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lunedì 24 gennaio 2011

Mai mettersi in una situazione senza uscita


Il capitano Kirk, interpretato da William Shatner nella prima serie di Star Trek. Una delle frasi ben note del personaggio è "non mi metto mai in una situazione senza uscita" ("I never put myself in a no-win situation"). La saggezza, alle volte, viene da fonti inaspettate. 


Nella vita, ti capita a volte di dover rinunciare a qualche idea che ti era parsa buona al principio. A me è capitato, per esempio, nel caso dell'idrogeno come carburante per veicoli: Inizialmente avevo abbracciato con entusiasmo il concetto, ma poi mi sono accorto che era una sciocchezza, perlomeno nel modo in cui viene proposta comunemente. Quando l'ho detto pubblicamente, qualcuno mi ha dato di voltagabbana, qualcun'altro mi ha sparato addosso una raffica di insulti - ma mi sembrava giusto dirlo e l'ho fatto.

Ci vuole un certo coraggio per ammettere i propri errori, ma il consiglio del capitano Kirk è quello giusto: non ti mettere mai in una situazione senza uscita. Questo vuol dire che non c'è infamia nel cambiare idea quando ti accorgi di aver avuto torto. Ma lo devi fare appena te ne accorgi. Se invece insisti, ti troverai in una situazione senza uscita. Allora, se non hai più argomenti non ti restano che gli insulti.

Questa è la situazione di molti pseudo-scettici climatici. Credo di potermi immaginare di come hanno cominciato. Inizialmente, sembrava un gioco; era una cosa divertente prendere in giro quei pomposi scienziati. Era un piacere lanciare battute cattive verso quei nerd che si erano fatti trovare con le mani nella marmellata a dir male dei colleghi e a parlare di "nascondere il declino". Ed era facile prendersela con quegli ambientalisti del piffero, verdi fuori e rossi dentro. Tutto questo ti dava una certa notorietà, ti portava lettori al blog e poi, chissà, avrebbe potuto portare anche più lontano.

E poi, invece, ti accorgi che non è un gioco. Ti accorgi che hai di fronte degli scienziati veri e che tu sei solo un dilettante. Ti accorgi che sei un meccanico di biciclette che ha cercato di insegnare agli ingegneri della Boeing come progettare un 747. Ti accorgi che tutte le tue argomentazioni sono state demolite una per una. Che il pianeta si scalda veramente. Che ci stanno arrivando addosso una serie di disastri climatici, uno dopo l'altro e che è colpa nostra. Che siamo di fronte a un rischio serio, grave, imminente, per tutti noi e per i nostri figli.

E allora? E allora sei in una situazione senza uscita e se non hai il coraggio di cambiare idea, non ti restano che gli insulti.

Qui di seguito, vi passo un esempio di un testo di uno pseudo-scettico climatico ridotto allo stremo: senza più argomenti non gli restano che insulti. Credo non abbia bisogno di commenti. (Ma vedi anche questo post di Sylvie Coyaud)

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http://www.climatemonitor.it/?p=15369


