martedì 20 maggio 2014

La crisi delle terre rare: un segno dei tempi in arrivo?

Da2degrees”. Traduzione di MR

La crisi di disponibilità di terre rare sembra essersi allontanata, ma è un'anticipazione dei problemi che avremo?


Le terre rare non si trovano tipicamente in depositi economicamente sfruttabili.

di Ugo Bardi

L'embargo petrolifero del 1972 ci ha lasciati con una forte percezione di quanto siamo vulnerabili alle interruzioni della fornitura di risorse minerali. Queste preoccupazioni avrebbero potuto materializzarsi di nuovo quando nel 2010 la Cina ha annunciato che le sue esportazioni di terre rare sarebbero state ridotte. Visto che la Cina ha quasi il monopolio delle terre rare, i prezzi sono andati rapidamente alle stelle e tutto il mercato è stato in agitazione per alcuni anni, con diverse segnalazion di scarsità per applicazioni cruciali nell'industria elettronica. Ciononostante, la crisi delle terre rare sembra essere stata sopravvalutata, più che altro risultato delle nostre stesse paure. Oggi, la bolla è scoppiata e i prezzi delle terre rare sono crollati. Sono ancora più alti di quanto fossero in precedenza, ma la produzione non è calata e le paure di scarsità sembrano essersi ridimensionate. Quindi, come dovrebbe essere interpretata questa crisi? E' stato solo un fenomeno speculativo o segnala l'arrivo di problemi reali?

“Dopo la grande crisi petrolifera degli anni 70, il mondo non ha più conosciuto grandi crisi di risorse attribuite a fattori politici”.

Di certo la crisi delle terre rare ha colto di sorpresa molti di noi. Dopo la grande crisi petrolifera degli anni 70, il mondo non aveva più conosciuto grandi crisi di risorse attribuite a fattori politici. Questa calma è stata, molto probabilmente, il risultato del trionfo del fenomeno che chiamiamo “globalizzazione”. Col mondo che diventa un unico, enorme mercato per ogni tipo di bene, se un paese rifiuta di vendere una risorsa, i compratori possono semplicemente ottenerla altrove. La competizione spinge anche i venditori a tagliare i prezzi il più possibile e questo spesso significa trascurare il costo dell'inquinamento generato dall'estrazione.

Ma c'è un problema in questo mercato globale: è basato su un paradigma di abbondanza. Funziona finché le risorse sono sufficientemente abbondanti da permettere ai compratori di scegliere i venditori. Quando i venditori sono di meno o, peggio ancora, qualcuno ha il monopolio di una risorsa, allora le cose cambiano. I prezzi aumentano, i costi dell'inquinamento non vengono più trascurati e coloro che hanno il controllo della preziosa e rara risorsa sono tentati di usarla come arma economica, politica o persino militare. Questi fattori potrebbero essere stati alla base della crisi delle terre rare. I cinesi potrebbero aver ragionato sul fatto che le loro risorse erano preziose e limitate quindi che valesse la pena di conservarle. Un altro fattore che potrebbe averli portati a questa decisione è l'orrendo costo del danno causato dall'estrazione delle terre rare, spesso estratte con operazioni su piccola scala, pericolose ed inquinanti. Infatti, anche al di là del caso delle terre rare, il paradigma dell'abbondanza delle risorse minerali sembra che stia per uscire di scena.

Una serie di fattori stanno causando un aumento dei costi di estrazione; compresi più alti costi energetici, degrado dei minerali di alta densità e inquinamento in aumento. Questi maggiori costi generano ritorni economici decrescenti dell'estrazione e, di conseguenza, prezzi più alti per tutti i beni minerali. Allo stesso tempo, l'inquinamento collegato all'estrazione sta aumentando, per esempio in termini di emissioni di CO2 generati bruciando carbonio fossile. Vista sotto questa luce, la crisi delle terre rare di qualche anno fa, anche se non è più preoccupante in sé stessa, potrebbe essere stato un primo sintomo di quello che avverrà. Solo pochi anni dopo, stiamo assistendo ad una crisi molto più pesante per la globalizzazione con il conflitto in Ucraina che sembra segnalarci un ritorno ad un mondo a due blocchi (o, forse, più di due). Un fattore importante che ha creato questa crisi potrebbe essere stata la percezione che l'Ucraina potrebbe avere grandi risorse di gas di scisto nella valle di Lublin, nelle provincie occidentali. In una percezione di abbondanza, non avrebbe senso giungere a grandi crisi geopolitiche per queste risorse (o per qualsiasi singola risorsa). Ma in una percezione di scarsità è vero il contrario. Questi due effetti, infatti, sono due facce della stessa medaglia, una conseguenza del graduale esaurimento dei depositi di alta densità. Ciò che abbiamo visto con le terre rare è solo un sintomo di un nuovo mondo che sta arrivando.


Elaborato sulla base di dati da:  "Extracted, come la ricerca di ricchezza minerale sta saccheggiando il pianeta" di Ugo Bardi. Sarà pubblicato il 12 giugno da Chelsea Green e sarà disponibile attraverso tutti i canali principali e i rivenditori online. E' stato presentato nel 2013 come rapporto al Club di Roma, un think-tank internazionale, la cui missione è di intraprendere l'analisi e far crescere il dibattito su come ottenere un pianeta più resiliente e sostenibile. Per leggere altro, comprate il libro di Ugo Extracted: come la ricerca di ricchezza minerale sta saccheggiando il pianeta

domenica 18 maggio 2014

La fusione dei ghiacci antartici è ormai irreversibile

Da “Mother Jones”. Traduzione di MR (h/t Claudio Della Volpe)

Secondo due nuovi studi, il collasso di gran parte della calotta glaciale dell'Antartide occidentale ora potrebbe essere irreversibile. Questo potrebbe significare un aumento del livello del mare di 3 metri.

