giovedì 9 ottobre 2014

Un grafico: quanti uccelli vengono uccisi dall'eolico, dal solare, dal petrolio e dal carbone?

Da “Climate Progress”. Traduzione di MR

Di Emily Atkin

Foto: Shutterstock

In risposta alle crescenti accuse sia da parte degli ambientalisti sia dei conservatori secondo le quali le fonti rinnovabili di energia come solare ed eolico uccidono troppi uccelli, il U.S. News and World Report ha compilato i dati sulle responsabilità delle industrie energetiche rispetto alla maggior parte delle morti di uccelli ogni anno. Per ogni fonte energetica – eolico, solare, petrolio e gas, nucleare e carbone – i dati sulle morti di uccelli vengono raccolti da diversi gruppi industriali e di pressione, istituzioni accademiche e fonti governative. Siccome le stime varia molto su solare, eolico e petrolio, il U.S. News ha incluso sia la stima minima sia la stima massima di quanti uccelli vengono uccisi da quelle fonti di elettricità.

In entrambi i casi, i risultati mostrano che anche considerando le stime massime delle rinnovabili in confronto alle minime dei combustibili fossili, questi ultimi sono responsabili di molte più morti di uccelli del solare e dell'eolico. Osservate il grafico sotto:



Un grafico del U.S. News and World Report mostra le stime di quanti uccelli vengono uccisi ogni anno dalle diverse fonti energetiche.

I risultati dovrebbero essere presi con beneficio di inventario. Come ha usservato il U.S. News, ogni studio ha usato una diversa metodologia per estrapolare i propri numeri. “Non c'è un modo standard di fare sul quale tutti possano essere d'accordo”, ha detto alla rivista Garry George, il direttore per l'energia rinnovabile di Audubon California. In aggiunta, alcune delle ricerche usate sono datate e non tengono conto che gli impianti di energia rinnovabile stanno aumentando negli Stati Uniti. Per esempio, lo studio usato per stimare le morti degli uccelli provocato dall'eolico statunitense era del 2009 e l'eolico è aumentato in modo sostanziale negli Stati uniti da allora. Secondo l'Associazione per l'Energia Eolica Americana, la capacità eolica totale installata negli Stati uniti era di circa 35.000 megawatt – un numero che è aumentato a fino a circa 61.000 nel 2014. Questi numeri stanno a loro volta aumentando, in quanto più di 12.000 megawatt di capacità eolica erano in costruzione alla fine del 2013, secondo la AWEA. La ricerca cambia anche a seconda delle fonti. Sia le stime minime sia le stime massime delle morti provocate dall'energia eolica provengono da uno studio peer-reviewed della rivista Biological Conservation e sono stati essenzialmente una ricognizione degli studi peer-reviewed sui dati disponibili sulla materia fatti da altri scienziati. Per il petrolio e il gas, sia le stime minime sia le stime massime sono venute da un memoriale dell'Ufficio per la Gestione del Territorio del 2012.

La stima minima di morti di uccelli provocate dall'energia solare provengono dall'azienda solare BrightSource, che è stata recentemente accusata dal Centro per la Diversità Biologica di gestire una fattoria solare che uccide 28.000 uccelli all'anno. Le stime massime provengono dal Centro per la Diversità Biologica, la cui stima provien solo da quella fattoria solare in California. Le morti di uccelli provocate da fattorie solari sono state stimate come relativamente basse, comunque – uno studio del U.S. Fish and Wildlife dell'inizio di quest'anno ha scoperto solo 233 morti di uccelli in tre diverse fattorie solari in California nel corso di due anni. In quanto al carbone, quei numeri sulla morte di uccelli provengono da uno studio peer-reviewed contenuto nella rivista Renewable Energy. Quella stima aveva una metodologia più radicale, comunque, con l'autore che include tutto dall'estrazione del carbone alla produzione – e le morti di uccelli causate dal cambiamento climatico che le emissioni del carbone producono. Insieme, queste ammontavano a circa 5 uccelli per gigawatt/ora di energia prodotta dal carbone, quasi 8 milioni all'anno. In ogni caso, l'U.S. News osserva che nessuno di questi numeri può competere coi gatti, che si stima uccidano da 1,4 a 3,7 miliardi di uccelli ogni anno.

lunedì 6 ottobre 2014

Le Moire.

Di Jacopo Simonetta


Come tutti i miti, anche quello delle Moire (o delle Parche, o delle Norne) è conosciuto in molte versioni.   In genere vengono descritte come entità divine,  di natura profondamente diversa dagli Dei Olimpici, le quali concedono ad ognuno il proprio Fato.

Cosa questo ha a che fare questo con noi oggi?   Molto, secondo me;  malgrado a scuola mi abbiamo insegnato che la mitologia altro non sarebbe che unarappresentazione favolosa di fenomeni  incomprensibili.    Al contrario, la tradizione gnostica ci assicura dell’importanza che l’immagine simbolica aveva nel pensiero classico.   “La verità non è venuta al mondo nuda, ma vestita di immagini e di simboli” (Vangelo di Filippo) è solo una delle tante citazioni possibili a questo proposito.  

