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venerdì 20 gennaio 2023

Fascismo e Carbone. Una storia che ci influenza ancora oggi

 



Mussolini fa finta di essere un minatore in una miniera di zolfo, in Sicilia, nel 1937. Non aveva mai capito -- e non avrebbe mai capito -- l'importanza della produzione mineraria nell'economia e il regime fascista fu condannato dalla mancanza di risorse energetiche nazionali. Qui di seguito, un recente articolo di Ugo Bardi pubblicato sul "Tazebao




Dicembre 31, 2022 - di Ugo Bardi

Il Fascismo e il carbone: storia di un fallimento che ci influenza ancora oggi


Un contributo del Professor Ugo Bardi sulla storia energetica dell’Italia partendo dalla dipendenza dal carbone.

Il Fascismo può essere visto come un tentativo di adattare l’economia italiana a una situazione di carenza di risorse energetiche che cominciò a manifestarsi negli anni 1920, con l’arrivo del “picco del carbone” in Inghilterra – il principale fornitore di carbone per l’Italia. Mussolini, come pure gli intellettuali italiani del tempo, non riuscirono mai veramente a rendersi conto dei limiti produttivi del carbone e del suo valore strategico. Il risultato fu una storica sconfitta per l’Italia, dalla quale lo stato italiano non si è mai veramente ripreso. La situazione attuale, con il conflitto in corso in Ucraina, rispecchia sotto molti aspetti la situazione degli anni 1930, con il gas e il petrolio russo che giocano il ruolo del carbone inglese. Nuove prospettive energetiche si aprono oggi con il rapido sviluppo dell’energia rinnovabile.

Con il passaggio del centenario della Marcia su Roma dell’ottobre del 1922, si è visto qualche tentativo in Italia di rileggere e capire la storia di quegli eventi che, bene o male, ancora influenzano profondamente l’Italia di oggi. La marcia fu solo un episodio di un’evoluzione complessa, e per molti versi contraddittoria, dello stato italiano e del suo tentativo di giocare un ruolo politico e strategico autonomo nel Mediterraneo. Un ruolo che era inizialmente passivo: lo stato italiano era, per molti versi, una creazione Britannica che ne favorì la nascita per bloccare i tentativi francesi di espansione nel Mediterraneo. L’idea funzionò bene fino a quando l’Italia cominciò a espandersi con la campagna di Libia del 1911, trovandosi fatalmente in contrasto con i suoi tradizionali alleati Britannici. È una storia che si sviluppa nell’arco di quasi esattamente un secolo, e che finisce con la cacciata degli Italiani dalla Libia nel 2011.

Tutto quello che è avvenuto durante quel secolo tumultuoso ha le sue origini nella rivoluzione industriale del XIX secolo. Una rivoluzione che fu possibile solo per mezzo del carbone, come aveva notato per primo William Stanley Jevons che diceva nel suo “La Questione del Carbone” (1866):

«Il carbone si trova non accanto ma al di sopra di tutte le merci. È l’energia materiale del paese – l’aiuto universale – il fattore di tutto quello che facciamo. Col carbone, quasi ogni impresa è possibile o facile. Senza di esso siamo ricacciati nelle laboriosa povertà dei tempi che furono».

Ma il carbone, come tutte le risorse minerali, non è distribuito uniformemente sul globo. In Europa, lo si trovava nelle zone del Nord, in particolare in Inghilterra, dove fu il motore della prima rivoluzione industriale. E in Italia? Per ragioni che hanno a che fare con eventi che si sono verificati nel periodo Carbonifero (e quindi non influenzabili politicamente), in Italia di carbone ce n’è molto poco. C’è solo un po’ di lignite di bassa qualità in Toscana e qualche piccolo giacimento in Sardegna. L’Italia non sarebbe mai stata in grado di generare o sostenere una rivoluzione industriale sulla base delle risorse nazionali.

Ma il problema del carbone durante la rivoluzione industriale non era tanto la localizzazione delle miniere, quanto il trasporto. Il carbone è pesante e ingombrante, e si trasporta male via terra. Ma, per via marittima è tutta un’altra cosa. Per tutto il secolo XIX e per una buona metà del XX, le navi carboniere a vela hanno trasportato carbone a basso costo un po’ ovunque nel mondo, in gran parte carbone inglese. Dalla costa, però, il carbone andava distribuito all’interno di un paese, e per questo ci volevano canali navigabili. Questo fu il centro della “questione meridionale” in Italia, anche questo punto mai veramente capito a livello politico. Per una discussione approfondita, vedi “Senza Carbone nell’Era del Vapore” di Carlo Bardini (1998).

Per via di eventi geologici che si sono verificati negli ultimi 100 milioni di anni (anche quelli, non influenzabili dalla politica), l’Italia del sud è troppo arida e montagnosa per permettere di costruire dei canali navigabili. Il contrario vale per l’Italia del Nord: dove il clima e l’orografia hanno permesso di rendere navigabili i fiumi della pianura Padana e industrializzare tutta la regione. Il limite geografico dell’industrializzazione era il fiume Arno, che aveva permesso di industrializzare buona parte della Toscana. Ma, più a sud, l’industrializzazione era impossibile: la geografia dominava l’economia. Fu questo il motivo per cui il Piemonte poté facilmente sconfiggere il Regno delle Due Sicilie nel 1860. Allora come oggi, la potenza economica si traduce in potenza militare.

Dopo l’unificazione, l’economia italiana si basava principalmente sulle importazioni di carbone inglese. Era l’origine dei rapporti storicamente buoni fra i due paesi. Nel 1913, Aldous Huxley scrisse che gli inglesi che colonizzavano l’Italia erano in gran parte “sodomiti e lesbiche di mezza età”, a causa della mancanza di leggi contro l’omosessualità. Ancora negli anni 1940, il giornalista Ridolfo Mazzucconi parlava della “bella fratellanza” fra Italia e Inghilterra. E non ci dimentichiamo che il piatto “fish and chips” lo aveva inventato un italiano! Ma quello che teneva legati i due paesi era principalmente il commercio di carbone.

La produzione del carbone al picco massimo

Con la fine della Prima Guerra Mondiale, nel 1918, nessuno si accorse di un evento epocale che avrebbe cambiato tutta la storia dell’Europa, incluso i rapporti fra Italia e Gran Bretagna: il picco del carbone. Il carbone è un combustibile fossile: esiste in quantità limitata. Ed è soggetto a una legge economica ben nota: quella dei “ritorni decrescenti”, generata dall’esaurimento graduale. Se ne era già accorto Jevons nel 1866, ma nessuno gli aveva dato retta. Ma la combinazione di geologia e economia genera dei cicli economici inevitabili di crescita e declino. Nel 1913, la Gran Bretagna aveva raggiunto il suo massimo produttivo (il “picco del carbone”) e, da allora, cominciava un declino che si sarebbe concluso solo verso la fine del ventesimo secolo, con l’azzeramento della produzione. Nessuno allora come oggi, riusciva a capire il ruolo dell’esaurimento e il calo produttivo in Inghilterra veniva invece attribuito agli scioperi. In Italia, invece, si tendeva ad attribuirlo alla cattiveria dei perfidi albionici in Italia. Ci racconta D.H. Lawrence nel suo “Sea and Sardinia” del 1921 di come “il carbone”, con annessi insulti all’Inghilterra, fosse un argomento di conversazione comune in Italia.