Di Chris Mooney


Questo ghiacciaio antartico potrebbe essere storia, dice una nuova ricerca. Contiene quasi 60 centimetri di aumento di livello del mare ed è solo l'inizio. NASA

Se capisci realmente il riscaldamento globale, sai che si tratta soltanto di ghiaccio. E' questo ciò che conta. Il Pianeta Terra non ha sempre avuto grandi calotte glaciali ai poli, non del tipo di quelle che attualmente ricoprono la Groenlandia e l'Antartide. In altri periodo, gran parte dell'acqua era invece in forma liquida, negli oceani – e gli oceani erano molto più alti. Quanto più alti? Secondo l'Accademia Nazionale delle Scienze le grandi calotte glaciali del globo contengono acqua ghiacciata sufficiente ad aumentare i livelli del mere in tutto il mondo di più di 60 metri. Sono circa 200 piedi. E questo fa apparire l'aumento del livello del mare che abbiamo visto finora, dovuto al riscaldamento globale, trascurabile ed insignificante. E' per questo che gli scienziati hanno temuto a lungo che un giorno come questo sarebbe arrivato. Due nuovi saggi scientifici, nelle riviste Science e Geophysical Research Letters, riportano che i grandi ghiacciai della Calotta Glaciale dell'Antartide Occidentale sembrano essere diventati irrimediabilmente destabilizzati. Tutto il processo potrebbe ancora svilupparsi nell'arco di secoli, ma a causa delle particolari dinamiche di questa calotta glaciale, il collasso di questi grandi ghiacciai ora “sembra inarrestabile”, secondo la NASA (dietro uno dei due studi ci sono dei loro ricercatori).

Visualizzazione dei cambiamenti di temperatura
 in Antartide. NASA Earth Observatory  
Il primo studio, di ricercatori della NASA e dell'Università della California – Irvine, usa il radar satellitare per esaminare una schiera di grandi ghiacciai lungo il Mare di Amundsen nell'Antartide Occidentale, che collettivamente contengono l'equivalente di 1,2 metri di aumento del livello del mare. Il risultato è la documentazione di un “ritiro rapido e continuo” - per esempio, i ghiacciai Smith e Kohler si sono ritirati di 35km dal 1992 – e i ricercatori dicono che “non ci sono [grandi] ostacoli che impediscano che i ghiacciai si ritirino ulteriormente”. Nel comunicato stampa della NASA, i ricercatori sono ancora più loquaci ed uno di loro osserva che questi ghiacciai “hanno superato il punto di non ritorno”.

L'altro gruppo di ricercatori, di stanza all'Università di Washington, giungono a conclusioni simili col loro saggio su Science. Ma lo fanno usando un modello computerizzato di uno di questi ghiacciai in particolare: il Ghiacciaio Thwaites, raffigurato sopra, che contiene circa 60 cm di aumento del livello del mare e che si sta ritirando rapidamente. “La simulazione indica che sono iniziate le prime fasi di un collasso”, osserva il loro saggio. Di più c'è che il ghiacciaio Thwaites è un “fulcro” del resto della Calotta Glaciale dell'Antartide Occidentale; il suo rapido collasso “probabilmente si riverserebbe nei bacini adiacenti, minando gran parte dell'Antartide Occidentale”. E considerando che l'intera Calotta Glaciale dell'Antartide Occidentale contiene acqua sufficiente per aumentare il livello del mare da 3 a 4 metri, questa è una cosa molto grossa.

E' ancora una volta importante enfatizzare che solo perché questi ghiacciai possono aver superato il “punto di non ritorno” non significa che il drammatico aumento del livello del mare avvenga domani. C'è un limite alla velocità cui un ghiacciaio e una calotta glaciale possono spostarsi e il saggio di Science enfatizza il fatto che l'intero processo potrebbe impiegare diverse centinaia di anni e probabilmente anche un millennio.

Nel grande schema delle cose, però, la conseguenza sarebbe un pianeta molto diverso. E l'Antartide Occidentale è solo l'inizio. Secondo il glaciologo ed esperto della Groenlandia Jason Box, se si confronta dove ci troviamo ora a dove si trovavano i livelli di biossido di carbonio atmosferico nei passati periodo di riscaldamento della storia della Terra, se ne può dedurre che gli esseri umani hanno già messo in moto 21 metri di aumento del livello del mare.

https://www.youtube.com/watch?v=CInlWHIYqlY









sabato 17 maggio 2014

Riscaldamento globale: solo una gigantesca fluttuazione naturale?

