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martedì 28 gennaio 2020

Come Smentire la Scienza del Clima


Karl Popper e la falsificazione delle teorie scientifiche.

Cosa c'entra una cernia con la scienza del clima? Un po' è perché io e la collega Perissi stiamo lavorando al nostro nuovo libro sull'"Economia Blu" e quindi abbiamo i pesci per la testa. Ma, in realtà, c'è un nesso. Leggete qui di seguito e tutto vi sarà rivelato.


Karl Popper è un filosofo che si occupa di epistemologia e le sue idee hanno a che vedere con molte cose nella scienza, anche con i cambiamenti climatici. In sostanza, Popper dice che le teorie scientifiche si possono falsificare ma mai veramente "provare". Alle volte questa idea va sotto il nome di "principio del cigno nero". Uno può ragionevolmente sostenere che tutti i cigni sono bianchi, ma questa idea è soggetta a essere smentita se per caso qualcuno trova che da qualche parte c'è un cigno nero, o magari anche solo grigio. Insomma, una teoria può essere bella ed elegante quanto si vuole, ma basta un singolo fatterello, magari brutto e sgraziato, per smentirla.

Ora, se ci pensate bene, molto dell'impegno dei nemici della scienza del clima ha una base popperiana anche se, probabilmente, molti di loro non se ne sono resi conto (e nemmeno sanno chi è Popper). Quasi nessuno della scalcagnata banda dei denigratori si pone come obbiettivo di creare una teoria alternativa all'interpretazione corrente del cambiamento climatico (*). No, loro cercano il "cigno nero", il "fatterello bruttino" che invalida tutta la struttura. Gli esempi classici sono gli elefanti di Annibale, il vino in Inghilterra nel Medio Evo, la "terra verde" che sarebbe stata la Groenlandia al tempo dei vichinghi e cose del genere. Il ragionamento è che la scienza del clima prevede che sia il consumo di combustibili fossili a causare il riscaldamento globale, ma allora come sta che c'erano dei periodi caldi anche quando non si bruciavano combustibili fossili?

Questi sarebbero, appunto, "fatterelli bruttini" che dovrebbero invalidare la teoria del cambiamento climatico antropogenico, ma in realtà sono solo storie fantasiose senza base nei fatti. E anche se fossero veri, non invaliderebbero niente perché la scienza del clima NON dice che soltanto i fossili fanno cambiare il clima.

Ci sono anche  esempi un tantino più seri di fatterelli in contrasto con le teorie correnti. Uno è quello della "hot spot troposferica" che i modelli prevedevano e che fino ad alcuni anni fa non si trovava nei dati sperimentali. Se le cose restavano così, sarebbe stato necessario rivedere i modelli, ma ora la hot spot si vede, quindi questa storia non invalida più niente.

Più in generale, possiamo dire che Popper non ha torto, ma le sue idee vanno viste un po' in prospettiva. Diciamo che ci sono due tipi di teorie scientifiche, le "teorie-avannotto" e le "teorie-cernia." (vi dicevo che c'entrava la cernia in questo post!). Gli avannotti sono teorie appena nate, oppure non ancora cresciute, che nuotano indifese nel gran mare della scienza. Sono facilmente divorate dal primo squaletto che passa di lì. Le cernie, invece, sono dei bestioni grossi e cattivi che non si fanno mangiare facilmente neanche da uno squalo tigre. E tendono a divorare gli avannotti come se fossero grissini.

Le teorie-avannotto sono quelle che si falsificano facilmente con il metodo popperiano. Per esempio, arriva uno che ti dice che i cambiamenti climatici sono causati dalle variazioni nell'attività solare (c'è pieno di questi qui, lì fuori). Bene: mettiamo insieme in un bel diagramma l'attività solare e la temperatura terrestre, come vedete qui sotto.


Vedete? L'accordo è pessimo. Il fatterello distrugge la teoria, l'avannotto è divorato dalla cernia. Non era nemmeno una teoria: era solo una proposta di correlazione che poi, alla fine, non esiste.

Viceversa, pensate a una teoria bene assodata come la legge di gravitazione universale di Newton: non è una teoria-avannotto, è una teoria-cernia. Come la vorreste falsificare? Forse trovando un albero dove le mele cadono dai rami verso l'alto? Buona fortuna, chissà che non ne trovate qualcuno agli antipodi, dove notoriamente la gente sta a testa in giù.

E' anche vero che la teoria di Newton è soltanto un'approssimazione, una teoria migliore è la relatività generale di Einstein. Ma qui sta la differenza: la teoria di Einstein NON invalida la teoria di Newton. La integra descrivendo quello che succede in condizioni estreme, per esempio se vi trovate a essere risucchiati da un buco nero. Però, a meno che non vi capiti spesso di avere a che fare con dei buchi neri, la versione di Newton della legge di gravità vi basta e vi avanza.

La scienza del clima non è così assodata come la teoria della gravitazione universale, ma è comunque un bestione che non è facile da ingoiare per un pescetto appena nato. Il concetto di riscaldamento globale causato dai gas serra ha resistito a molteplici tentativi di falsificazione quando ancora era una bestiolina un po' delicata, al tempo in cui fu proposto, oltre un secolo fa. Adesso è parte di un intero edificio scientifico basato su almeno 50 anni di studi, esperimenti, e modelli. Allora, come vorreste demolire la scienza del clima? Dimostrando che i gas serra non assorbono nell'infrarosso? Buona fortuna: è una cosa nota da più di un secolo.

Questo vuol dire che la scienza del clima è "scienza accertata" e non cambierà più? Assolutamente no. Vuol dire solo che ha passato la barriera popperiana della falsificazione. A questo punto, la si può modificare, integrare, perfezionare, tutto quello che volete, ma certe cose rimangono accertate -- proprio come è accertato che le mele cadono dagli alberi. Non ci sono dubbi sul fatto che il CO2 sia un gas che riscalda la Terra, ma c'è ancora molto da discutere -- e se ne discute --  su quanto esattamente la riscaldi e in quale frazione rispetto ad altri fattori che alterano il clima: altri gas, l'albedo, le nuvole, eccetera. Andando avanti con gli studi si arriva a quantificare meglio il problema che abbiamo davanti, ma la sua natura di fondo non cambia.
 
Insomma, la scienza non è un sistema formale di aquisizione di conoscenza, è molto di più un sistema euristico che va avanti cercando di fare il meglio possibile. La scienza del clima non è una scienza esatta ed elegante come, per esempio, la termodinamica classica. E' una scienza complicata con tante incertezze. Ma è una scienza che va avanti, con quelli che ci studiano sopra che cercano di fare del loro meglio. Lo fanno nonostante gli sbalestrati che continuano a tirar fuori i Vichinghi e gli elefanti di Annibale.