L’avvento del Fascismo

Quando Mussolini prese prese il potere nel 1922 si trovò davanti una situazione relativamente favorevole. Nonostante il declino della produzione, il carbone inglese arrivava ancora in Italia ed era possibile soddisfare la domanda, anche con l’apporto addizionale di carbone tedesco. Questo portò ad alcuni anni di condizioni economiche relativamente buone con una crescita del PIL per persona in Italia moderata, ma significativa.

Il problema cominciò a presentarsi con la grande depressione del 1929, accompagnata, e forse causata, dal declino della produzione di carbone inglese. Mussolini era un tipico politico: non ragionava in termini quantitativi. Né lui, ne gli intellettuali italiani dell’epoca riuscirono a capire che gli alti costi del carbone inglese non erano un tentativo da parte della Gran Bretagna (la “perfida Albione”) di danneggiare l’economia italiana. A partire dal 1934, circa, questa situazione portò a una virata radicale dell’orientamento geopolitico Italiano, ovvero ad allontanarsi dall’alleanza con l’Inghilterra per stabilire rapporti sempre più stretti con la Germania, vista come un fornitore di carbone più affidabile. Questo portò ad allinearsi con la Germania in materie come l’antisemitismo e la persecuzione degli Ebrei, come pure ad avventure spericolate e disastrose, come l’invasione del’’Etiopia nel 1935.

Basta qualche numero per rendersi conto di come il governo Italiano avesse pesantemente sbagliato i calcoli. Al massimo produttivo, nel 1913, le miniere inglesi arrivarono a produrre quasi 300 milioni di tonnellate di carbone in un anno. Ancora verso la metà degli anni 1930, ne producevano oltre 200 milioni. Di questi, circa 20 milioni erano esportate in tutto il mondo e, almeno un terzo delle esportazioni si dirigevano verso l’Italia. Con l’aggiunta del carbone tedesco, l’economia Italiana consumava circa 10 milioni di tonnellate di carbone all’anno.

Se ragioniamo che l’economia industriale era proporzionale ai consumi energetici (allora come lo è oggi) ne consegue che la produzione industriale Britannica era venti volte quella Italiana in termini di quei prodotti che servono a combattere una guerra – cannoni, carri armati, navi da guerra, eccetera. La sproporzione era così evidente che non si riesce a capire come sia stato possibile anche solo prendere in considerazione l’idea di combattere la Gran Bretagna su un piano di parità. Ma fu il risultato dell’incapacità dei politici, e dell’intera società che rappresentavano, di ragionare in termini quantitativi. Mussolini era un politico “puro” non era grado di ragionare sulla base dei dati. Per lui, le miniere del Sulcis in Sardegna erano una risposta sufficiente alle miniere del Sussex in Inghilterra. Non si rendeva conto che erano delle miniere giocattolo in confronto. Certo, Mussolini contava sulla Germania per fornire il carbone che la Gran Bretagna non poteva più fornire. Ma era semplicemente cambiare fornitore e la sproporzione delle forze in campo rimaneva spaventosa.

Tolstoj diceva che i re e gli imperatori sono gli “schiavi della storia”. Mussolini lo fu certamente. Dagli anni 1930 in poi, lo vediamo dibattersi fra una situazione impossibile e un’altra, ogni volta prendendo la decisione sbagliata, creando più problemi di quelli che risolveva. Forse a simboleggiare l’assurdità della situazione vale un solo esempio: i vecchi biplani mandati dall’Italia nel 1941 a combattere contro i super-moderni Spitfire e Hurricane nei cieli d’Inghilterra. Ma il costo umano degli errori di Mussolini è stato gigantesco e ha colpito persone innocenti. Basta ricordare l’orrore delle leggi razziali del 1938.

Poteva la storia essere diversa? Ci potremmo domandare cosa sarebbe successo se Mussolini avesse preso delle decisioni diverse. Ancora nel 1934, Margherita Sarfatti, ex-amante del Duce, proponeva al presidente USA Roosevelt un’alleanza con l’Italia che, pare, Roosevelt vedeva favorevolmente. Sarebbe stato possibile? Forse si, ed è da notare che già negli anni 1920, gli USA producevano tre volte più carbone dell’Inghilterra e avrebbero probabilmente potuto rifornire l’Italia, se necessario. Sembra che Mussolini prese la decisione di allearsi con la Germania più che altro sotto l’effetto della personalità dominante di Adolf Hitler. Un caso dove la decisione sbagliata di una singola persona cambiò i destini del mondo intero. Ma la situazione italiana era di debolezza oggettiva per ragioni geografiche. Comunque fosse andata, l’Italia sarebbe diventata un paese subalterno di paesi più forti, economicamente e militarmente.

Il tempo è passato, il carbone non è più il “re”. I paesi distrutti durante la Seconda Guerra Mondiale hanno ricostruito le proprie economie usando il petrolio greggio e il gas naturale. E questo ha creato condizioni geopolitiche ed economiche diverse, ma simili sotto molti aspetti. Oggi come allora, l’Italia si trova in una posizione di dipendenza economica che l’ha gradualmente portata a non essere più in grado di giocare alcun ruolo strategico nel Mediterraneo. Nel 2011, il tentativo del governo Berlusconi di stabilire un rapporto di cooperazione privilegiato con la Libia fu stroncato da un’operazione militare condotta da una coalizione di paesi occidentali. In questo caso, la sconfitta dell’Italia non fu militare, ma economica. Una sconfitta particolarmente umiliante con l’Italia forzata a bombardare i suoi alleati libici. L’Italia sta subendo un’ulteriore sconfitta economica proprio in questo periodo, forzata dal blocco NATO ad abbandonare il suo fornitore privilegiato di gas naturale, la Russia.

Conclusioni

Come sempre, se la storia non si ripete, fa comunque rima. Siamo di fronte a un nuovo rivolgimento epocale: il declino del petrolio e del gas, rimpiazzati dalla crescita dirompente delle energie rinnovabili. In questa ottica, l’Italia, il “paese del sole” si trova in una posizione privilegiata di condizioni di insolazione ottimali per la produzione di energia in Europa. Da ora in poi, la geografia lavora in favore, e non contro, l’Italia. Non siamo ancora arrivati a un’economia basata sull’energia rinnovabile, e non è detto che ci arriveremo con un sistema economico intatto. Ma ci sono buone speranze di arrivarci. Si tratta di vedere quale sistema politico si troverà a dover gestire la nuova situazione. Certamente, con una produzione nazionale sufficiente ai bisogni economici, non ci sarà più bisogno dei sogni imperiali del tempo del Fascismo. E, alla fine dei conti, c’è la speranza di un futuro di pace per il nostro paese.

Ci sono molti riferimenti che ho usato per comporre questo testo. Qui vi darò qualche dato ulteriore.