DaMcGill”. Traduzione di MR  

L'analisi statistica esclude l'ipotesi del riscaldamento naturale con più del 99% di sicurezza


Un'analisi dei dati sulla temperatura dal 1500 esclude la possibilità che il riscaldamento globale nell'era industriale sia solo una fluttuazione naturale edl clima terrestre, secondo un nuovo studio del fisico dell'Università McGill, professor Shaun Lovejoy. Lo studio, pubblicato online il 6 aprile nella rivista Climate Dynamics rappresenta un approccio nuovo alla domanda se il riscaldamento globale dell'era industriale si stato causato o no dalle emissioni umane provenienti dalla combustione di combustibili fossili. Piuttosto che usare complessi modelli computerizzati per stimare gli effetti dell'emissione di gas serra, Lovejoy esamina i dati storici per valutare l'ipotesi contraria: che il riscaldamento durante l'ultimo secolo sia dovuto a variazioni naturali a lungo termine della teperatura. “Questo studio sarà una mazzata a qualsiasi negazionista climatico sia ancora esistente”, dice Lovejoy. “I loro due argomenti più convincenti – che il riscaldamento è in origine naturale e che i modelli computerizzati sono sbagliati – sono entrambi contraddetti direttamente da questa analisi, o semplicemente non le si applicano”.

Lo studio di Lovejoy applica la metodologia statistica per determinare la probabilità che il riscaldamento globale dal 1880 sia dovuto alla variabilità naturale. La sua conclusione: l'ipotesi del riscaldamento naturale potrebbe essere esclusa “con livelli di certezza maggiori del 99% e molto probabilmente maggiori del 99,9%”. Per valutare la variabilità naturale prima prima della maggior parte dell'interferenza umana, il nuovo studio usa “ricostruzioni climatiche multi-proxy” sviluppate dagli scienziati negli ultimi anni per stimare le temperature storiche, così come le tecniche di analisi della fluttuazione provenienti dalla geofisica non lineare. Le ricostruzioni climatiche tengono conto di una varietà di indicatori trovati in natura, come gli anelli degli alberi, le carote di ghiaccio e i sedimenti lacustri. E le tecniche di analisi della fluttuazione rende possibile capire le variazioni di temperatura su una grande gamma di scale temporali. Per l'era industriale, l'analisi di Lovejoy usa il biossido di carbonio proveniente dalla combustione di combustibili fossili come proxy per tutte le influenze generate dall'uomo – una semplificazione giustificata dalla relazione stretta fra l'attività economica globale e l'emissione di gas serra e inquinamento da particolato, dice Lovejoy. “Ciò permette al nuovo approccio di includere implicitamente gli effetti raffreddanti dell'inquinamento da particolati che sono ancora male quantificati nei modelli computerizzati”, aggiunge.

Mentre il suo nuovo studio non fa uso di enormi modelli computerizzati comunemente usati dagli scienziati per stimare la grandezza del cambiamento climatico futuro, le scoperte di Lovejoy di fatto sono complementari a quelle del IPCC, dice. Il suo studio prevede, col 95% di sicurezza, che un raddoppio dei livelli di biossido di carbonio nell'atmosfera causerebbero un riscaldamento del clima fra i 2,5 e i 4,2°C. Questa forbice è più precisa – ma è in linea con – la previsione del IPCC secondo cui le temperature aumenterebbero da 1,5 a 4,5°C se le concentrazioni di CO2 raddoppiassero. “Abbiamo avuto una fluttuazione della temperatura media semplicemente enorme dal 1880 – nell'ordine di circa 0,9°C”, dice Lovejoy. “Questo studio mostra che le possibilità che questo sia causato da fluttuazioni naturali sono meno di una su cento ed è probabile che siano meno di una su mille”. “Mentre il rifiuto statistico di un'ipotesi generalmente non può essere usato per concludere la verità di qualsiasi alternativa specifica, in molti casi – compreso questo – il rifiuto di una aumenta grandemente la credibilità dell'altra”.

“Scaling fluctuation analysis and statistical hypothesis testing of anthropogenic warming”, S. Lovejoy, Climate Change, pubblicato online il 6 aprile 2014.

http://link.springer.com/search?query=10.1007%2Fs00382-014-2128-2

http://www.physics.mcgill.ca/~gang/eprints/eprintLovejoy/neweprint/Anthro.climate.dynamics.13.3.14.pdf


giovedì 15 maggio 2014

Come distruggere una civiltà

DaResource crisis”. Traduzione di MR


di Ugo Bardi

Questo è il terzo post di commenti sul “saggio finanziato dalla NASA” (un termine che è diventato virale) sul collasso sociale di Motessharry, Rivas e Kalnay (MRK). Nel mio primo post sul tema, ho discusso alcune caratteristiche qualitative del modello. Nel secondo post, ho commentato sul dibattito. Qui approfondirò la struttura del modello e penso di poter mostrare che i risultati del modello MRK sono molto generali, in quanto possono essere riprodotti con un modello semplice. Alla fine dei conti, è  possibile distruggere una civiltà spendendo troppo in infrastrutture non produttive – come i Moai nell'Isola di Pasqua (immagine sopra da Wikimedia, licenza creative commons)

I modelli matematici possono essere molto divertenti, ma se li si usano per proiettare il futuro della nostra civiltà i risultati potrebbero essere un pochino spiacevoli, per non dire peggio. E' stato questo il destino del primo modello quantitativo che ha esaminato il futuro del sistema mondiale, il famoso studio “I Limiti dello Sviluppo”, sponsorizzato dal Club di Roma nel 1972. Questo studio ha mostrato che se l'economia mondiale fosse stata portata avanti come al solito, il solo risultato possibile sarebbe stato il collasso.