_________________

(*)Nota: che io sappia esiste solo un modello che si può definire "serio" che cerca di costruire una teoria alternativa a quella che vede il riscaldamento corrente il risultato dell'aumento di concentrazione dei gas serra (ce n'è anche uno non serio, quello di Scafetta, ma un modello che non si basa su principi fisici non serve a niente). Il modello è quello della "cosmoclimatologia" di Henrik Svensmark, basato sulla correlazione del clima con l'intensità dell'irradiazione solare.

Oggi, il modello di Svensmark non se lo fila più nessuno. Non che fosse sballato in partenza, ma non era veramente un modello: rimane allo stadio di una proposta basata su una correlazione che si è rivelata molto debole. Ma il vero problema è che non è stato possibile trovare dei parametri del modello che lo mettano in grado di spiegare il rapido riscaldamento della Terra degli ultimi 30 anni circa. Ovvero, era anche questa una teoria-avannotto demolita da un fatterello bruttino. Non che questo abbia convinto i proponenti -- per gli esseri umani, cambiare idea sembra essere la cosa più difficile dell'universo e lo stesso Svensmark, invece di prendere atto che i dati non convalidavano la sua teoria, ha detto che la teoria era giusta e che erano i dati a essere sbagliati. Poi ha cominciato ad andare ai convegni sponsorizzati dallo Heartland institure (quelli che sponsorizzano anche il nostro Franco Battaglia). Non so se nell'epistemologia popperiana si tenga conto di quando uno scienziato va fuori di testa, ma in ogni caso non direi che quando succede non butta bene per il modello che quello scienziato ha proposto.





mercoledì 28 marzo 2012

La verità sta nel mezzo


Attenzione all'abisso climatico

Ha deciso che la verità deve stare nel mezzo

Non c'è nessun abisso

(forse cadrà soltanto fino a metà strada)


(via Planet3.org)

venerdì 10 febbraio 2012

L'ondata di freddo e il cambiamento climatico: c'è una relazione?


 L'ondata di freddo nelle Marche - foto di Massimiliano Rupalti

L'articolo che segue è apparso il 7 Febbraio sul blog spagnolo "ustednoselocree". Segnalato da Antonio Turiel, ci è parso il caso di tradurlo e presentarlo ai lettori italiani. Certi riferimenti al ruolo dei meteorologi sono validi per la situazione in Spagna, tuttavia sono sensati anche per l'Italia e altri paesi. Anche da noi, spesso i  meteorologi non sono a loro agio con la scienza del clima. Certo, non tutti e basta pensare a Luca Mercalli e Luca Lombroso, per citare solo un paio di esempi. Ma ci sono, purtroppo, anche contro-esempi, come quello di Guido Guidi, di meteorologi che hanno abbracciato tesi anti-scientifiche in campo climatico. Quindi, questo articolo si può leggere come valido in termini generali nell'esaminare una questione fondamentale: se il grande freddo che ha colpito l'Italia, come tutta l'Europa, negli ultimi giorni sia da considerarsi come correlata al cambiamento climatico. Con tutta la prudenza del caso, la risposta sembra essere positiva - l'ondata di freddo artico che ci è arrivata addosso è parte della generale estremizzazione dei fenomeni climatici; a sua volta il risultato dal cambiamento climatico generalizzato (U.B.)

Traduzione di Massimiliano Rupalti

Di Ferran P. Vilar

Il meteorologo di riferimento del Gruppo Prisa, Florenci Rey, ha scritto il 2 di febbraio su El Pais, un articolo dal titolo “Quando la Siberia lascia la porta aperta”. Qui, segnalava che questo inverno, molto tiepido in tutto l'emisfero nord fino all'arrivo dell'ondata di freddo che ci invade adesso, iniziava ad essere conosciuto come “l'anno senza inverno”. Questi professionisti probabilmente hanno parafrasato il riferimento al 1816, conosciuto come “l'anno senza estate” ed il più freddo in 500 anni. Il motivo non fu altro che la presenza di eruzioni vulcaniche esplosive, in particolare del Tambora in Indonesia, i cui aerosol raggiunsero la stratosfera schermando così per mesi la radiazione solare (1). Rey nell'articolo si chiedeva: “Queste situazioni avverse sono una conseguenza del cambiamento climatico”? E si rispondeva: “Assolutamente no”. Alla fine del testo segnalava che:

Questi cambiamenti repentini in brevi lassi di tempo, un'alta variabilità meteorologica, possono essere l'inizio della traslazione del cambiamento climatico nell'area europea”(2).

Credo che sia la prima volta che vedo un meteorologo con una reputazione ben riconosciuta, far riferimento al cambiamento climatico nel caso di un fenomeno estremo. Per i meteorologi, non risulta facile fare associazioni di questo genere. Sono diversi i motivi, che vediamo qui e qui, ai quali vanno aggiunte gli obblighi ai quali i comunicatori sono tenuti dai media. Queste consistono, come minimo, in un'estrema prudenza, con la scusa di non ferire la sensibilità della gente, quando in realtà sono preoccupati per quella degli inserzionisti e dei vari sponsor che li frenano. Questi ultimi sono presenti sotto forma di grandi imprese oligopolistiche che non hanno bisogno di farsi pubblicità, ma stanno lì per qualcosa. Quindi, lo sforzo di Rey è meritorio. Tuttavia, questi punti potrebbero portare a confondersi poiché, apparentemente, le due affermazioni sono contraddittorie. Per questo motivo ho pensato di fare un po' di luce su questo argomento. Vedremo più avanti che affermare, come fa Rey, che questa situazione avversa non è la conseguenza del cambiamento climatico è azzardato. Dovrebbe, perlomeno, evitare tanta veemenza e assolutismo.

L'impossibilità di un'attribuzione concreta

Credo che la confusione provenga dal fatto che i nostri meteorologi mediatici sono "programmati," persino al loro interno, per ricordare, ad ogni occasione, che non è possibile attribuire una causalità diretta fra un fenomeno estremo concreto, ad esempio quello di cui stiamo parlando, ed il processo che si trova alla base del cambiamento climatico in corso. E' sicuramente così, poiché qualsiasi fenomeno può, all'inizio, esistere anche indipendentemente dal cambiamento climatico che ne sta alla base. Lo prova il fatto che ci si debba riferire al 1956 per trovare un'ondata di freddo di intensità simile a quella attuale (vedremo quanto dura). L'influenza del cambiamento climatico nei fenomeni estremi risiede non solo nella loro intensità ma, principalmente, nella loro frequenza. In quello che viene chiamato periodo di ritorno. Per esempio, l'Amazzonia ha già subito due episodi di siccità quasi consecutivi (2005 e 2010) di quelle da “una ogni cento anni” (3).