Ho pubblicato un altro saggio sul tema del carbone in Europa sulla “newsletter ASPO” n° 73 del gennaio 2007. Si può trovare qui: http://www.energiekrise.de/e/aspo_news/aspo/newsletter073.pdf

Un ulteriore post su questo argomento si può trovare qui: http://aspoitalia.blogspot.com/2007/01/davvero-viviamo-in-tempi-oscuri.html

Ugo Bardi

venerdì 4 novembre 2022

Sovranità Energetica: un Obbiettivo Possibile

 


Il Fascismo ha dato una brutta nomea a tante cose, ma non è detto che tutto quello che fu fatto durante il ventennio fosse sbagliato. L'autarchia degli anni 1930 non era sbagliata in se, tenendo conto del fatto che l'Italia, a quel tempo, era sotto pesanti sanzioni economiche e non poteva importare il carbone di cui aveva bisogno. Purtroppo, non c'era modo di creare carbone dal nulla e l'autarchia si rivelò più che altro un'azione di propaganda politica. Un giochetto appariscente ma poco utile, equivalente al nostro "greenwashing" o la "decrescita felice". Oggi, però, abbiamo tecnologie rinnovabili molto più efficienti di quelle di 100 anni fa e possiamo pensare seriamente, se non a un'"autarchia energetica" in Italia, perlomeno a una "sovranità energetica" che ci renda possibile evitare di essere ricattati in continuazione dagli esportatori di combustibili fossili.


Da "il Fatto" del 25 Ottobre 2022


Di Ugo Bardi

Negli ultimi tempi la situazione dell’energia, e in particolare del gas naturale, è passata un po’ sotto silenzio nel grande rumore delle elezioni. Con la Russia apparentemente in difficoltà sul piano militare, anche il cattivissimo Putin sembra fare meno paura. Inoltre, proprio in questi giorni, il prezzo del gas naturale alla borsa di Amsterdam è sceso sotto i 100 euro al megawattora (MWh) dopo aver toccato quasi 350 euro a fine agosto.

Possiamo concludere che il peggio è passato? Se così fosse, vorrebbe dire che possiamo celebrare con un piatto di pasta al ragù cucinata sui fornelli a gas. Oppure anche, miracolo, una bella doccia calda! Ma non vi fate illusioni. Con la guerra in Ucraina in corso, la situazione rimane molto difficile. I prezzi rimangono alti in confronto a quella che era la media degli anni passati e, soprattutto, vanno su e giù in modo incontrollabile. Alla prossima crisi, potrebbero ritornare a livelli insostenibili in brevissimo tempo.

Purtroppo, per la nostra sopravvivenza economica, e anche fisica, non solo rimaniamo dipendenti dalle importazioni di combustibili fossili, ma dobbiamo anche pagarli a prezzi che potrebbero essere più alti di quello che ci possiamo permettere di pagare. Per non parlare di cosa potrebbe succedere se i rifornimenti di gas dalla Russia si interrompessero completamente. Senza energia, o con energia troppo cara, si rischia seriamente il collasso economico dell’intero paese.

Visto come stanno le cose, credo che sia arrivato il momento di parlare di “sovranità energetica” in parallelo al concetto di “sovranità alimentare”, adottato recentemente dal nuovo governo. Ovviamente, parliamo di obiettivi non facili da raggiungere, ma nemmeno impossibili, perlomeno nella forma di una riduzione sostanziale delle nostre importazioni sia alimentari che energetiche. Questo farebbe bene alla nostra bilancia dei pagamenti, produrrebbe posti di lavoro e ci metterebbe al riparo dai ricatti dei vari dittatorelli di turno. Avremmo anche meno inquinamento e mangeremmo cibi più sani.

Ma come arrivare alla sovranità energetica? Di questo argomento si è parlato a lungo e le conclusioni sono abbastanza note. Per prima cosa, non date retta ai politici che si divertono a tirar fuori fantomatiche tecnologie nucleari dell’ennesima generazione senza avere la minima idea di quello di cui stanno parlando. L’energia nucleare non solo è troppo costosa per le nostre risorse, ma nemmeno ci porterebbe alla sovranità energetica: dovremmo importare uranio al posto del petrolio. Per quanto riguarda il gas naturale liquido, i rigassificatori ci possono aiutare in una fase iniziale. Ma non sono una buona idea, sia perché il gas naturale liquido è costoso, sia perché è sempre energia importata dall’estero.

In pratica, sta venendo fuori chiaramente che la sovranità energetica per l’Italia e per l’Europa si può basare soltanto su una combinazione di efficienza, elettrificazione ed energia rinnovabile, principalmente fotovoltaico, con l’aiuto di energia eolica, geotermica e idroelettrica. I miglioramenti nelle tecnologie rinnovabili, sia per la produzione sia per lo stoccaggio dell’energia, sono stati impressionanti negli ultimi anni. Oggi esiste la prospettiva reale di un sistema energetico rinnovabile diffuso sul territorio che produce energia abbondante e a basso costo.

Ovviamente, non è una cosa che si possa fare in pochi mesi, e nemmeno in pochi anni. Ma nell’arco di un decennio o due possiamo cambiare sostanzialmente le prospettive energetiche del nostro paese e crearci un futuro più tranquillo e più prospero. Basta impegnarsi, fare qualche sacrificio e non aspettarsi miracoli a breve scadenza. E anche arrivare alla pace in Ucraina aiuterebbe moltissimo.


mercoledì 23 marzo 2016

Riscaldamento globale: solo il dirupo di Seneca potrebbe salvarci?

La riduzione delle emissioni necessaria per restare entro i 2°C è talmente drastica che la caduta dei consumi di energia fossile che dovremmo vedere nei prossimi decenni ricorda il collasso descritto con il termine "Dirupo di Seneca" (UB)


L'uso di combustibili fossili deve diminuire il doppio più rapidamente di quanto si pensasse per contenere il riscaldamento globale – studio.



Il fumo fuoriesce da una centrale a carbone a Shanxi, in Cina. Foto: Kevin Frayer/Getty Images 

di Tim Radford (dal Guardian)


Gli scienziati del clima hanno cattive notizie per i governi, le società produttrici di energia, gli automobilisti, i passeggeri e i cittadini di tutto il mondo: per contenere il riscaldamento globale nei limiti concordati da 195 nazioni a Parigi lo scorso dicembre, dovranno tagliare la combustione di combustibili fossili ad un tasso ancora più veloce di quanto avessero tutti previsto. Joeri Rogelj,  ricercatore dell'Istituto Internazionale di Analisi Sistemica Applicata in Austria e colleghi europei e canadesi, propongono su Nature Climate Change che tutte le stime precedenti delle quantità di biossido di carbonio che possono essere rilasciate nell'atmosfera prima che il termometro salga a livelli potenzialmente catastrofici sono troppo generose. Al posto di una gamma di stime di emissioni ammissibili che spaziano fino a 2.390 miliardi di tonnellate dal 2015 in poi, il massimo che gli esseri umani possano rilasciare sarebbero 1.240 miliardi di tonnellate.

domenica 31 gennaio 2016

400 anni di esplosione demografica

Da “The Conversation”. Traduzione di MR (via Population Matters)

Di James Cridland

Per quasi tutti i 200.000 anni di storia della nostra specie, la relazione dell'uomo con la Terra non è stata diversa da quella di qualsiasi altro animale. Tutta la loro energia veniva fornita direttamente dal Sole. La luce del Sole catturata dalle piante usando la fotosintesi veniva convertita in cibo e combustibile. Mangiavano radici, frutti e cereali (ed animali che mangiavano a loro volta radici, frutti e cereali) per fornire ai loro corpi energia. Bruciavano legna per tenersi al caldo e grasso per far luce di notte.