Sciacalli, avvoltoi, allodole ed altro bestiario climatico

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  1. Sciacalli climatici: figure tipiche dell’attivismo cambioclimatista estremo: dicesi di coloro che passano il loro tempo a cercare notizie di disgrazie altrui di carattere meteorologico. Spesso non riescono a contenere la gioia quando migliaia sono vittime di alluvioni o uragani. Avendo suscitato ribrezzo fra chi abbia il dispiacere di ascoltarli, si ritirano in gruppi ristretti di persone che la pensano allo stesso modo.
  2. Avvoltoi climatici: figure tipiche della leadership dell’attivismo cambioclimatista estremo: dicesi di coloro che nutrono le loro fissazioni sociopolitiche con le summentovate disgrazie, escogitano elucubrazioni sempre più’ complicate “dimostrando” come abbiano avuto ragione fin dall’inizio. Spesso non riescono a contenere la gioia quando migliaia sono vittime di alluvioni o uragani. Politicamente si ritengono efficaci dato il largo seguito fra le elite radical-chic, ma non si accorgono che proprio la loro azione estremamente polarizzante impedisce che dalle parole si passi all’azione.
  3. Allodole climatiche: figure tipiche del giornalismo cambioclimaconformista: dicesi di coloro che ripetono ogni informazione passata loro “dagli scienziati”, senza mostrare alcuno spirito critico e bevendosele praticamente tutte (a patto, naturalmente, che si tratti di notizie compatibili con catastrofi prossime venture). Sono invidiati da tutti perché nel loro mondo ci sono “buoni” e “cattivi”, e nient’altro. Hanno successo nei media perché’ raccontare scenari catastrofici paga (un tanto ad articolo), ma per lo stesso motivo non riescono a convincere i titillati lettori a passare alla pratica.
  4. Cani climatici: figure tipiche della scienza cambioclimatista che gioca alla politica: dicesi di coloro che, dopo aver studiato e faticato per anni per specializzarsi nel loro ramo, improvvisamente quando si parla di clima diventano esperti in politica, prescrivendo questa o quella soluzione e/o inserendo considerazioni inopportune e ingiustificate nei loro articoli scientifici, abstract inclusi. Molto popolari fra gli “scettici” perché fonte inesauribile di umorismo involontario, sono politicamente inefficaci: rimangono inascoltati perché e’ difficile insegnare al ciabattino come riparare le scarpe.
  5. Iene climatiche: figure tipiche del cambioclimatismo internettiano: dicesi di coloro che, pur simili agli sciacalli, si coalizzano in branchi determinati a isolare e virtualmente eliminare chi la pensi diversamente. Fanno di ogni erba un fascio, e di ogni domanda una lesa maestà finanziata dai fratelli Koch. Ottimi interlocutori per consolidare la propria conoscenza dei vituperi più diffusi, non riescono a capire che se devono ritornare sempre sugli stessi argomenti sarà pure perché quelli sono puntualmente poco convincenti.
  6. Camaleonti climatici: figure tipiche degli scienziati/opinionisti con conoscenze di climatologia: dicesi di coloro che riescono a spiegare come la siccità’, l’alluvione, il tempo sereno e la pioggia che capitino in una stessa regione siano tutte prove della gravità dei cambiamenti climatici di origine antropogenica. Molto popolari tra le allodole climatiche, reagiscono in maniera particolarmente violenta le poche volte che capiscono che le solite storielline non convincono altri che i già-convertiti.
  7. Bradipi climatici: figure tipiche degli scienziati/opinionisti senza conoscenze di climatologia: dicesi di coloro che non si accorgono che la scienza va avanti, e che ci sono nuove teorie, nuove osservazioni, nuove analisi, e invece scrivono tutti gli anni, non necessariamente a Ferragosto, la solita solfa fritta e rifritta. Ottimi per riempire trasmissioni radiofoniche e pagine di giornali, non riescono mai ad essere citati a più di 18 ore dalla loro comunicazione al mondo.
  8. Vermi climatici: figure tipiche del blogging cambioclimatista semiprofessionale: dicesi di coloro che, avendo proclamato l’urgenza dell’azione contro il riscaldamento climatico, gigioneggiano invece in assurde analisi psicologiche dei visitatori al loro sito, cercando di spargere il fango di cui evidentemente si nutrono. Sono salvati da ulteriori imbarazzi dal fatto che gli anziani genitori non passano di solito il loro tempo a leggere i blog dei figli. Influenza nel discorso climatico, zero su zero, visto che non hanno letteralmente niente da contribuire.
  9. Sanguisughe climatiche: figure tipiche della ricerca cambioclimatista: dicesi di coloro che, avendo capito l’antifona, riescono ad agganciarsi al treno delle cornucopie, specie se comunitarie, ottenendo misteriosamente contributi di diversi milioni di euro per progetti misteriosamente senza alcun dettaglio pubblico, su internet o altrove. Si considerano particolarmente influenti, anche se devono impegnarsi a fondo per nascondere ai loro potenti amici l’assenza di risultati concreti.
  10. Ricci climatici: figure tipiche del blogging cambioclimatista semiamatoriale: dicesi di coloro che si gingillano con l’onanismo mentale piu’ sfrenato, e di fronte all’esistenza di persone che non li adulano e non li adorano, sognano di avere la capacita’ di chiudersi dentro un magico campo di forza all’interno del quale scorrano latte e miele.
  11. Maiali climatici: figure tipiche del cambioclimatismo nongovernativo: dicesi di coloro che pianificano la raccolta fondi in base al tema della successiva megaconferenza internazionale ONU, nel senso di escogitare nuovi schemi per presentare i loro obiettivi come fondamentali riguardo la megaconferenza medesima. Avendo perso di vista l’obiettivo iniziale (aiutare chi ha bisogno, invece che raccogliere soldi) corrono continuamente il rischio di concentrare le varie organizzazioni sulla loro sopravvivenza come organizzazioni sempre più’ grandi e sempre meno efficaci.