Nel 1956 il riscaldamento globale non solo non aveva l'intensità che ha oggi, ma in quel periodo  il processo di aumento della temperatura si era parzialmente arrestato a causa dell'immissione dell'atmosfera di particolato di zolfo e di carbonio. Effettivamente, l'imponente crescita economica di quegli anni portò alla costruzione di una grande quantità di centrali elettriche a carbone. Queste centrali non erano (ancora) obbligate a filtrare gli aerosol di zolfo risultato della combustione che   esercitano un effetto di schermatura solare, oltre ad essere la causa delle piogge acide. Ciò accade in modo simile, per gli effetti di cui ci occupiamo, a come accade per le eruzioni vulcaniche.

Cosicché il poggio (gli aerosol) faceva pari con la buca (l'aumento delle emissioni di CO2) e, fra il 1950 e il 1980, la temperatura è aumentata in modo trascurabile (4). Ricordiamo che l'aumento di temperatura veramente importante è avvenuto negli ultimi tre decenni, da quando la maggior parte delle centrali (occidentali) a carbone, dispongono di filtri per evitare che pietre, alberi e tutti noialtri finissimo per essere pasto dell'acido solforico. Non è quindi possibile attribuire una causalità diretta fra la concentrazione di CO2 ed i fenomeni estremi, perché le relazioni causa-effetto degli impatti del cambiamento climatico hanno una natura statistica. Così, con dati facilmente alla portata del pubblico, uno studente che stia per prendere la maturità avvertirebbe in tutta chiarezza che, a livello globale, questi estremi si producono con molta più frequenza oggi che nel passato e con magnitudini che sono statisticamente significative in relazione al progressivo aumento della temperatura. L'IPCC ha emesso di recente un rapporto a questo proposito (5).


La risposta è nell'Artico

Dico che affermare con assoluta certezza che questa ondata di freddo non ha nulla a che fare con il cambiamento climatico è azzardato perché questo è in contraddizione con la letteratura scientifica , che Rey dovrebbe conoscere. Questa non ha raggiunto conclusioni in merito, ma è da un po' di tempo che si chiede fino a che punto la riduzione del ghiaccio artico in un anno sia collegata con temperature invernali particolarmente fredde durante l'inverno successivo nell'emisfero nord. Alcuni, come il responsabile della sezione “atmosfera” del National Oceanic and Atmospheric Administration (NOAA) degli Stati Uniti, James Overland, lo hanno molto chiaro. Durante la conferenza scientifica dell'Anno Polare Internazionale di Oslo nel 2010 ha dichiarato:

“Gli inverni freddi e con la neve saranno la norma, non l'eccezione”. 

E lo attribuisce al cambiamento climatico (6).

La comunità scientifica si riferisce a questi episodi come al “Artico caldo/continenti freddi” (7), in quello che è stato battezzato giornalisticamente come il paradosso dell'Artico (8). Bisogna ricordare, qui, che la zona artica si riscalda ad una velocità dalle 2 alle 4 volte maggiore della media del pianeta, a causa del fenomeno conosciuto come amplificazione polare, elemento chiave di tutto il problema climatico. Ma si riscalda a partire da una temperatura molto più bassa di quella delle latitudini inferiori, di modo che, se questa tremenda velocità di riscaldamento alterasse, in alcuni modi e circostanze, gli schemi delle correnti atmosferiche ( vale a dire, anteriori al suo riscaldamento), l'Artico potrebbe cominciare a mandare aria molto fredda verso sud, quando si presentino queste circostanze.

Nel 2009, nella pubblicazione accademica Global Planetary Change, Dagmar Budikova, dell'Università dell'Illinois, ha rivisto il ruolo che la riduzione della superficie di ghiaccio nell'oceano Artico, risultato del cambiamento climatico, gioca negli schemi generali della circolazione atmosferica (9) e due studi su Geophysical Research Letters, condotti da ricercatori dell'Università di Rutgers e di un istituto di ricerca giapponese, titolavano rispettivamente: “Gli schemi meteorologici invernali dell'emisfero nord si accordano all'estensione del ghiaccio nell'Artico” (10) e “L'influenza dei minimi di ghiaccio marino nell'Artico sugli inverni anormalmente freddi in Europa” (11). Nel 2010, il già menzionato Overland assicurava, su  Tellus A, che:

“I cambiamenti nella circolazione atmosferica su grande scala sono associati alla recente perdita di ghiaccio nell'Artico” (12).

Cosa che è stata riaffermata nel rapporto annuale “Arctic Report Card” del NOAA del 2011 (13). Il ghiaccio esercita una funzione di isolamento fra l'oceano e l'atmosfera che si trova al di sopra, per cui questa può raggiungere temperature estremamente basse. Ma quando il ghiaccio scompare, la temperatura in superficie deve essere superiore alla temperatura di congelamento dell'acqua di mare, -1,8°C. In questo modo si trasferisce energia dall'oceano all'atmosfera, alterando così la pressione e la circolazione atmosferica e favorendo le fasi negative della cosiddetta oscillazione Artica (14).

Nella fase positiva di questa oscillazione, la pressione atmosferica sulla superficie della zona artica è alta e questo mantiene l'aria fredda confinata in questa regione. Al contrario, nella fase negativa, le basse pressioni nel polo nord provocano un flusso d'aria fredda a latitudini molto inferiori a quelle dalla fase positiva (15), potendo così giungere fino all'Europa del sud. E' come lasciare la porta del frigo aperta: l'interno si riscalda, ma il freddo si espande in casa. Forse Rey stava pensando a questa metafora  quando si riferiva all'apertura della porta della Siberia. Il freddo entra (in questo caso) dalla Siberia, ora più fredda del normale, ma il frigo sta al polo.




Relazione fra la neve in Siberia ed il Jet Stream stabilita da Judah Cohen (Foto: National Science Foundation)

Da parte sua, Judah Cohen, direttore del'Atmospheric and Environmental Research Inc., un'organizzazione privata di previsione climatica per grossi clienti, cerca da anni degli indicatori in grado di anticipare la severità degli inverni. Cohen assicura di aver individuato nella quantità di neve in Siberia l'elemento che permette di anticipare la severità degli inverni nell'emisfero nord, attraverso una catena di  eventi dalla superficie alla stratosfera.

Temperature più alte significano maggior evaporazione, maggior quantità di vapore acqueo nell'atmosfera e, in generale, maggiori precipitazioni (16), quindi qui abbiamo una prima connessione. Cohen ha anche sviluppato un metodo di previsione dell'indice dell'oscillazione dell'Artico, finora ritenuta imprevedibile (17) e, nel gennaio scorso, ha formalmente pubblicato le sue conclusioni su Geophysical Research Letters (18).


Nel frattempo, alla fine del 2010, ricercatori del  Potsdam Institute for Climate Impact Research, uno dei migliori centri di ricerca europei su questo argomento, hanno segnalato i mari di Barents e di Kara, nel nord est della Russia, come l'origine del processo. Hanno mostrato il meccanismo per il quale quando, alla fine dell'estate questi mari e a differenza di quanto avviene normalmente, avessero perso la calotta di ghiaccio e si fossero riscaldati in modo significativo, negli inverni a seguire avrebbero prodotto ondate di freddo particolarmente forti (19). Secondo Vladimir Petoukhov, uno degli autori del lavoro:

“Chiunque pensi che l'assottigliamento di un ghiaccio lontano non abbia effetti si sbaglia di grosso. Nel sistema climatico esistono interconnessioni complesse e nei mari di Barents-Kara potremmo aver scoperto un potente meccanismo di retroazione positiva” (20).