Questo genere di risultati spiacevoli sono una caratteristica di gran parte dei modelli che tentano di prevedere il destino a lungo termine della nostra civiltà. Non che la cosa debba sorprendere, considerata la velocità alla quale stiamo buttando via le nostre risorse naturali. Ciononostante, ogni qualvolta vengono discussi, questi generano molte critiche ed opposizione. E' il risultato, principalmente, di reazioni emotive: non c'è niente da fare: è il modo in cui funziona la mente umana.

Ma proviamo a mettere da parte le emozioni ed esaminiamo uno studio recente di Motessharry, Rivas e Kalnay (MRK) sul destino della società umana che è diventato famoso come “lo studio finanziato dalla NASA”, dopo un commento di Nafeez Ahmed. Il modello ha attratto molte critiche (al solito) ma vale la pena darci un'occhiata con un po' di attenzione perché evidenzia alcune caratteristiche del nostro mondo che dovremmo cercare di capire se pensiamo ancora di poter evitare il collasso (o perlomeno mitigarlo).

Il modello MRK ha questa caratteristica specifica: divide la specie umana in due categorie, la “gente comune” e le “élite”, assumendo che la prima categoria produca ricchezza mentre la seconda no. In alcune assunzioni, risulta che le élite possano completamente drenare tutte le risorse disponibili e portare la società ad un irreversibile collasso, anche se le risorse sono rinnovabili e possano ricostituire la riserva iniziale.

Penso che questo sia un punto fondamentale che descrive eventi che sono accaduti in passato. Come ho osservato in un post precedente, il modello potrebbe descrivere il modo in cui l'Impero Romano ha distrutto sé stesso attraverso spese militari eccessive (forse noi stiamo facendo la stessa cosa). Oppure potrebbe descrivere il collasso della società dell'Isola di Pasqua, con moltissimo capitale naturale sperperato nella costruzione di inutili statue di pietra mettendo a dura prova le risorse disponibili (la storia potrebbe essere più complessa di così, ma i suoi elementi principali rimangono gli stessi).

Così, sembra che le élite (meglio definite come “élite non produttive") potrebbero giocare un ruolo fondamentale nel collasso delle società. Ma come può essere modellata questa cosa esattamente? Il modello MRK lo fa usando un approccio che, come ho osservato in precedenza, è tipico della dinamica dei sistemi, anche se loro non usano quel termine nel loro saggio. Non solo, si tratta chiaramente un modello sullo stile di quei modelli “a portata di mente” che ho proposto in un mio saggio. L'idea dei modelli a portata di mente è di evitare il flagello di gran parte dei modellidi tutti i tipi – quello della “sovraparametrizzazione strisciante”. Siccome, come modellista, vieni spesso accusato che il tuo modello è troppo semplice, allora tendi ad aggiungere parametri su parametri. Il risultato non è necessariamente più realistico, ma certamente si aggiunge sempre più incertezza al modello. Da qui la necessità di modelli “a portata di mente” (un termine che attribuisco a  Seymour Papert).

Lasciate quindi che provi a rielaborare il modello MRK, semplificandolo un po' e rendendolo più snello. Al posto di parlare di “élite” e “gente comune”, parliamo di due diversi tipi di capitale. Un tipo che chiamiamo “produttivo” e l'altro “non produttivo”. Il capitale è il risultato dello sfruttamento delle risorse naturali. “il capitale “produttivo” è il tipo che porta ad ulteriore sfruttamento e crescita dell'economia, l'altro tipo è capitale che viene semplicemente buttato.

Vi spiego cosa intendo con l'esempio dell'economia dell'Isola di Pasqua: il capitale produttivo è la struttura agricola, mentre il capitale non produttivo è la struttura per costruire i Moai. L'agricoltura sostiene le persone che coltivano la terra. La costruzione dei Moai non fa niente del genere – è un puro spreco di risorse e lavoro umano. Ai nostri tempi, possiamo dire che il capitale produttivo è qualsiasi cosa sfrutti le risorse disponibili, dalle raffinerie ai pescherecci. Il capitale non produttivo è tutto il resto, dagli yacht privati ai carri armati.

Quindi, possiamo costruire un modello che includa questi elementi? Certo che possiamo. Ecco una versione del modello sullo stile dei modelli “a portata di mente”.(fatto usando il software "Vensim")
Il modello una versione snellita del modello MRK, dove ho aggiunto una riserva di “inquinamento” (che non c'era nel modello MRK) e dove ho semplificato la struttura produttiva a cascata. Servirebbe un po' di tempo per spiegare il modello in dettaglio e non c'è abbastanza spazio qui. Se volete approfondire questo tema, potere leggere il mio saggio su “Sustainability” o questo mio post col titolo piuttosto ambizioso di “Picco del petrolio, entropia e filosofia stoica”. Ma, per favore, tenete conto che il modello, anche se molto semplificato, ha una logica. Ciò che fa è descrivere il degrado del potenziale termodinamico delle risorse iniziali (il primo riquadro in alto a sinistra) in una serie di riserve di capitale che, alla fine, vengono dissipate sotto forma di inquinamento. Le “K” sono costanti che determinano quanto rapidamente il capitale fluisce da una riserva all'altra. Le frecce indicano le retroazioni: qui ipotizziamo, per esempio, che la produzione di capitale industriale sia proporzionale alla dimensione sia della riserva di risorse sia della riserva di capitale.