Era una strategia di successo per la sopravvivenza e in decine di migliaia di anni la popolazione umana si è diffusa su sei continenti. Tuttavia, parte di questo ciclo solare naturale, c'era un limite al numero di persone che il loro stile di vita poteva sostenere e il numero totale di abitanti fluttuava al di sotto dei 500 milioni e dipendeva da malattie, guerre e fornitura di cibo.

Poi, 350 anni fa, tutto è cambiato. Abbiamo iniziato a integrare il nostro fabbisogno energetico con carbone e petrolio (gli esseri umani hanno usato il carbone dalla preistoria, ma non su larga scala). Si trattava ancora di energia proveniente dai raggi del Sole, ma in questo caso raggi vecchi di milioni di anni. In meno di due secoli la popolazione umana è esplosa, raddoppiando in dimensione fino ad 1 miliardo di persone. Da allora ha continuato a crescere, ma il tasso di cambiamento è aumentato significativamente. Ci sono voluti 100.000 anni per raggiungere il primo miliardo di persone. Oggi stiamo aggiungendo un miliardo ulteriore ogni 12 anni. Il risultato è un enorme pressione su tutte le risorse naturali. Negli ultimi due decenni assisteremo ad aumenti enormi della domanda di energia, cibo ed acqua – una tempesta perfetta.

martedì 5 gennaio 2016

Solare ed eolico hanno appena superato un altro grande punto di svolta

Da “Bloomberg”. Traduzione di MR

Non ha mai avuto meno senso di adesso costruire centrali elettriche a combustibili fossili.

Di Tom Randall


Immagine da BERC

L'energia eolica è ora la forma di elettricità più conveniente da produrre sia in Germania sia nel Regno Unito, anche senza i sussidi del governo, secondo una nuova analisi della Bloomberg New Energy Finance (BNEF). E' la prima volta che viene superata quella soglia da un'economia del G7.
Ma questo è meno interessante di quanto è appena accaduto negli Stati Uniti.

Per rendersi conto di quello che succede lì bisogna capire il fattore di capacità. Si tratta della percentuale del potenziale massimo di una centrale elettrica che viene realmente ottenuta nel tempo.
Consideriamo un progetto solare. Il sole non splende di notte e, anche durante il giorno, varia in intensità a seconda del tempo e delle stagioni. Quindi un progetto che può sfornare 100 megawatt ora di elettricità durante la parte più soleggiata del giorno potrebbe produrre solo il 20% di questi se si fa la media di un anno. Questo gli dà un 20% di fattore di capacità.

Uno dei maggiori punti di forza dell'energia elettrica da combustibili fossili è che possono controllare fattori di capacità molto alti e prevedibili. La centrale elettrica a gas media degli Stati Uniti, per esempio, può produrre circa il 70% del proprio potenziale (non arrivando al 100% a causa della domanda stagionale e della manutenzione). Ma ecco cosa sta cambiando, ed è una cosa grossa.

Per la prima volta, l'adozione diffusa di rinnovabili sta abbassando efficacemente il fattore di capacità dei combustibili fossili. Questo perché una volta che progetti eolici o solari vengono costruiti, il costo marginale dell'elettricità che producono è praticamente zero – elettricità gratis – mentre le centrali a carbone o a gas richiedono più combustibile per ogni nuovo watt prodotto. Se siete una società elettrica che può scegliere, scegliete sempre la roba gratis.

E' un ciclo che si auto-rinforza. Man mano che vengono installate più rinnovabili, le centrali a carbone o a gas vengono usate di meno. Man mano che carbone e gas vengono usati di meno, il costo del loro uso per generare elettricità aumenta. Man mano che il costo dell'elettricità da carbone e gas aumenta verranno installate più rinnovabili.

E' iniziato il circolo virtuoso





Fonte: Bloomberg

Eolico e solare hanno costituito per lungo tempo una piccola percentuale dell'elettricità statunitense – circa il 5% nel 2014. Ma la produzione è aumentata ad un tasso esponenziale e quelle due fonti energetiche ora sono sufficientemente grandi da influenzare quando vengono tenute in funzione le centrali a carbone e a gas naturale, secondo la BNEF.

Ci sono due ragioni per le quali questo passaggio dei fattori di capacità è importante. Primo, si tratta dell'ennesimo segnale dell'ascesa della forza dirompente dell'energia rinnovabile nei mercati elettrici. E' impossibile spazzare via le rinnovabili negli Stati Uniti allo stesso modo in cui sarebbe stato possibile solo pochi anni fa. “Le rinnovabili stanno davvero diventando competitive e stanno competendo in modo più diretto coi combustibili fossili”, ha detto l'analista della BNEF Luke Mills. “Stiamo assistendo al logoramento del tasso di utilizzo dei combustibili fossili”.

Secondo, il passaggio illustra un grave nuovo rischio per le società elettriche che pianificano di investire in centrali a carbone o a gas naturale. Storicamente, un alto fattore di capacità è stato un input fisso nel calcolo dei costi. Ma ora chiunque contempli una centrale elettrica da un miliardo di dollari con un ciclo di vita previsto di decenni deve considerare la possibilità che, man mano che il tempo passa, la centrale sarà usata di meno di quando è stata aperta.


I fattori di capacità fa una inversione netta 




Fonte: Bloomberg, Dati: BNEF

Gran parte del declino dei fattori di capacità è dovuto alle costose “centrali di carico di baseche sono state accese di meno a causa delle rinnovabili”, secondo l'analista della BNEF Jacqueline Lilinshtein. Le centrali progettate per entrare in rete solo durante la parte dell'anno con la domanda più alta, conosciute come centrali di picco, giocano un ruolo minore. In ogni caso, il risultato finale è che l'elettricità alimentata da carbone e gas sta diventando più cara e i profitti meno prevedibili.

Per l'eolico e il solare è vero l'opposto, così come per i nuovi sistemi di batterie che possono essere accoppiati alle rinnovabili per sostituire alcune centrali di picco. L'energia eolica, compresi i sussidi statunitensi, è diventata l'elettricità più conveniente negli Stati Uniti per la prima volta lo scorso anno 4, secondo la BNEF. L'energia solare è leggermente indietro, ma i costi stanno scendendo rapidamente, specialmente quelli associati al finanziamento di nuovi progetti.


I costi più recenti del solare per Stato





Fonte: BNEF, Annotata da Bloomberg



I vantaggi economici dell'eolico e del solare sui combustibili fossili vanno oltre il prezzo. 5 Tuttavia, è notevole che in ogni grande area del mondo, il costo del ciclo di vita dei nuovi progetti di carbone e gas 6 stiano aumentando considerevolmente nella seconda metà del 2015, secondo la BNEF. Aed in ogni grande area il costo delle rinnovabili continua a crollare.

sabato 3 ottobre 2015

I sussidi ai combustibili fossili: più di cinquemila miliardi di dollari!