Le condizioni dell'attuale episodio suggeriscono causalità

Bene. La superficie di ghiaccio dell'Artico nel 2011 si è ridotta in modo tale da raggiungere il minimo storico, dopo quello record del 2007 (21). Ma non solo questo. Quando, a partire dalla seconda metà dello scorso settembre, il ghiaccio marino Dell'Artico ha ripreso a formarsi, nei mari di Barents e Kara ciò non è avvenuto. Perlomeno fino alla fine di dicembre, come indicano esplicitamente gli ultimi dati  del National Snow and Ice Data Center (NSIDC) degli Stati Uniti (22). Di sicuro il ghiaccio nell'Artico non è mai stato così ridotto a Gennaio, come Gennaio scorso. Per catalogare un anno, nella graduatoria della superficie di ghiaccio dell'Artico, si è soliti aspettare il minimo annuale, sempre a settembre.  Ma se lo troviamo a gennaio, come si vede nel grafico, siamo di fronte al record assoluto. E se misuriamo il volume di ghiaccio, invece della superficie, osserviamo che la velocità di diminuzione è molto più alta. Al punto che si ritiene che il suo “ tipping point ” (punto di non ritorno) sia già stato superato (23). Quindi 1) si sta discutendo sulla relazione fra il cambiamento climatico e le ondate di freddo nell'emisfero nord in generale e si segnalano i mari di Barents e Kara come mediatori del processo; 2) i mari di Barents e Kara sono rimasti senza ghiaccio anche fino a dicembre; 3) l'oscillazione dell'Artico, da alcune settimane, è passata ad una fase molto negativa, da record (24; vedere grafico allegato con dati fino al 06.02.2012) e 4) si è prodotta un'ondata di freddo di particolare intensità che arriva fino all'Europa del sud.


Come può uno, a queste condizioni, chiedersi se c'è relazione fra una cosa e l'altra e rispondere “assolutamente no”? In termini medici, la diagnosi potrebbe forse non essere definitiva, ma senza dubbio la si riterrebbe compatibile col cambiamento climatico. Come sempre accade in un sano processo di avanzamento scientifico, prima di giungere a conclusioni definitive ci sono voci che manifestano prudenza o anche disapprovazione. Queste voci dicono che dobbiamo aspettare ancora per confermare il fenomeno in modo definitivo (28). Se in questa circostanza non è stato ancora attribuito il valore di verità scientifica definitiva è per due motivi. Uno è che non è certo quale sia l'uovo e quale la gallina (25). Ma c'è una correlazione significativa (non completa) e un meccanismo che è riprodotto nei modelli, cosa che induce a creder di più alla causalità che non alla casualità, anche se non è detta l'ultima parola (26). L'altra, conseguenza della prima, è che, per ora, non è possibile scartare la presenza di altri fattori (27) poco conosciuti, che siano o meno collegati all'alterazione dei meccanismi atmosferici risultanti dal cambiamento climatico che si trova alla base, sebbene questo sia già tanto come supposizione a questo punto. Alla fine, be', siamo in inverno. E di tanto in tanto queste cose accadono, anche col riscaldamento globale.

Il possibile significato della repentinità e dell'anticipo del cambiamento di stato

Alla fine, Florenci Rey fa riferimento alle improvvise discontinuità in un breve lasso di tempo come, lì sì, ad una manifestazione europea del cambiamento climatico di base. Anche questo richiede un chiarimento. Il cambiamento climatico in sé non è qualcosa che va necessariamente a causare improvvise discontinuità, salvo che con ciò non intendiamo l'aumento della frequenza dei fenomeni estremi, in particolare siccità e piogge torrenziali di intensità crescente rispetto a quanto registrato statisticamente e che non devono avvenire necessariamente in uno stesso luogo o momento. La stessa cosa si applica alle ondate di calore e a quelle di freddo. L'aumento progressivo delle temperature medie produce delle conseguenze nei raccolti e nel regno vegetale e animale molto più grandi di quanto i nostri sensi ci facciano supporre e provoca l'aumento del livello del mare, per adesso ancora incipiente ed appena percettibile.

Il problema delle improvvise discontinuità e di maggior variabilità risiede in qualcosa di qualcosa di ancora più preoccupante. Nella sua ricerca di indicatori che anticipano il cambiamento di stato del sistema climatico, o di qualsiasi suo sottosistema (i cosiddetti tipping points ), la comunità scientifica ha determinato che i sistemi in generale presentano particolari caratteristiche poco prima di passare ad un nuovo stato (29, 30, 31, 32, 33). Fra queste caratteristiche ci sono oscillazioni di maggior ampiezza. Bisogna segnalare, tuttavia, che questa ipotesi ha anche detrattori qualificati che segnalano che non è possibile fidarsi del comportamento di queste variabili a questo scopo e, alcuni, arrivando a ritenere questo tentativo un “wishful thinking” (Una pia illusione) (34) o segnalando che le transizioni potrebbero anche prodursi senza alcun preavviso (35, 36). Dato che non è concepibile che Rey, nell'esprimersi sulla repentinità, stesse dicendo il contrario di ciò che nella frase precedente negava con assolutezza, si può ritenere che si riferisse a ciò che ho appena descritto.

Meteorologi avanti e indietro

E' come se i meteorologi, le cui previsioni assicurano oggi un precisione considerevole, fossero avanti col tempo meteorologico ma fossero sempre indietro rispetto al clima. Dopo che da più di 30 anni si conosce il problema climatico, cominciano, timidamente, a parlarne pubblicamente, ma lo fanno quando i fenomeni potrebbero indicarci che il sistema si sia già destabilizzato e ci stiamo avvicinando ad un nuovo stato climatico, che non è una cosa qualsiasi. Ovviamente, è qualcosa di molto peggio e dalle conseguenze di un ordine di grandezza molto superiore a quelle di una ondata di freddo come quella attuale, che sia essa causata o meno dalla deglaciazione dell'Artico. Questi professionisti avranno sulle loro spalle, fra qualche anno, la responsabilità di aver avuto un posizione pubblica privilegiata dalla quale potevano avvertirci in tempo di quanto stava accadendo – favorendo così l'azione popolare e politica – e di non averlo fatto. Bene, diranno che non era un loro compito, che il tempo meteorologico è altro rispetto al clima. Per questo motivo occorre riconoscere il valore della relazione di Florenci Rey, anche con le sue debolezze.