Ora, andiamo ai risultati ottenuti con alcuni valori dei parametri. Prendiamo r1=0,25, k1=0,03, k2=0,075, k3=0,075, k4=0,05. I valori iniziali delle riserve sono, dall'alto in basso, 5, 0,1, 0,1, 0,01 – potreste pensare alla riserva come se fosse misurata in unità di energia e le costanti in unità di energia/tempo. Con questi presupposti, il modello produce lo stesso fenomeno osservato dal modello MRK. Cioè, si osserva il collasso irreversibile del sistema, anche se le risorse naturali si ricostituiscono, tornando abbondanti come all'inizio del ciclo.


Vedete? Il capitale produttivo e non produttivo (che MRK chiamano della “gente comune” e delle “élite”) vanno entrambi a zero e scompaiono. Ma osservate come le risorse naturali si ricostituiscono e tornano al loro valore precedente (in realtà più alto che all'inizio!). Questa civiltà ha distrutto tutto il proprio capitale e non ricomincerà ad accumularne ancora per moltissimo tempo. Osservate anche come questi risultati dipendano dall'ipotesi che il capitale non produttivo non possa essere trasformato in capitale produttivo. Forse si tratta di una semplificazione drastica, ma è anche vero che trasformare spade in aratri è una bella metafora, ma non una cosa che si possa fare facilmente. 

A questo punto, lasciate che dica che questo post è solo una bozza. Posso dirvi che mi ci sono voluti circa 15 minuti per scrivere il modello, qualche ora per provarlo e circa un'ora per scrivere questo post. Quindi, queste considerazioni non hanno la pretesa di essere alcunché di definitivo: il modello deve essere studiato molto più in dettaglio. Quando ho tempo (cioè, non appena mi riesce di riparare la mia macchina della clonazione), mi piacerebbe scrivere un articolo completo su questo tema (qualcuno fra i lettori mi darebbe una mano? Magari qualcuno che ha una macchina della clonazione migliore della mia?). 

Ciononostante, anche se questi risultati sono solo preliminari, penso che il fatto che i risultati di MRK siano così facilmente riproducibili indichi che ci sia qualcosa di concreto nel loro lavor. Ci stiamo distruggendo perché stiamo sprecando il nostro capitale naturale in imprese inutili, dai carri armati ai SUV? (ed anche molta burocrazia  un sistema finanziario sovradimensionato). Stiamo distruggendo la nostra civiltà costruendo queste strutture inutili proprio come gli abitanti dell'Isola di Pasqua hanno distrutto sé stessi per costruire i Moai? E' una cosa alla quale dovremmo pensare. 

(Come considerazione finale, penso che questo modello abbia molto a che fare con l'idea di Tainter dei “ritorni decrescenti della complessità”, se intendiamo che “complessità” significhi che molte risorse vengano usate per costruire cose che non producono niente. Ho già cercato di modellare l'idea di Tainter con un modello a portata di mente in un mio post precedente e mi dispiace vedere che a Tainter non è piaciuto particolarmente il modello MRK. Ma penso che sia principalmente una questione di linguaggio utilizzato. Se lavoriamo sulla comunicazione, penso che sia possibile trovare molti punti di contatto nei diversi approcci dei modellatori e degli storici). 

martedì 13 maggio 2014

L'invasione degli zombie delle risorse

DaResource crisis”. Traduzione di MR


(immagine da WikiHow  - licenza Creative Commons)

Probabilmente avrete sentito dire che le “nuove idee nascono come eresie e muoiono come superstizioni”. Ma può essere anche peggio: ci sono idee che si rifiutano semplicemente di morire e, come zombie, continuano per sempre a perseguitare il panorama mentale umano. Una di queste idee è che il problema delle risorse minerali consiste nel “finire” qualcosa. Una manifestazione tipica di questa idea-zombie è un recente articolo di Matt Ridley apparso sul Wall Street Journal dal titolo “Le risorse del pianeta non stanno finendo”.

Difficilmente mi posso immaginare un articolo più inutile di questo: contiene tutte le banalità tipiche di questo campo, compreso la ormai quasi obbligatoria calunnia al Club di Roma sulla base dell'idea che lo studio su “I limiti dello Sviluppo” del 1972 aveva previsto che a questo momento avremmo dovuto finire le risorse minerali (e, naturalmente, non è così). Pura leggenda; quello studio non ha mai detto niente del genere. E' solo un'altra idea-zombie che perseguita il panorama mentale umano.

Ma, a parte le banalità e le leggende, l'articolo di Matt Ridley è sbagliato perché è basato sul classico "specchietto per le allodole":  quello che dice che non ci dobbiamo preoccupare di “finire” le risorse minerali. Non è così. Lasciatemelo dire enfaticamente, con certezza e inequivocabilmente: NON finiremo un bel niente. Non è questo il problema; il vero problema con le risorse sono i ritorni economici decrescenti. Significa che abbiamo estratto le risorse “facili” (leggi poco costose) e che ora siamo costretti ad estrarre da risorse più “difficili” (leggi più costose). Lasciate che vi mostri cosa sta accadendo con un esempio: il caso dell'estrazione dell'argento.