Da “triplepundit.com”. Traduzione di MR (via Daryl Hannah – sì, quella di Blade Runner)

Di Andrew Burger


Le aziende di combustibili fossili beneficeranno della somma di 5,3 trilioni di dollari nel 2015 da parte dei sussidi energetici governativi. E' più di tutta la spesa dei governi del mondo in sanità, secondo la nuova ricerca del Fondo Monetario Internazionale (FMI).

lunedì 21 settembre 2015

Ce la facciamo a sostituire i fossili con le rinnovabili prima che sia troppo tardi?


Il risultato di uno dei modelli sviluppati da Alessandro Pulvirenti per descrivere la "Transizione Energetica." Vedete il declino della produzione fossile e il rapido aumento di quella rinnovabile.

Dicevano i Cinesi che vivere in tempi interessanti è una maledizione. In effetti, c'è poco da dubitare che viviamo in tempi interessanti. A parte le varie guerre, stermini di massa, migrazioni, e tutto il resto, abbiamo davanti un problema cruciale: Siamo in grado smettere di bruciare combustibili fossili prima che il cambiamento climatico ci spazzi via? E siamo in grado di sostituirli con qualcosa che ci dia altrettanta energia da permetterci di sopravvivere? E siamo in grado di farlo prima che le risorse fossili si esauriscano?

Bella domanda. Diciamo che vale qualche trilione di dollari; il valore monetario di un'intera civiltà. Ci prova a dare una risposta Alessandro Pulvirenti con una serie di calcoli molto dettagliati e molto interessanti. Come vi potete immaginare, non è un calcolo facile e le assunzioni necessarie sono tante e tutte piuttosto incerte. Ma, in breve, comunque, Pulvirenti basa i suoi calcoli su una diminuzione progressiva dell'EROEI (resa energetica) dei fossili, su una "curva di Hubbert" per i consumi fossili, e sull'idea che una certa frazione dell'energia prodotta (fossile e rinnovabile) verrà riutilizzata per costruire nuovi impianti rinnovabili che, alla fine, sostituiranno completamente quelli fossili.

I risultati variano a seconda delle assunzioni iniziali. Ecco le conclusioni alle quali arriva Pulvirenti.

Visti i risultati dei 4 modelli utilizzati, ci si rende conto che:

E' quasi impossibile escludere totalmente l'uso dei combustibili fossili con le sole fonti rinnovabili, utilizzando le tecnologie attuali e la capacità di produzione delle aziende.

Invece, soddisfare le esigenze di energia elettrica attuali e future (il 50% dell'energia primaria) è una cosa fattibile, ma richiede grandi investimenti per gli impianti di produzione (aziende).

Rinviare ulteriormente la transizione e cercare di effettuarla in futuro in minor tempo, richiederà maggiori risorse energetiche annuali, sia per la produzione dei manufatti (celle PV o aerogeneratori) che investimenti per gli impianti delle aziende prodruttrici; con il rischio che l'eccessiva sottrazione di risorse energetiche, causi una crisi economica e sociale molto intensa.

Questi risultati sono diversi da quelli miei e dai miei collaboratori (Sgouridis et al.), dove troviamo che in effetti è possibile sostituire l'energia fossile con altrettanta energia netta di origine rinnovabile in una arco di tempo di una cinquantina di anni. Anche Greenpeace è venuta fuori con una proposta di arrivare al 100% di energia rinnovabile per il 2050.

Ma non mi sembra che ci siano contrasti fondamentali: dipende dalle assunzioni iniziali. Come tutti sappiamo, anche senza bisogno di calcoli dettagliati, la transizione è complessa e richiede dei sacrifici che, al momento, nessuno ha voglia di fare. E se nessuno ha voglia di fare sacrifici, alla transizione non arriveremo mai, di certo.

Comunque, date un'occhiata al post di Pulvirenti, con il quale mi congratulo per il lavoro svolto. Potete commentare qui, su "effetto risorse," che Alessandro segue normalmente.



martedì 28 luglio 2015

L'enciclica del papa è il “punto di non ritorno” in arrivo della percezione del cambiamento climatico: sarà abbastanza per risolvere il problema?

Da “Resource Crisis”. Traduzione di MR

Di Ugo Bardi


Il problema della fame nel mondo non è stato riconosciuto fino a relativamente poco tempo fa, come mostrato nella ricerca “Ngram”. Tuttavia, l'interesse per il problema ha preso rapidamente velocità negli anni 60 e questo ha portato a sforzi considerevoli per risolvere il problema aumentando i rendimenti agricoli (la “Rivoluzione Verde”). Questi sforzi in generale hanno avuto successo, ma il problema è stato davvero risolto? O è stato soltanto spostato in avanti – o persino peggiorato – come risultato del fatto che l'agricoltura è diventata completamente dipendente dai combustibili fossili? Qualcosa di simile potrebbe succedere in futuro col problema del cambiamento climatico, che potrebbe essere riconosciuto, ma non necessariamente risolto.


A parte un piccolo manipolo persone con posizioni anti-scientifiche, la maggior parte delle persone sono perfettamente consapevoli che abbiamo un problema grave di cambiamento climatico. Sono solo confuse da un bombardamento di dichiarazioni contraddittorie fomentate nei media in una persistente campagna di propaganda contro la scienza. In queste condizioni è probabile che tutto ciò che serve per rendere l'opinione pubblica più consapevole della gravità del problema è una “spinta” nella giusta direzione e l'enciclica del Papa sul clima – attesa per questa settimana – potrebbe fare proprio questo.

Di conseguenza, potremmo arrivare al punto in cui l'idea che il cambiamento climatico non esista o che non sia causato dall'attività umana sarà considerata non solo sbagliata, ma positivamente pericolosa per la società. Qualcosa di paragonabile a idee, diciamo, come quella per cui non ci sono prove che il fumo provoca il cancro, che mettersi la cintura di sicurezza mentre si va in macchina sia inutile o che la cocaina non sia più pericolosa del caffè come droga.

Naturalmente, non possiamo essere sicuri del fatto che l'enciclica del papa avrà questo effetto. Ma supponiamo che sia così, cosa succede poi? Ottimisticamente, potremmo pensare che gran parte del lavoro sia fatto e che, da quel momento in avanti, verrà fatto qualcosa di serio ed efficace per fermare il riscaldamento globale. Sfortunatamente, le cose non saranno così semplici. Quanto è probabile che rimanga difficile agire sul cambiamento climatico potrebbe essere compreso considerando un altro grande e grave problema che affligge l'umanità: la fame nel mondo. Non è stata sempre riconosciuta ed è solo con gli anni 60 che è diventata un argomento standard del nostro orizzonte intellettuale. A quel punto, nessuno si sarebbe sognato di dire che la fame nel mondo era una truffa progettata da degli scienziati cospiratori che volevano conservare le loro grasse sovvenzioni per studiare un problema che non esiste. Il dibatto era effettivamente terminato ma questo, di per sé, non ha risolto il problema.