Concludendo, potremmo avere la tentazione di credere che questi episodi particolarmente freddi compensino quelli più caldi di altri periodo dell'anno. Questo non è vero in nessun modo, poiché non solo le medie in spazio e tempo della temperatura continuano ad aumentare anno dopo anno (37), ma anche gli inverni, nonostante la loro maggior variabilità, sono per lo più caldi: sette degli inverni del primo decennio di questo secolo sono stati più caldi di un inverno medio fra il 1950e il 1980. E in estate la relazione è, qui sì, assoluta: 10/10 (38, 39).

A Complemento

Il meteorologo statunitense Jeff Masters racconta l'oscillazione dell'Artico alla National Public Radio e prevede molto freddo per quel che resta dell'inverno (audio in inglese ).

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I riferimenti bibliografici numerati si trovano a questo link.

lunedì 28 marzo 2011

I burattini del clima



E dopo che viene fuori che hanno pagato 300 euro a una tizia per far finta di essere una terremotata dell'Aquila, qualcuno pensa ancora che certe persone che scrivono sui commenti dei blog non siano pagati per dir male della scienza del clima e degli scienziati?

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Da "La Repubblica" del 28 Marzo 2011

"Terremoto, ricostruzione perfetta"
finta aquilana in tv, bufera su Forum

Figurante reclutata per raccontare il miracolo del governo. Subito smascherata in rete. "Pagata trecento euro per leggere un copione". Protesta il Comune

di GIUSEPPE CAPORALE
 
L'AQUILA - Mediaset manda in onda una finta terremotata pagata 300 euro. Pagata per leggere un copione scritto dagli autori del programma Forum, condotto da Rita Dalla Chiesa su Canale 5. "L'Aquila è ricostruita"; "Ci sono case con giardini e garage"; "La vita è ricominciata"; chi si lamenta "lo fa per mangiare e dormire gratis". Per questo "ringraziamo il presidente..." . "Il governo... ", precisa la conduttrice.

Marina Villa, 50 anni, nella trasmissione di venerdì si dichiara "terremotata aquilana e commerciante di abiti da sposa" in separazione dal marito Gualtiero. Ed è lì in tv con il coniuge a discutere della separazione davanti al giudice del tribunale televisivo. Ma è tutto finto: lei non è dell'Aquila, non è commerciante, il vero marito è a casa a Popoli, il paesino abruzzese nel quale la coppia vive: si chiama Antonio Di Prata e con lei gestisce un'agenzia funebre.

L'assessore alla Cultura dell'Aquila, Stefania Pezzopane, ha scritto una lettera a Rita Dalla Chiesa: "Nella sua trasmissione, persone che, mi risulta, non hanno nulla a che vedere con L'Aquila, hanno fatto un quadro distorto e assolutamente non veritiero". Quando scoppia la polemica anche su Facebook, non è difficile rintracciare Marina. "Ma che vogliono questi aquilani? Ma lo sanno tutti che è una trasmissione finta". Si dice, la signora Villa, molto sorpresa dalla rabbia dei terremotati: "Ma che pretendono. Io non c'entro nulla. Ho chiesto di partecipare alla trasmissione e quando gli autori hanno saputo che ero abruzzese, mi hanno chiesto di interpretare quel ruolo. Mi hanno spiegato loro quello che avrei dovuto dire". Marina racconta di essere stata pagata: "Mi hanno dato 300 euro. Come agli altri attori. Anche Gualtiero, che nella puntata interpretava mio marito, recitava. Lui è un infermiere di Ortona. Hanno scelto un altro abruzzese per via del dialetto".

Ecco il copione di Marina in tv: "Hanno riaperto tutti l'attività. I giovani stanno tornando". Durante il terremoto "sembrava la fine del mondo, non riuscivo a capire se era la guerra, la casa girava. Si sono staccati i termosifoni dal muro". Ora invece è tutto a posto: "Vorrei ringraziare il presidente e il governo perché non ci hanno fatto mancare niente... Tutti hanno le case con i giardini e con i garage, tutti lavorano, le attività stanno riaprendo". Le fa eco la Dalla Chiesa: "Dovete ringraziare anche Bertolaso che ha fatto un grandissimo lavoro". E giù applausi. Mentre Marina aggiunge: "Quello volevo pure dire". "Inizialmente - continua il copione - hanno messo le tendopoli ma subito dopo hanno riconsegnato le case con giardino e garage. Sono rimasti 300-400 che sono ancora negli hotel e gli fa comodo". "Stanno lì a spese dello Stato: mangiano, bevono e non pagano, pure io ci vorrei andare". Ma lei non è dell'Aquila, la notte del 6 aprile 2009 era a casa a Popoli. È stata solo finta terremotata a pagamento per un giorno su Mediaset.

(28 marzo 2011)

martedì 22 febbraio 2011

L'armata dei robot negazionisti

Siamo attaccati dai robot negazionisti?


Arrivano dal web notizie assai strane e preoccupanti sull'uso di programmi molto sofisticati per inquinare il dibattito su internet. Ne trovate notizia, per esempio,  sul "Daily Kos" oppure su "Climate Progress". Sono i "denier bot", i robot negazionisti all'attacco.

Recentemente sono stati resi pubblici alcuni messaggi interni a una ditta che si chiama HBGary specializzata in comunicazione. Parlano di creare una vera e propria armata di "marionette digitali" (sockpuppet) con lo scopo di invadere gli spazi di discussione di internet con un gran numero di false personalità - tutte dedicate a spargere notizie false e opinioni contraffatte, soprattutto in campi come la difesa dell'ambiente, il cambiamento climatico e cose del genere.


Certe cose fanno impressione, per esempio, su "DeSmog Blog" leggiamo che questi parlano di:

"... creare un esercito di marionette dotate di un sofisticato software di  “gestione del personaggio" che permette a un piccolo gruppo di solo poche persone di apparire come se fossero tanti, allo stesso tempo evitando che i personaggi si sovrappongano uno sull'altro. Poi, in più, il gruppo può automatizzare alcune funzioni, cosicché un solo personaggio può apparire come un'intera rivolta di colletti bianchi."

Non è chiaro se questo tipo di software esista veramente e se venga utilizzato. Ma, sicuramente, è possibile realizzarlo.

Se questo tipo di cose si diffonde (e forse si è già diffuso), le conseguenze saranno (sono?) pesanti per quello che noi continuiamo a chiamare il "dibattito." Pensiamo che quelli che ci parlano su internet nei commenti e nei gruppi di discussione siano esseri umani e come tali meritevoli di risposta. E invece non lo sono. Camminano tra di noi.

In Italia, per fortuna, sembra che a queste cose non siamo ancora arrivati, per ora. Invece dei sofisticati robot-negazionisti ci dobbiamo contentare del nostro Claudio Costa che, in confronto, fa quasi tenerezza. Ma ho il dubbio che arriveranno presto anche da noi.

Vi passo qui l'articolo di Desmog blog - da meditare.
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Are Climate Deniers and Front Groups Polluting Online Conversation With Denier-Bots?