Questa immagine, dal blog “SRSrocco Report”, dice tutto. In meno di 10 anni, il rendimento dell'estrazione dell'argento è diminuito di quasi la metà di quello che era all'inizio. Cioè, oggi dobbiamo trattare quasi il doppio della roccia rispetto a 10 anni fa per estrarre la stessa quantità di argento. Non stiamo finendo l'argento: la produzione è rimasta più o meno costante nell'ultimo decennio, ma estrarlo costa di più. Questo non è che un esempio, come espongo nel mio recente libro “Extracted”, tutte le risorse minerali stanno mostrando lo stesso problema: rendimenti di estrazione decrescenti.

Ora, ci si può eccitare per le nuove tecnologie quanto si vuole (come fa Matt Ridley nel suo articolo), ma qui c'è un problema reale. Per estrarre minerali, bisogna trivellare, sollevare e macinare roccia e per questo serve energia e risorse (leggi soldi). La tecnologia può fare molte cose, per esempio bellissimi smartphone, ma non si può macinare la pietra con gli smartphone. La tecnologia, proprio come quasi tutto il resto, soffre del problema dei ritorni decrescenti (discuto questo punto in dettaglio in un mio articolo recente).

Quindi c'è una ragione per l'aumento dei prezzi di tutti i beni minerali – sono i ritorni economici decrescenti. Sfortunatamente, tuttavia, alcune menti tendono ad essere infettate dal virus dello zombie delle risorse che ci racconta che non c'è nulla di cui preoccuparci. Ma c'è molto di cui preoccuparsi: se qualcosa costa di più, potresti non essere in grado di permettertela. In un caso del genere, potresti anche dire che non c'è (o persino che l'hai “finita”).

Quindi, non è una buona idea rilassarsi e sperare che i miracoli della tecnologia ci libereranno dall'esaurimento delle risorse: nessun problema può mai essere risolto se ci si rifiuta di ammettere che esiste. A quel punto si possono trovare soluzioni sotto forma di maggiore efficienza, sostituzione, riciclaggio e altro. Si può fare, ma ci servono soldi, pianificazione e sacrifici. Più di tutto, dobbiamo sparare alla testa dello zombie delle risorse e riconoscere il problema per poter agire.


lunedì 12 maggio 2014

Ultima chiamata a Urbania

Ciao a tutt*,
breve comunicazione di servizio: se vi troverete nella zona di Urbania (Pesaro - Urbino) il 21 maggio prossimo, potrebbe interessarvi la proiezione del film documentario di Enrico Cerasuolo "Ultima Chiamata".

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Il messaggio del rapporto su “I Limiti dello Sviluppo” è oggi più importante che mai: la Terra è un sistema finito e la crescita economica infinita rischia di portare società e ambiente al collasso.

Oltre 40 anni dopo la pubblicazione del libro, che prevedeva già nel 1972 gli scenari di crisi che stiamo vivendo, la tendenza a prendere decisioni a breve termine condiziona e ritarda ancora la nostra capacità di agire.

Oggi gli autori de “I Limiti dello Sviluppo” ci forniscono uno sguardo diverso sulle ragioni dell'attuale crisi globale, condividendo con noi la loro visione del futuro. C'è ancora tempo per un'ultima chiamata?

Grazie a materiali di repertorio, in parte inediti, e alle voci di oggi dei protagonisti coinvolti nella discussione del libro, con questo documentario il regista Enrico Cerasuolo ci conduce in un racconto coinvolgente, che sottolinea l'urgenza di prendere decisioni che possano salvaguardare il nostro futuro.

Il finale di questa storia non è ancora stato scritto. Scriviamolo insieme.






sabato 10 maggio 2014

Riscaldamento globale e religione: una speranza di cambiamento?

Katherine Hayhoe è una protagonista di rilievo nel dibattito attuale. Scienziata, credente, e madre di un figlio, ha avuto il coraggio di dire come la pensa sul controverso argomento del clima e si è avuta tutti gli insulti e le minacce del caso. Ma continua a farlo e lo fa con argomenti molto forti e convincenti e, soprattutto, basati sulla religione. Se il mondo è una creazione divina che ci è stata data perché la conservassimo e la curassimo, allora non ci è lecito distruggerla e rovinarla in nome della massimizzazione dei profitti economici. Sono persone come Katherine Hayhoe che possono cambiare le cose in modo radicale. (U.B.)






DaMother Jones”. Traduzione di MR (h/t Dante Lucco)

Milioni di americani sono Cristiani evangelisti. La scienziata del clima Katharine Hayhoe li sta convincendo che il nostro pianeta è in pericolo.

Di Chris Mooney


Katharine Hayhoe. Anni vissuti pericolosamente/Showtime/YouTube 

La scienziata del clima Katharine Hayhoe, una Cristiana evangelica è stata in una posizione abbastanza forte ultimamente. Poche settimane fa è stata presente nella prima puntata della serie Anni vissuti pericolosamente (The Years of Living Dangerously), incontrandosi con l'attore Don Cheadle nella sua casa nello stato del Texas, per spiegargli perché fede e un pianeta che si scalda non sono in conflitto (potete guardare gratuitamente l'episodio su YouTube; la Hayhoe è consigliere scientifico della trasmissione). Poi, la rivista Time l'ha nominata una delle 100 persone più influenti del 2014. Cheadle ha scritto l'entrata. “C'è qualcosa di affascinante circa una persona intelligente che sconfigge gli stereotipi”, ha osservato Cheadle.

