno diventando inquietanti.   Il mantenimento dell’ipertrofica infrastruttura di cui si è dotato diviene problematica, come quello di un numero demenziale di persone che si guardano intorno sempre più smarrite, senza capire perché.

Sarà la volta buona?   Lo vedremo, intanto stanno sorgendo piccole ma agguerrite pattuglie di persone che cercano di capire quale sistema prenderà il posto del capitalismo, una volta conclusa la sua lunga e dolorosa agonia.

Un campo che trovo particolarmente interessante e, nel quale, segnalo questo articolo,   Mapping the Emerging Post-Capitalist Paradigm and its Main Thinkers 

Non dice niente che non si fosse già sentito tante volte, ma ha il merito di riassumere in una bella grafica “lo stato dell’arte” in materia di pensiero post-capitalista.   Dunque ne consiglio senz’altro la lettura e, soprattutto, consiglio di scaricare e conservare le grafiche, possono essere molto utili per orientarsi.   Non per nulla sono etichettate come “mappe”.

Tuttavia, non condivido lo spirito dell’articolo, né molte delle cose che vi si affermano.   In particolare, vorrei qui discutere molto brevemente i tre punti critici che, secondo gli autori, la nostra società starebbe attraversando:

Cambio di ordine sociale.  Da una società centralizzata e gerarchica ad una società organizzata orizzontalmente, decentralizzata e funzionante “dal basso verso l’alto”. Per ora nessun paese veramente capitalista è entrato in una fase successiva, ma i crescenti scricchiolii che si odono dalle fondamenta del sistema non suggeriscono ottimismo nel futuro a breve e medio-termine.   Del resto, in alcuni paesi che già sono entrati in una fase post-capitalista (Siria, Libia Iraq, Yemen fra gli altri) si assiste effettivamente alla disintegrazione delle strutture statali e sovra-statali.   Ma ciò che sorge è una miriade di gruppi e gruppuscoli, ognuno dei quali fortemente militarizzato, che combattono per accedere alle scarse risorse sfuggite alla digestione del sistema precedente.

Cambio di struttura economica.  Al posto di organizzazioni grandi e burocratizzate che producono grandi quantità di oggetti a buon mercato, nella nuova economia digitale è possibile sviluppare prodotti e servizi localmente e su piccola scala. La nuova economia digitale, qualunque cosa sia o sarà, necessita di un flusso costante ed abbondante di energia, oltre che di un costante ricambio di oggetti ad altissimo contenuto tecnologico (computers, Iphones, stampanti tridimensionali, servers e moltissimo ancora).   Tutta roba che solo l’economia capitalista attuale può essere in grado (per ora) di produrre in quantità massicce ed a prezzi arrivabili.

Cambio nei rapporti di potere.   Un tempo l’influenza politica e le economie di scala determinavano l’accesso alle risorse, alle conoscenze ed alle informazioni.   Conoscenze ed informazioni sono adesso accessibili al di fuori delle istituzioni politiche.   Ciò permetterà lo sviluppo di economie basate su conoscenze liberamente condivise. E’ vero che in rete si trova condivisa una miriade di informazioni di ogni livello e qualità.   Ma nessuno posta informazioni che possano avere un interesse commerciale e perfino le informazioni scientifiche sono spesso disponibili solo a pagamento.   E neanche sempre.   Per essere chiari, in internet si trovano miriadi di filmati che insegnano a coltivare le rape, ma nessun softwhere per la progettazione di una turbina moderna.   Certo, l’economia del futuro potrebbe essere fatta solo di ortaggi ed oggetti artigianali e  ci sono buone ragioni per pensarla così.   Ma questo significa che saremo in un’economia più o meno di sussistenza e, comunque, del tutto priva di gadget tecnologici.
Inoltre, quando anche disponibili, le informazioni sono utili solo se si dispone anche dell’energia e della materia per metterle in pratica.   Altrimenti servono a poco.

Dunque il capitalismo sta davvero morendo?   Forse, ma io credo che sia ancora presto per vendere la pelle dell’orso.    Siamo d’accordo che stavolta il vecchio è in un angolo molto stretto, ma ci ha già sorpresi più di una volta.   Inoltre, ammesso che il capitalismo davvero muoia, non credo proprio che un sistema sostitutivo potrà sorgere a breve termine e pacificamente.   Non è mai successo nella storia.  Alla fine di un sistema consolidato segue sempre un lungo periodo di disastri naturali e non.   Non a caso, almeno tre dei  quattro cavalieri di cui parla S. Giovanni, sono degli habitué del nostro pianeta.

La mia opinione è che il “nuovo mondo”, bello o brutto che sarà, potrà sorgere solo dopo che sarà conclusa la putrefazione di quello vecchio ed i cavalieri si saranno presi un po’ di ferie.   Paracelso sosteneva che la vita nuova nasce dalla putrefazione di ciò che era precedentemente morto.   Riferendosi a singoli organismi aveva certamente torto, ma parlando di sistemi sociali, forse, aveva ragione.