 
There appears to be an increasingly sophisticated and planned effort by conservatives and polluter front groups to use “persona management” software to pollute social media outlets and website comment forums with auto-generated sockpuppet swarms designed to mislead and misrepresent real people.

Leaked emails from Aaron Barr, CEO of a federal subsidiary for HB Gary, disclose the latest efforts and technology used underhandedly for “ganging up on bloggers, commenters and otherwise ‘real’ people to smear enemies and distort the truth.”

This phenomenon was first reported by Happy Rockefeller over at Daily Kos.

ClimateProgress is following this issue, particularly when it comes to the online discussion about climate change, noting that readers joke about pre-programmed ‘denier-bots’ and “how the same arguments and phrasings keep cropping up in the comments’ section of the many unmoderated news sites on the web.”

While proof that some of our democratic debate is artificial may come as a revelation for some, and be unsurprising for others, the implications are significant. It is increasingly difficult to know with any certainty whose comments are real, and it is undeniable that some readers are susceptible to bandwagon mentality when they see large amounts of comments and ‘support’ for particular interests. The Koch Brothers with their many campaigns of disinformation are master manipulators of debate and are merely one, albeit a high-profile example, of human and media manipulation.

The following excerpts come from Happy Rockefeller’s discussion: 

…HB Gary people are talking about creating “personas”, what we would call sockpuppets. This is not new. PR firms have been using fake “people” to promote products and other things for a while now, both online and even in bars and coffee houses.

But for a defense contractor with ties to the federal government, Hunton & Williams, DOD, NSA, and the CIA –  whose enemies are labor unions, progressive organizations,  journalists, and progressive bloggers –  a persona apparently goes far beyond creating a mere sockpuppet.

According to an embedded MS Word document found in one of the HB Gary emails, it involves creating an army of sockpuppets, with sophisticated “persona management” software that allows a small team of only a few people to appear to be many, while keeping the personas from accidentally cross-contaminating each other. Then, to top it off, the team can actually automate some functions so one persona can appear to be an entire Brooks Brothers riot online.

Persona management entails not just the deconfliction of persona artifacts such as names, email addresses, landing pages, and associated content.  It also requires providing the human actors technology that takes the decision process out of the loop when using a specific persona.  For this purpose we custom developed either virtual machines or thumb drives for each persona.  This allowed the human actor to open a virtual machine or thumb drive with an associated persona and have all the appropriate email accounts, associations, web pages, social media accounts, etc. pre-established and configured with visual cues to remind the actor which persona he/she is using so as not to accidentally cross-contaminate personas during use.


This is an excerpt from one of the Word Documents, which was sent as an attachment by Aaron Barr, CEO of HB Gary’s Federal subsidiary, to several of his colleagues to present to clients:


To build this capability we will create a set of personas on twitter,‭ ‬blogs,‭ ‬forums,‭ ‬buzz,‭ ‬and myspace under created names that fit the profile‭ (‬satellitejockey,‭ ‬hack3rman,‭ ‬etc‭)‬.‭  ‬These accounts are maintained and updated automatically through RSS feeds,‭ ‬retweets,‭ ‬and linking together social media commenting between platforms.‭  ‬With a pool of these accounts to choose from,‭ ‬once you have a real name persona you create a Facebook and LinkedIn account using the given name,‭ ‬lock those accounts down and link these accounts to a selected‭ ‬#‭ ‬of previously created social media accounts,‭ ‬automatically pre-aging the real accounts.


In another Word document, one of the team spells out how automation can work so one person can be many personas:


Using the assigned social media accounts we can automate the posting of content that is relevant to the persona.  In this case there are specific social media strategy website RSS feeds we can subscribe to and then repost content on twitter with the appropriate hashtags. In fact using hashtags and gaming some location based check-in services we can make it appear as if a persona was actually at a conference and introduce himself/herself to key individuals as part of the exercise, as one example.  There are a variety of social media tricks we can use to add a level of realness to all fictitious personas.
There is no solution to this sort of third party and vested interest manipulation, but certainly making more people aware that this is a major issue is a great start to ensuring our conversation is real, and not overrun with denier bots.

mercoledì 5 gennaio 2011

Diversamente esperti di clima


Quelli che negano il cambiamento climatico o il ruolo dell'uomo nello stesso possono essere estremamente aggressivi e offensivi. La loro aggressività si manifesta sia a parole, con l'uso di termini come "catastrofista", "allarmista" (o anche di peggio) sia in immagini, come quella che vediamo qui sopra. Tuttavia, si arrabbiano a morte quando vengono definiti come "negazionisti climatici"


Una cosa abbastanza comune del dibattito sul cambiamento climatico è che quelli che lo negano, o ne negano l'origine umana, si arrabbiano a morte quando vengono definiti "negazionisti climatici".

Il fatto stesso che ci si arrabbino tanto vuol dire che in qualche modo il termine li coglie sul vivo. In effetti, è un termine che li descrive esattamente per quello che sono: ovvero persone che partono da idee preconcette, cercando poi di interpretare i dati scientifici in modo da supportarle; inventandosi dati e teorie se necessario. E' questo che li fa arrabbiare tanto: il fatto che chiamandoli così vai a vedere il loro bluff. Gli fai vedere che hai capito chi sono e che cosa hanno in testa e che non ti fai imbrogliare.

D'altra parte, proprio quelli che si offendono tanto a essere chiamati "negazionisti" non hanno nessuna remora a usare termini offensivi per i loro avversari, definendoli come "allarmisti", "catastrofisti," "serristi," e altro. E il loro uso di queste parole è più comune di quello di "negazionista". Se cerchiamo su Google la combinazione di "climatico" con i vari termini, "catastrofista" la vince alla grande. Infatti, troviamo (Gennaio 2011) :

Catastrofisti 90.000
Allarmisti 69.000
Negazionisti 10.500
Serristi 2800

Altre combinazioni di parole trovano numeri diversi ma, in generale questa è la classifica. Certamente sono molto più aggressivi "loro" nell'uso di termini pesantucci.

Ora, potrebbe valer la pena di fare una specie di "gentlemen's agreement" e di smettere tutti di usare questi termini? Forse si, ma nella pratica sarebbe impossibile per certa gente che avrebbero tutto da perdere. Non hanno argomenti, hanno soltanto insulti; quindi non possono smettere di insultare la gente.

D'altra parte, è anche vero che se gli dai una scusa per lamentarsi ("ci accomuni ai negazionisti dell'olocausto!!) gli fai un piacere dato che così possono atteggiarsi a vittime innocenti. Quindi forse è meglio non fargli un piacere. Con un po' di fantasia, possiamo usare altri termini. Ne suggerisco alcuni.


1. Negatori
2. Contraristi
3. Pseudoscettici
4. Antiscienza
5. Irresponsabili
6. Paleo-ottimisti
7. Terrapiattisti
8. Confusionisti
9. Ecoandicappati
10. Diversamente esperti



L'unica cosa, però, evitiamo di chiamarli "scettici" che è un onore che non si meritano.