Principalmente, il tentativo di eliminare la fame nel mondo è stato fondato sulla forza bruta, vale a dire sull'aumento dei rendimenti agricoli. E' stata quella che oggi chiamiamo la “Rivoluzione Verde”. Come sapete, i risultati di questi sforzi sono spesso descritti in termini entusiastici, un trionfo dell'ingegno umano sui limiti della natura. E' vero anche, tuttavia, che il problema della fame nel mondo non è mai stato del tutto risolto, non poteva esserlo se ogni aumento dei rendimenti agricoli veniva compensato da un corrispondente aumento della popolazione umana. E potrebbe anche essere che la Rivoluzione Verde non sia stata soltanto una “non soluzione”, ma qualcosa che ha peggiorato il problema trasformando l'agricoltura in un'attività industriale completamente dipendente dai combustibili fossili e dai fertilizzanti artificiali.

Qualcosa di analogo potrebbe accadere se superiamo il punto di non ritorno della percezione del cambiamento climatico. I dati di Google Ngram, sotto, indicano che l'interesse per il problema sta crescendo rapidamente e che potremmo essere vicini al raggiungimento del punto di non ritorno nella percezione che la fame nel mondo ha raggiunto negli anni 60.


I risultati, tuttavia, potrebbero non essere tanto buoni quanto si potrebbe sperare. L'apparizione improvvisa della drammatica realtà del cambiamento climatico nella mediasfera potrebbe portare a dimenticare che il modo migliore (e probabilmente l'unico) per sbarazzarsi dei combustibili fossili abbastanza rapidamente per evitare un disastro climatico è quello di renderli obsoleti attraverso le energie rinnovabili. Quindi potremmo assistere ad una folle corsa verso soluzioni rapide e sporche. Di fatto delle non soluzioni o soluzioni che peggiorano il problema.

Una di queste non soluzioni è la “geoingegneria” come viene normalmente descritta, per esempio distribuire uno strato riflettente nell'alta atmosfera. Questo farebbe qualcosa per ridurre il riscaldamento globale, ma niente per evitare l'acidificazione degli oceani e i suoi effetti climatici regionali (vedi siccità) sono ancora tutti da scoprire. O pensare alla cattura e stoccaggio del carbonio: un tentativo disperato e costoso di continuare ad usare combustibili fossili (“mangiarsi la torta ed averla ancora”) spazzando letteralmente il problema sotto al tappeto – dove nessuno può garantire per quanto a lungo ci può restare. E i biocombustibili? Un eccellente modo per affamare una gran quantità di persone perché una piccola élite possa continuare ad usare i propri costosi giocattoli di metallo chiamati “automobili”.

Sappiamo tutti che il cambiamento climatico è un problema tremendo. Probabilmente, nel prossimo futuro, scopriremo quanto esattamente si tremendo. Forse il papa stesso ci dirà di non aspettarci dei miracoli. Solo di continuare a lavorare duro che forse ce la possiamo fare. Forse.



sabato 18 luglio 2015

Come sarebbe il mondo attuale se…?

Era post picco.

Sintesi

Come sarebbe il mondo attuale, se non ci fosse stato lo sfruttamento, da parte dell’occidente (e delle relative multinazionali), dei Paesi arretrati ma ricchi di risorse?

A questa domanda, cercherò di risponderefacendo un’analisi quantitativa delle risorse a disposizione e dell’andamento delle suddette nel tempo. Ipotizzerò che, dal 1950 in poi, tutti i Paesi del mondo avessero iniziato a sfruttare intensamente i combustibili fossili e si fossero sviluppati come i Paesi occidentali.

I risultati saranno alquanto inaspettati!


Introduzione
Siamo arrivati nel III millennio, lo sviluppo tecnologico e scientifico ha fatto dei progressi enormi, però la situazione attuale non è alquanto rosea, in quanto ci sono parecchi problemi che non si è riusciti a risolvere:

· Circa 800 milioni di persone nel mondo soffrono la fame (FAO: 2015);
· Ci sono Paesi sottosviluppati (terzo e quarto mondo) in cui molti sevizi primari non sono garantiti a buona parte della popolazione e in alcuni casi non vengono garantiti neanche nei Paesi sviluppati (USA);
· Le disuguaglianze economiche tra le persone stanno aumentando (USA).

Molti non si riescono a spiegare come mai questi problemi non vengano risolti, in quanto, dicono che anche un bambino saprebbe come fare, cioé: · garantire cibo per tutti; · uno sviluppo uniforme dei Paesi a livello mondiale per fare scomparire la povertà; · servizi sanitari diffusi per garantire la salute dei cittadini; ecc. ma, tali problemi si risolvono veramente così facilmente?

Molti ignorano il fatto che: ogni decisione che si prende, ha sempre dei pro e dei contro; spesso ci si concentra sui risvolti positivi, trascurando quelli negativi. Per decisioni che incidono su tutti i Paesi del mondo, i fattori che interagiscono sono tantissimi e quello che apparentemente porta dei benefici in alcuni settori, potrebbe portare a delle conseguenze molto negative in altri settori.

Se volessimo veramente cercare di capire cosa sarebbe successo, se il mondo fosse stato gestito in modo diverso, dovremmo fare un’analisi quantitativa (dati e calcoli) sulle decisioni che avremmo preso e che riguardi un periodo abbastanza lungo. Chiaramente è impossibile considerare tutte le variabili che entrano in gioco.

La scienza si occupa delle leggi della natura che sono sempre le stesse, e permette di conoscere cosa si verifica in date condizioni conoscendo le condizioni iniziali. Il problema è che molte delle variabili non sono determinate dalle leggi della natura, ma dalla volontà degli uomini, che è imprevedibile (libero arbitrio).

Chiarito il fatto che: una simulazione (modello) non darà mai la certezza su quello che sarebbe potuto succedere in altre condizioni; possiamo comunque prevedere, con buona approssimazione, cosa sarebbe successo, in determinate condizioni, considerando solo alcune delle variabili più importanti.

Lo sviluppo occidentale si è basato sui seguenti fattori:

1. Risorse energetiche;
2. Risorse minerarie;
3. Tecnologia;
4. Scienza;
5. Lavoro umano;
6. Capitali economici;
7. Competenze (know how);

Chiaramente, ogni variazione, di ognuna di queste variabili, porta a delle conseguenze diverse e tutte insieme interagiscono tra loro.

Per semplificare il tutto, ci concentreremo su una sola di queste variabili (Risorse energetiche) e ipotizzeremo che tutte le altre variabili (condizioni necessarie) siano soddisfatte, es:

· Le risorse minerarie (non energetiche) fossero state disponibili per tutti a prezzi “normali”;
· La tecnologia sia utilizzata;
· Le conoscenze scientifiche siano diffuse;
· I capitali economici ci siano;
· Ci siano abbastanza persone competenti da poter utilizzare proficuamente tutte le altre variabili.

Alcuni economisti raccolgono tutte queste variabili in pochi aggregati (capitale, lavoro) ma, io ho preferito specificarle con maggiore dettaglio, anche se poi non verranno usate singolarmente.
Chiaramente un modello del genere risulterà approssimativo, ma i risultati che darà sono sufficienti a farci capire, abbastanza bene, come sarebbe andato il mondo.