Perché la Hayhoe è sotto i riflettori? Detto semplicmente, milioni di americani sono Cristiani evangelici e la loro fiducia nella scienza è ben al di sotto della media nazionale. E se qualcuno ha una possibilità di raggiungere questa vasta ed importante audience, queste è proprio la Hayhoe. “Mi sento come la comunità conservatrice, la comunità evangelica e molte altre comunità Cristiane, sento che ci hanno mentito, “spiega la Hayhoe nell'ultima puntata del podcast Inquiring Minds. “Ci hanno dato delle informazioni sul cambiamento climatico che non sono vere. Ci è stato detto che è incompatibile coi nostri valori, mentre di fatto è completamente compatibile coi valori conservatori e Cristiani”.

L'approccio della Hayhoe alla scienza – ed alla religione – è stato fortemente influenzato da suo padre, un ex educatore scientifico di Toronto ed anche, allo stesso tempo, un missionario. “Per lui non c'è mai stato un conflitto fra l'idea che ci sia un Dio e l'idea che la scienza spieghi il mondo che vediamo intorno a noi”, dice la Hayhoe. Quando aveva 9 anni, la sua famiglia si è trasferita in Colombia, dove i suoi genitori hanno lavorato come missionari ed educatori, e dove la Hayhoe ha visto cosa sia davvero la vulnerabilità ambientale. “Alcuni dei mie amici vivevano in case fatte di scatoloni o di onduline di metallo”, dice. “E ti rendi conto conto che non ti serve così tanto per essere felice, ma allo stesso tempo, meno hai più sei vulnerabile all'ambiente intorno a te”.

La sua ricerca oggi, sugli impatti del cambiamento climatico, sfocia da queste prime esperienze. E, naturalmente, è ispirata dalla sua fede che, per la Hayhoe, ha una forte enfasi sulla cura dei più deboli e i più vulnerabili fra di noi. “Questo ci dà ancora più motivi per occuparci del cambiamento climatico”, dice la Hayhoe, “perché colpisce le persone e colpisce in modo sproporzionato i poveri, le persone vulnerabili e coloro che non possono avere cura di sé stessi”.

Resta il fatto, comunque, che la maggior parte dei Cristiani evangelici negli Stati Uniti non la pensano come la Hayhoe. Dati recenti del Pogetto Yale sulla Comunicazione del Cambiamento Climatico suggeriscono che, mentre il 64% degli americani pensano che il riscaldamento globale sia reale e causato dagli esseri umani, solo il 44% degli evangelici la pensano allo stesso modo. Gli evangelici in generale, spiega la Hayhoe, tendono ad essere più conservatori politicamente e possono essere piuttosto diffidenti nei confronti degli scienziati (pensando, a torto, che siano una banda di atei). Inoltre, alcuni evangelici credono davvero in tutta questa storia secondo la quale “il mondo sta finendo” - una prospettiva che non ispira un gran rispetto per l'ambiente. Quindi, come fa la Hayhoe a raggiungerli?

Dalla nostra intervista, eccovi cinque delle argomentazioni principali della Hayhoe, per i cristiani evangelici, sul cambiamento climatico:

1. La conservazione è conservatrice. La comunità evangelica non è solo una comunità religiosa, è anche una comunità politicamente conservatrice in media. Quindi la Hayhoe parla direttamente a quel sistema di valori. “Cosa c'è di più conservatore di conservare le nostre risorse naturali, assicurarsi di averne abbastanza per il futuro e di non sprecarle come facciamo oggi?”, chiede. “Questo è un valore molto conservatore”.

Infatti, molti conservatori non accettano il cambiamento climatico perché a loro non piacciono le “grandi soluzioni governative” che sospettano il problema comporti. Ma la Hayhoe ha una risposta pronta anche per questo: le soluzioni amiche della conservazione e guidate dal mercato ai problemi climatici sono in realtà tutte intorno a noi. “Un paio di settimane fa, il Texas ha battuto il record della maggior quantità di energia eolica mai prodotta. Il 38% della nostra energia quella settimana è venuta dal vento”, dice. E la Hayhoe pensa che questo sia solo l'inizio: “Se si guarda la mappa di dove si trova il maggior potenziale per l'energia eolica, questa si trova proprio sopra gli stati rossi. E penso che questo farà una grande differenza in futuro”.

2. Sì, Dio lo lascerebbe accadere. Una obiezione dei Cristiani conservatori è che Dio non lascerebbe che le attività umane rovinino la creazione. O, come lo ha espresso il Senatore James Inhofe dell'Oklahoma, “Dio è ancora lassù e l'arroganza delle persone che pensa che noi, esseri umani, saremmo in grado di cambiare quello che fa lui col clima è, per me, scandaloso”. Potete vedere Inhofe ed altri politici religiosi di destra che respingono il cambiamento climatico su basi bibliche in questo video:


La Hayhoe pensa che la risposta all'obiezione di Inhofe sia semplice: da un punto di vista Cristiano, abbiamo il libero arbitrio di prendere le decisioni e dobbiamo viverne le conseguenze. Ciò è, dopo tutto, una soluzione Cristiana classica al problema teologico del male. “Succedono le cose cattive? Sì, sempre”, dice la Hayhoe. “Qualcuno si ubriaca, si mette al volante di un'auto ed uccide un passante innocente, probabilmente un bambino o una madre”.