Come nota aggiunta dopo la pubblicazione, menziono anche il termine "bigoilisti" (da "big oil") inventato da Sylvie Coyaud, come pure il libro di Stefano Caserini "Guida alle leggende sul clima che cambia" (Edizioni Ambiente) che fa ampio uso del termine "negazionisti" applicato a quelli che se lo meritano.







sabato 18 dicembre 2010

giovedì 9 dicembre 2010

Smascherare l'imbroglione: Ben Santer demolisce Pat Michaels



Mi dispiace che questo video sia soltanto in inglese, ma se ce la fate a seguire il dialogo ne vale veramente la pena. E' stupendo. 

Comunque, se non masticate abbastanza bene l'inglese, vi riassumo qualcosa di un dibattito dove si vede la differenza fra un vero esperto e un pataccaro.

Abbiamo qui Pat Michaels (il pataccaro) che dibatte con Ben Santer (l'esperto). Veramente Michaels ci fa una figura di xxxxx incredibile. Si scava, come si suol dire, la fossa con le sue stesse mani. Evidentemente, credeva di poter imbrogliare come sempre, ma non si rende conto di quale avversario ha di fronte.

Così il povero Michaels comincia con un conticino alla buona in cui somma le forzanti positive e le forzanti negative del clima e dice che - secondo lui - il risultato è che il riscaldamento globale è stato solo di 0.3 gradi e non 0.7 come dice l'IPCC. Allora, se l'IPCC ha sbagliato su questo punto, ne consegue che il riscaldamento globale è tutto un imbroglio.

"Eh, no, bello mio," gli fa notare Ben Santer. "Se vuoi fare questo conticino, non puoi imbrogliare lasciando fuori uno dei fattori. Ti sei dimenticato dell'effetto degli aerosol - che è negativo (raffreddamento) e che se lo sommi al totale dei dati ti da il valore che l'IPCC ha scritto nel suo rapporto" (mi fa impazzire come questi immondi pataccari credano di poterti raccontare che gli scienziati non sanno fare nemmeno le somme e le sottrazioni)

Vale la pena di vedere la faccia di Pat Michaels a questo punto. Avete presente il bambino colto con il barattolo della marmellata in mano? Si intorta a cercare di dire "si, beh, mah, però c'è da tener conto dell'incertezza e allora l'effetto degli aerosol non è ben noto....."

A questo punto, Ben Santer gira il coltello nella piaga: "Che bravo che sei, Pat! Ma non hai capito niente degli aerosol. E, soprattutto, se pensi che l'incertezza sia così importante, com'è che tu fai vedere dei dati, nel tuo conto, dove non si vede nessuna barra di errore: incertezza zero?"

E continua così..... come dicevo, è bellissimo!

Ne tiriamo fuori un insegnamento: Pat Michaels passa come uno dei più ferrati fra i negazionisti (è del Cato Institute). Però, non deve far paura a nessuno: guardate la debolezza dei suoi argomenti: è stupefacente. Se ti fai bene i tuoi compiti a casa, questi pataccari da quattro soldi li puoi sempre demolire.

Vedetevelo commentato da Greenman a questo link:

http://climateprogress.org/2010/12/08/video-ben-santer-pat-michaels/

martedì 11 maggio 2010

Il nerd ed il sole


Una delle falsità che vengono propagate dai negazionisti è che i climatologi ignorino l'attività del sole nei loro modelli. Come dire, che gli ingegneri nella progettazione degli edifici ignorino la gravità o nella costruzione di un ponte ignorino il vento.

I climatologi, come tutti gli scienziati, potranno anche essere incapaci di comunicare, chiusi nel proprio guscio, restii ai cambiamenti e socialmente inetti (dei nerd, insomma), ma non sono certo così idioti da ignorare il *sole*  quando si parla di *riscaldamento* globale (in realtà è proprio il contrario, nel loro lavoro sono piuttosto bravini).

Pensare una cosa del genere, ma come si fa ad essere così arroganti (e stupidi)? Qui abbiamo migliaia di persone che collettivamente dedicano l'intera vita professionale a studiare come varia il clima, parliamo di 10e14/10e15 neuroni che in qualsiasi momento delle 24 ore sono focalizzati sul problema del cambiamento climatico. Un autentico esercito che utilizza il rigore del metodo scientifico, la ragione, la logica e i dati più sofisticati e i mezzi più avanzati che abbiamo mai avuto nella storia dell'umanità, per capire se e come la terra si scalda. Tra l'altro questo è un esercito che fa una sanguinosissima guerra civile, visto che la ricerca della fama e la carriera richiedono l'affermazione delle proprie idee e quindi la demolizione delle opinioni contrastanti. Chi sopravvive è un autentico Rambo.

Poi arriva l'Uriel di turno che pensa che tale prodotto darwiniano di una enorme attività intellettuale e tecnologica è puro escremento bovino e che solo lui col suo blogghetto ti può spiegare le cose. Io proprio non capisco questo genere di arroganza.

Comunque torniamo al punto. Dicevamo del sole. Nei modelli si tiene conto di quello che si sa al momento, e nel caso specifico che il Sole come forzante climatica da un certo momento in poi ha inciso in maniera trascurabile e di conseguenza il parametro viene adeguatamente fattorizzato nei modelli.

Come si sa questo? Da una carrettata di lavori passati attraverso il più massacrante processo di revisione (chi fa questo lavoro, vi garantisco non ci dorme la notte a causa dei reviewers, altro che Uriel). Skeptical science ne ha fatto una raccolta.

L'ultimo in ordine di tempo è del marzo 2010 e ha concluso che il sole in caso di un un nuovo minimo di Maunder non potrebbe influire per di più di 0.3 gradi Celsius su un aumento di circa 4 gradi dovuto ai gas serra.


Ok, ma possibile che tutti questi nerd dicano che il sole non scalda? Certo che lo dicono, per esempio Lockwood et al hanno appena pubblicato che l'attuale minimo solare ha un effetto *locale* sull'Europa non grandissimo, ma altamente significativo di 0.5 gradi sulla media. Qui da noi col sole al minimo fa più freddo che altrove. Questo analizzando i dati del Regno Unito degli ultimi 350 anni e armonizzando i risultati con dei semplici modelli che tengono conto delle dinamiche atmosferiche rispetto al riscaldamento solare e che spiegano come l'Europa sia un po' più influenzata dall'attività del sole. Il resto del mondo, not so much.

Il nerd sarà socialmente inetto, ma come dicevo prima, il suo mestiere lo sa fare bene, come minimo occorre pensare a quei milioni di miliardi di neuroni che proprio in questo preciso momento stanno lavorando su tutto ciò, prima di aprire bocca.

Aggiornamento: ho cambiato lievemente il testo per chiarire meglio alcuni termini e riferimenti (vedi commenti).