La principale risorsa/fonte energetica, che l’uomo ha utilizzato in questi anni, sono i combustibili fossili. All'inizio dell’era industriale, fu usato principalmente il carbone, successivamente il petrolio (per caratteristiche fisiche e di utilizzo migliori), e poi, per far fronte alla crescente domanda di energia degli ultimi decenni, è stato usato anche gas.


Considerazione sulla simulazione

Siccome la curva dell’estrazione dei combustibili fossili, ha un andamento differente in base a:

1) tipo di fonte (gas, carbone, petrolio);
2) modalità di estrazione (fracking, ...)
3) qualità della fonte (sabbie bitumose, …);
4) percentuale di sfruttamento di ognuno dei pozzi (oltre un milione) di gas e petrolio; e di ogni giacimento di carbone; si è dovuto utilizzare un criterio che fosse una media di tutte queste variabili.
5) la tecnologia utilizzata e che verrà utilizzata in futuro (serve la palla di cristallo);

Caratteristiche delle curve

• L’area sottesa dalla curva lorda equivale al totale di tutti i combustibili fossili (consumati + riserve);
• Si ipotizza che il picco avvenga, quando il 50% delle risorse sono state consumate;
• La curva segue una distribuzione a campana (per la precisione un’onda sinusoidale);
• L’incremento percentuale dei consumi in ogni posizione della curva, equivalgono a quelli che si avrebbero nella curva sinusoidale, tali valori sono stati confrontati con quelli realmente avvenuti nel passato e sono simili;
• Per quanto riguarda i costi energetici di estrazione, siccome il petrolio esce spontaneamente dai pozzi fino al 50% di quello estraibile, mentre per estrarre l’altra metà è necessario intervenire pompando all'interno gas e liquidi vari, si è fatta una media con gli altri combustibili fossili e si è ipotizzato che i costi salissero del 10% fino al consumo di metà dei combustibili disponibili, per poi aumentare in modo quadratico (fino alla percentuale massima indicata) nella seconda metà.

Si possono fare varie prove nel seguente sito:
http://www.sviluppoerisorse.eu/dati/primaria/PrevFossiliPassatoAll.aspx
è possibile cambiare la percentuale di costi iniziali e finali, nel caso si ritengano non idonee quelle utilizzate, ma comunque esse cambieranno solo l’andamento delle curve dei costi e dell’energia netta, ma non quella dell’energia lorda.


Metodo utilizzato per tracciare le curve

Curva sinusoidale dei consumi

Mediando tra le diverse risorse, la curva sinusoidale sembra essere quella che più rappresenta le estrazioni di risorse. In realtà, nella mia simulazione la parte iniziale della curva, viene data dalla produzione reale, mentre la parte finale della curva viene interrotta a circa il 3% dalla fine dell'esaurimento delle risorse, in quanto, da tale posizione in poi, la produzione è così bassa, che non ha più senso considerarla come una risorsa energetica.
Se continuassimo a tracciare la curva, essa però non andrebbe a zero come nella curva sinusoidale teorica, in quanto l'asse X (tempo) della curva non è proporzionale all'asse Y (produzione), in quanto sono due unità di misura differenti.
La curva si allungherebbe indefinitamente verso destra, in quanto partendo dai consumi, essi diminuirebbero in percentuale e quindi, solo all'infinito arriverebbero a zero.

Y Curva = (sin(X)+1) / 2

con X che varia da: (-1/2 Pigreco) a (+3/2 pigreco)
L'area di questa curva equivale al totale delle riserve energetiche.



Curva dei costi percentuali

La curva dei costi nasce da una costatazione, cioé che la prima metà della produzione avviene con un aumento dei costi relativamente modesto (10%), mentre nella seconda metà essa sale esponenzialmente, in quanto anche il metodo di estrazione cambia (iniettare liquidi nei pozzi, scavare giacimenti sotto terra) e si richiede un dispendio di energia via via superiore.
• PercCostiLeft = PercIniziale + ((100 - PercIniziale) * (ConsumiTotali / RiserveTotali) * 20 / 100);
• PercCostiRight = (100 - PercIniziale) * (((ConsumiTotali / RiserveTotali) - 0.5) * 2)^2;
PercCosti = PercCostiLeft + PercCostiRight;




Calcolo curva "Consumi lordi"

1) YSinusoidePrec = YSinusoide(ConsumiTotaliPrec / Riserve));
2) YSinusoideNow = YSinusoide((ConsumiTotaliPrec + (ConsumiPrec * RapportoIncremConsumi)) / Riserve);
3) RapportoIncremConsumi = YSinusoideNow / YSinusoidePrec;
4) YConsumiNow = ConsumiPrec * RapportoIncremConsumi;
5) ConsumiPrec = YConsumiNow;
6) ripetere dal punto 1.


Simulazione situazione attuale e futura
Nella nostra simulazione, considereremo tutti i combustibili fossili nel loro insieme.

Valori in input:
Fonte: Combustibili Fossili
• Totale passato (consumi): 464 768 Mtep
• Totali disponibili (Riserve): 803 880 Mtep
• Totale (Consumi + riserve): 1 268 648 Mtep
Consumi sul totale: 36,6 %
Anno 2014 (Consumi): 11 237 Mtep

Vediamo come è andata realmente dal 1850 ad oggi e con la previsione futura.
(Grafico 1)
• Dati dal 1850 al 1964 (fonte CDIAC - http://cdiac.ornl.gov/ )
Dati dal 1965 al 2014 (fonte: BP - http://www.bp.com/en/global/corporate/about-bp/energy-economics/statistical-review-of-world-energy.html).

Spiegazione:

• L’area sottesa dalla curva Passato lordo e Futuro lordo equivale a tutti i combustibili fossili consumati e disponibili da estrarre, cioè a tutte le riserve di combustibili fossili che l’uomo ha trovato;
• Curva Passato lordo: indica i consumi reali di combustibili fossili che ci sono stati dal 1850 al 2014;
Curva Futuro lordo: indica i consumi previsti dal 2015 in poi;
• Curva Futuro costi: indica l’energia prevista che verrà consumata (costi) per estrarre l’energia lorda;
• Curva Futuro netto: indica l’energia prevista netta ottenuta da quella lorda meno i costi di estrazione;
• Si ritiene che è inutile tracciare le curve, per valori molto bassi di estrazione/consumi rispetto ai bisogni della società.
• L'asse Y indica i consumi in Mtep.

Otteniamo i seguenti risultati sintetici:
Curva: Fossili (Futuro)
Lunghezza (Anni): 90
• Picco consumi Lordi (anno): 2030 (consumi) 11 855 Mtep
• Picco consumi Netti (anno): 2025 (consumi): 10 177 Mtep

Possiamo trarre le seguenti informazioni:

• Il picco di consumo netto di tutti i combustibili fossili, si avrà nel 2025 (tra 10 anni), con una decrescita graduale all'inizio e poi sempre più rapida.
• Il picco lordo del consumo si avrà nel 2030 con 11855 Mtep/anno (tra 15 anni).
• Abbiamo una decina d'anni a disposizione per preparare la transizione a nuove fonti energetiche;


Anomalie riscontrate nel grafico 1

Quando si passa dai consumi Reali a quelli previsti, la curva riduce la sua inclinazione in modo anomalo; questo può voler dire:

1. Le quantità Reali di riserve disponibili devono essere maggiori di quelle comunicati dagli organismi internazionali; difatti i Paesi dell’OPEC, comunicano riserve che non variano da molti anni. L’Arabia Saudita nel 1989 comunicò 260 Gbep di riserve; dopo averne estratte 90 Gbep, essa comunica che le sue riserve non sono variate! Come se il petrolio estratto non riducesse le riserve e quindi le quantità comunicate risultano incoerenti. Se poi aggiungiamo il fatto che stanno pompando petrolio al massimo, anche con prezzi bassi del petrolio, è come se non si preoccupassero dell'esaurimento delle loro riserve. Saranno in realtà molte di più?