Il cambiamento climatico è, secondo la Hayhoe, solo un'altro errore, un altro problema, dovuto al cattivo uso del proprio arbitrio da parte degli esseri umani che non è pienamente consigliabile. “Il cambiamento climatico è proprio questo”, dice. “E' una conseguenza delle decisioni che abbiamo preso”.

3. La Bibbia non approva il fatto di lasciare che il mondo bruci. La Hayhoe è d'accordo con la percezione comune liberale secondo la quale la comunità evangelica sia composta in percentuale significativa da persone che credono nell'apocalisse e nella fine dei tempi – e che questa credenza, letteralmente che il giudizio ci sovrasti, mini la loro preoccupazione di preservare il pianeta. Ma crede che ci sia qualcosa di profondamente sbagliato in questa prospettiva e di fatto che la Bibbia stessa la rifiuti.

“Il messaggio secondo cui non ci interessa di nessuno, si fottano tutti, e lasciamo che il mondo bruci, quel messaggio non è coerente col messaggio della Bibbia”, dice la Hayhoe. In particolare lei pensa che l'apostolo Paolo abbia una risposta molto bella ai chi crede nella fine dei tempi nella sua seconda lettera ai Tessalonicesi. La Hayhoe butta giù il messaggio di Paolo in questo modo: “Ho sentito che state abbandonando i vostri lavori, che vene andate bighellonando senza fare nulla, perché pensate che Cristo stia tornando e che il mondo stia per finire”. Ma Paolo li rimprovera. Nella parole della Hayhoe: Trovate un lavoro, sostenete voi stessi e le vostre famiglie, abbiate cura degli altri – ancora una volta, i poveri e i vulnerabili che non possono prendersi cura di sé stessi – e fate ciò che potete, essenzialmente, per rendere il mondo un posto migliore, perché nessuno sa quando questo accadrà”.


Una ragione per cui alcuni evangelici rifiutano le preoccupazioni per il clima è la visione del mondo apocalittica. Igor Zh./Shutterstock 

4. Anche se credi in una Terra giovane, si sta comunque scaldando. Uno dei motivi per cui c'è una tale tensione fra la comunità evangelica e la scienza è, be', la scienza stessa. Molti evangelici sono creazionisti che credono in una terra giovane, una Terra che ha circa 6.000 anni. La Hayhoe non è una di quelli. Ha studiato astrofisica e quasar che sono molto antichi e, osserva, credere che la Terra e l'Universo siano giovani crea una comprensione piuttosto problematica di Dio: “O devi credere che Dio abbia creato tutto come se fosse vecchio di miliardi di anni o devi credere che abbia miliardi di anni”. Nel primo caso, in effetti, Dio sembra che cerchi di imbrogliarci.

Ma quando si tratta di parlare ad un pubblico evangelico del cambiamento climatico, la Hayhoe non enfatizza l'età della terra, semplicemente perché, dice, non ce n'è bisogno. “Quando parlo a pubblici Cristiani, mostro solo i dati delle carote di ghiaccio ed altri dati proxy antichi di 6.000 anni”, dice la Hayhoe, “perché credo che si possa esprimere un punto ancora più forte, a causa del modo massiccio in cui gli esseri umani hanno interferito col sistema naturale, guardando solo un periodo di tempo più breve”.


6.000 anni di dati delle temperature e proiezione del riscaldamento in arrivo. Jos Hagelaars /La mia visione del cambiamento climatico

"Per quanto riguarda l'affrontare il problema climatico”, dice la Hayhoe, “non abbiamo tempo perché tutti la pensino allo stesso modo riguardo all'età dell'Universo”.

5. "Avere cura del nostro ambiente significa avere cura delle persone”. Alla fine, la Hayhoe pensa che  sia cruciale enfatizzare agli evangelici che salvare il pianeta significhi salvare le persone.. non solo salvare gli animali. “Penso ci sia questa percezione”, dice la Hayhoe, “che se un ambientalista guidasse e vedesse un cucciolo di foca da un lato e un essere umano dall'altro, svolterebbe per evitare il cucciolo di foca e prenderebbe sotto l'essere umano”. Ecco perché è così importante, nella sua mente, enfatizzare il modo in cui il cambiamento climatico colpisce le persone (una logica che afferma ancora una volta che la percezione dell'orso polare è stato un simbolo terribile per il riscaldamento globale). E di questo ci sono prove abbondanti: rapporto del "Gruppo di Lavoro II" sugli impatti climatici appena pubblicato enfatizza le minacce al nostro approvvigionamento di cibo, un rischio di peggioramento della violenza in un mondo che si scalda e il potenziale dislocamento di popolazioni vulnerabili.

Quindi, il messaggio funziona? La Hayhoe pensa di sì. Dopo tutto, mentre solo il 44% degli evangelici potrebbe accettare la moderna scienza del clima oggi, lei osserva che si tratta di un considerevole progresso rispetto a un sondaggio fra i gruppi religiosi del 2008, che era solo al 34%. Alla fine, per la Hayhoe, si tratta di questo: “Se si crede che Dio abbia creato il mondo, e fondamentalmente lo ha consegnato agli esseri umani come incredibile dono sul quale vivere, perché lo si dovrebbe trattare come spazzatura? Trattare il mondo come spazzatura dice molto su ciò che si pensa della persona che si crede abbia creato la terra”.