L'era glaciale continua a farsi attendere


Meteo e clima sono due cose diverse. Il primo è un fenomeno locale mentre l'altro ha una natura globale.

Anche un bambino capisce questo semplice concetto, non servono certo i climatologi. Il semplice buon senso dovrebbe dirci che quando arriva un'ondata di gelo è una sciocchezza sostenere che il riscaldamento globale non esiste e che anzi stiamo "evidentemente" andando verso una nuova era glaciale (ovviamente questo vale anche per le argomentazioni in senso contrario). Basta quindi usare il cervello per riconoscere questo tipo di argomenti come delle emerite castronerie e classificare come venditori di fumo quelli che se ne servono.

Come per esempio Fox News, il più sfacciato rappresentante degli interessi delle grandi corporazioni, inclusa  l’industria militare, petrolifera e del tabacco. Questo inverno infatti tutti i media di Murdock hanno suonato i loro tromboni contro la scienza del clima quando ci sono state massicce tempeste nel territorio americano. Più si spalava la neve via dalle strade e più loro spalavano letame addosso ai climatologi. Ovviamente ad un migliaio di chilometri da Seattle i canadesi dovevano usare la neve artificiale per far svolgere le olimpiadi invernali, ma questo piccolo dettaglio semplicemente spariva dai telegiornali.

Ok, adesso che l’ inverno è finito, che è successo alla neve americana? Sarà ancora tutta là come monito per gli stolti verso l'imminente arrivo della nuova era glaciale?

Non esattamente.

Il NOAA ci fa sapere nel suo rapporto mensile che non solo in aprile continua l’anomalia di caldo in larga parte del territorio americano, ma anche che il "Rutgers Snow Lab" riporta questo mese come in assoluto quello che ha avuto la copertura di neve nel Nord America più piccola e l'anomalia di questo tipo più grande mai documentata.

mercoledì 24 febbraio 2010

Se tiri fuori la pistola, è per uccidere!


Non mi ricordo più in quale film di John Wayne si sentono le parole "Se tiri fuori la pistola, è per uccidere." Forse non era nemmeno un film di John Wayne, ma non importa. E' una frase che rende bene l'idea che se tiri fuori un'arma qualsiasi corri il rischio che il tuo nemico ne usi una equivalente contro di te. E' quello che in termini strategici si chiama "Escalation".

La stessa regola di John Wayne vale per l'escalation mediatica, ma in questo caso non si parla di eliminazione fisica dell'avversario. Si parla piuttosto della sua eliminazione mediatica: il termine tecnico è "character assassination" (assassinio del personaggio). E' una tecnica potentissima che, però, va usata con molta cautela perché, come per tutte le armi potenti, chi la usa per primo si espone a una ritorsione con gli stessi metodi.

Negli ultimi tempi, abbiamo visto la lobby dei negazionisti climatici fare un salto di letalità nello scontro mediatico. Se prima la loro tattica era di negare o distorcere la realtà dei fatti o la loro interpretazione, adesso si sono mossi attaccando direttamente le figure degli scienziati di spicco: Michael Mann, Rajendra Pachauri, Keith Briffa, Phil Jones e altri sono stati accusati senza mezzi termini di aver falsificato i dati per interesse personale.

Difficilmente si può pensare a un insulto più pesante: per un ricercatore, falsificare i dati è un abominio, è il massimo dell'abiezione, è la cosa che sta al primo posto in assoluto nella lista delle cose da non fare. Uno scienziato che falsifica i dati è come un prete pedofilo, un pompiere incendiario, un impresario di pompe funebri necrofilo; cose del genere, insomma.

Nella cronaca ci sono casi di persone che tradiscono la loro professionalità, ma non si può fare di ogni erba un fascio e dire, per esempio, che i preti sono tutti pedofili a partire da un caso di cronaca. Qui, invece, vediamo un attacco mediatico che mira all'assassinio della reputazione di un gruppo di scienziati - fra le altre cose senza nemmeno una base reale. Ma è un attacco che si è espanso a minare la reputazione di tutta la scienza del clima e - di riflesso - di tutta la scienza.

Come dicevo prima, sono armi estremamente letali che si prestano a una ritorsione altrettanto letale. In effetti, stiamo vedendo l'inizio di questa ritorsione e i negazionisti hanno molto da temere se le tecniche di assassinio del personaggio verranno usate contro di loro.

Per esempio, un personaggio molto equivoco fra i negazionisti è Steve McIntyre del sito "ClimateAudit". McIntyre è molto noto su internet per la sua ossessiva campagna, una specie di stalking, contro Michael Mann e il suo "hockey stick" (la "mazza da hockey"). Sebbene il lavoro di Mann sia stato confermato e validato da tutti gli studi successivi in proposito, McIntyre è riuscito a convincere molta gente che era "sbagliato".

Ma chi è McIntyre per lanciarsi in questa impresa di demolizione del lavoro non solo di Mann ma di tutti quelli che hanno lavorato su ricostruzioni paleoclimatiche?

Beh, McIntyre è uno che come affidabilità non è che sia gran ché, anzi è pessimo. Tanto per fare un'esempio, in un suo documento si lancia a dichiarare che i ghiacciai alpini al tempo dei Romani erano molto più ridotti degli attuali, e ci fa vedere anche una figura che mostra i ghiacciai quasi scomparsi come dovevano essere "al tempo dei Romani". Peccato che se si va a vedere la sorgente di questa affermazione troviamo che non è vero niente. E l'immagine l'ha presa da una rivista popolare!

E questo sarebbe uno di quelli che criticano l'IPCC perché ha parlato dei ghiacci himalayani senza citare un articolo "peer reviewed"? E uno che si inventa di sana pianta queste cose dovrebbe essere quello che va a correggere il lavoro degli scienziati? 


In effetti, a un'analisi dettagliata del personaggio che è Steve McIntyre vengono fuori cose interessanti. C'è di mezzo APCO, una lobby finanziata da aziende petrolifere. McIntyre è connesso con il senatore James Inhofe, noto negazionista, e con i "friends of science" un classico caso di quello che si chiama "astroturfing", ovvero di infiltrati che portano avanti gli interessi delle lobby del carbone e del petrolio sotto una falsa bandiera ambientalista. E altre cosette che potete leggervi da voi su questo link....

E' non è questione del solo McIntyre. Se vi leggete il libro di Jim Hoggan "Climate Cover-up" troverete un interessante lista di loschi figuri che si atteggiano a scienziati disinteressati che sono sul libro paga dei vari think thank americani a loro volta pagati dalle compagnie petrolifere o del carbone. Insomma, c'è una banda di gente, là fuori, pagata per imbrogliarci.

Adesso che siamo arrivati all'assassinio del personaggio, le pallottole volano e si tratta di vedere chi rimarrà in piedi. In questo gioco, i negazionisti climatici hanno tutto da perdere.