2. Siccome, nella quantità totale di petrolio estratta, vengono considerati molti altri liquidi, che petrolio greggio non sono, questo fa supporre che i dati comunicati della produzione mondiale, siano gonfiati sommando due volte le stesse quantità (una volta come petrolio e un'altra volta come biodiesel), che siccome quest'ultimo ha un EROEI di poco più di 1, è come se tale produzione venisse contata due volte).

3. Se guardiamo la curva reale (1850-2014) dei consumi dei combustibili fossili notiamo che: essa inizia a crescere lentamente (si diffonde l’uso a fasce della popolazione sempre maggiore e a nuovi settori dell’economia), diminuisce la sua pendenza media nel periodo delle due guerre mondiali, per poi aumentare nuovamente la pendenza (con la rivoluzione verde lo si utilizza per produrre i concimi). Chiaramente la simulazione che stiamo facendo non considera certe variabili esogene (guerre), ne può sapere se eventuali invenzioni / tecnologie aumentino ulteriormente i consumi o li diminuiscano. L’andamento della curva si rifà a quella ideale.


Simulazione: situazione con sviluppo uniforme di tutti i Paesi del mondo

Per la nostra simulazione di “Come sarebbe il mondo se…”, utilizzeremo i dati del 1950, periodo in cui ci fu una ripresa economica (dopo la seconda guerra mondiale); avremmo potuto far iniziare il periodo in un altro anno, ma il risultato sarebbe stato simile. Potete fare delle prove al seguente indirizzo:
http://www.sviluppoerisorse.eu/dati/primaria/PrevFossiliPassatoAll.aspx

Nel 1950 solo ¼ della popolazione mondiale usava i combustibili fossili intensamente ed era residente in: Europa, USA, Giappone... (OECD).
Ipotizzeremo che, in uno spirito di solidarietà, tutti i Paesi del mondo si fossero aiutati (culturalmente, tecnologicamente, economicamente ecc) in modo tale che, ci fosse stato sviluppo uniforme in tutti i Paesi del mondo. Quindi, prendiamo i consumi totali di combustibili fossili del 1950 (Consumi reali primo anno) e li moltiplichiamo per 4 (Consumi usati primo anno).

Per tracciare il grafico usiamo i seguenti dati:
Fonte: Combustibili Fossili
Anno inizio: 1950
• Totale passato (consumi): 13 671 Mtep (1/5 di quelli reali, per uniformare la curva)
• Consumi reali primo anno: 1 875 Mtep
• Consumi usati primo anno: 7 498 Mtep (4 volte quelli reali)
Totale Comb. Fossili disponibili: 1 254 977 Mtep
Costi iniziali: 1 %
Costi max: 40 %


Otteniamo il seguente grafico
(Grafico 2)

Spiegazione:
• L’area sottesa dalla curva Consumi lordi equivale a tutti i combustibili fossili disponibili, ogni punto indica i consumi lordi previsti in quel dato anno;
• Curva Costi energetici: indica l’energia prevista che verrà consumata (costi) per estrarre l’energia lorda;
• Curva Consumi netti: indica l’energia netta prevista, ottenuta da quella lorda meno i costi di estrazione;
• L'asse Y indica i consumi in Mtep.

I risultati sintetici ottenuti dal modello sono i seguenti:

Lunghezza (anni) : 51
• Picco consumi Lordi: (anno) 1975 (consumi) 35 398 Mtep
• Picco consumi Netti: (anno) 1974 (consumi) 31 800 Mtep
• Totale lordi (consumi): 1 248 673 Mtep
• Totale netti (consumi) : 1 072 245 Mtep


Considerazioni che possiamo trarre dal grafico 2
Le conseguenze sarebbero state le seguenti:

1. Il picco netto del consumo di combustibili fossili sarebbe avvenuto nel lontano 1974; vi ricordo che il primo PC IBM risale al 1981, quindi l’era dell’informatica diffusa non sarebbe nemmeno nata; quindi, niente Internet, cellulari, ecc;

2. Molta energia si sarebbe sprecata con tecnologie meno efficienti (lampadine a incandescenza, automobili a basso rendimento ecc);

3. L'ambiente sarebbe stato fortemente inquinato e difficilmente vivibile, sicuramente non avrebbe retto a un inquinamento così intenso.

Comunque, anche nel caso in cui fosse stato possibile sfruttare così intensamente i combustibili fossili, oggi (2015) saremmo già oltre la curva dei consumi. Se poi consideriamo il fatto che: una società inizia ad andare in crisi economica/sociale appena la curva inizia a scendere (pendenza negativa), oggi ci ritroveremmo già in un periodo post sviluppo economico, e possibilmente anche post-guerra mondiale, ipoteticamente scoppiata per accaparrarsi le poche risorse energetiche rimaste.
Se fosse andato così, oggi ci ritroveremmo nuovamente nel Medioevo! (per la mancanza di una o più fonti energetiche capaci di supportare la nostra società).


Conclusioni

Dopo l'analisi quantitativa, anche se approssimata dalle medie tra le risorse, possiamo trarre le seguenti conclusioni:

1. Non sempre, fare del bene nel presente, porta a degli esiti positivi nel lungo periodo (detto: si può fare del male anche facendo del bene oppure, la strada che porta all'inferno è lastricata di buone intenzioni);

2. I problemi energetici (così come quelli ambientali e Climatici) sono molto complessi e contro-intuitivi, e chi pensa a delle soluzioni semplici e intuitive, rischia di creare problemi ancora più grandi;

3. Che non tutti possiamo vivere nel lusso con una Ferrari in garage, ma la piccola nicchia di persone ricche che la detengono, permette delle ricadute tecnologiche che miglioreranno i beni prodotti per la stragrande maggioranza delle persone;

Per finire, ci tengo a sottolineare che: io sono il primo a volere un mondo in cui non ci sia: fame, povertà, sofferenza ecc. però alcune soluzioni che sembrano buone nel presente, portano al disastro.

La popolazione mondiale è cresciuta enormemente nell'ultimo secolo. Non si possono avere molti figli o una popolazione di vari miliardi di persone e nello stesso tempo garantire una vita decente per tutti. In un sistema finito di risorse, bisogna fare delle scelte e ognuna comporta delle rinunce.
Chi pensa di poter avere crescita demografica e benessere per l’intera popolazione, con le conoscenze scientifiche che abbiamo oggi, sta sognando.


By Alessandro Pulvirenti