Per millenni, si è ritenuto che pensiero intuitivo e pensiero analitico fossero procedimenti diversi e sinergici; e che i miti descrivessero per via intuitiva quelle stesse leggi della Natura che la scienza si sforza di dissuggellare grazie al pensiero analitico.   Oggi la maggior parte delle persone la pensa molto diversamente, ma personalmente, continuo a credere che gli scienziati trarrebbero molto vantaggio dallo studio della mitologia e, viceversa, che gli umanisti farebbero bene a  studiare le scienze naturali.

Facciamo un esempio:   I fisici cercano una “legge del tutto”.   Una legge, cioè, da cui possano essere derivate tutte le leggi fisiche, così come le leggi chimiche possono essere derivate da quelle della fisica; ma finora gli sfugge.   Hanno intuito che deve esistere, ma non sono ancora riusciti a capire come funziona.   Non è una ricerca nuova.   Gli studiosi ed i filosofi cercano questa legge da millenni ed hanno spesso trovato delle risposte, almeno parziali, basate su di un rigore logico che fa ancora scuola, ma soprattutto su di un costante allenamento al pensiero intuitivo e simbolico che noi abbiamo accantonato con la “rivoluzione scientifica”.

Di solito, dati di base diversi e metodi diversi danno risultati diversi.   Ma talvolta danno invece risultati comparabili e quando succede questo, a mio avviso, è un indizio molto forte che siamo sulla buona strada. Senza pretesa di completezza e precisione scientifica, vorrei quindi qui suggerire quello che, secondo me, è un possibile parallelismo fra le leggi fisiche e le tre guardiane del Fato.

1 –  Cloto fila la fibra di cui è fatta la vita.   Fin dall'antichità le trasformazioni dell’energia avevano attratto l’attenzione degli scienziati, ma fu Lavoisier nel XVIII° secolo ad enunciare il famoso principio “Nulla si crea, nulla si distrugge, ma tutto si trasforma”.  Lui si riferiva alla materia, ma Einstein ci ha insegnato che materia ed energia sono intercambiabili e la prima legge della termodinamica afferma appunto che l’energia si trasforma, ma non si crea, né si distrugge.   Dunque tutto inizia da qualcosa che non si può né creare né distruggere, ma che fluisce, come un filo dal fuso.

2 - Lakesi   raccoglie il filo in un gomitolo.   Il primo ad intuire che l’evoluzione tende a massimizzare il flusso di energia che attraversa gli organismi fu Lodka nel 1922 e Odum capì che questa tendenza evolutiva doveva dipendere da una legge termodinamica ancora sconosciuta  che battezzò “Principio di massimizzazione della potenza”; ma è stato François Roddier che, nel 2010, ha osato enunciare ufficialmente le terza legge della termodinamica  (peraltro non da tutti accettata).    Questa legge sancisce che ogni volta che esiste un flusso di energia, la materia si auto-organizza per sfruttarlo creando delle strutture dissipative che evolvono in modo da accumulare al proprio interno il massimo possibile di informazione, scaricando di conserva il massimo possibile di entropia.   Il motore universale dell’evoluzione, dalle galassie alle società umane, sarebbe quindi l’incoercibile tendenza a massimizzare lo sfruttamento dell’energia disponibile, sviluppando strutture vieppiù complesse.

3  - Atropo taglia il filo della vita.    La quantità di energia è sempre la stessa, ma non la sua qualità, né la sua distribuzione nello spazio.   L’energia infatti non si produce e non si consuma, ma fluisce e si degrada da forme maggiormente capaci di produrre strutture complesse a forme che lo sono sempre meno, fino a quando si raggiunge uno stato in cui non esistono più gradienti e flussi di sorta; tutte le strutture scompaiono.   Probabilmente è da questa irreversibilità del flusso entropico che deriva l’irreversibilità del tempo (Prigogine, La fine delle certezze  1997).   E’ la famigerata “morte termica” che angustiava Nietzsche; invano perché costantemente Atropo taglia il filo dell’energia degli uni, rendendola così disponibile per altri.   “La morte è l’artificio mediante il quale la Natura mantiene la vita”, diceva Goethe, profondo conoscitore della mitologia greca.   Detto in termini scientifici, l’universo conosciuto è un sistema aperto che, dunque, non tende all'equilibrio (Roddier, Thermodynamique de l’evolution  2012).

Una delle tante eredità che ci hanno lasciato gli antichi è sapere che nessuno può modificare il Fato una volta che sia stato maturato. Perfino gli Dei, al massimo, lo possono accelerare o ritardare, ma non modificare.  Eppure  il fato non è predestinazione perché se l’oggi è determinato dagli eventi del passato, l’oggi è anche il passato del futuro in gestazione; quindi, entro i limiti imposti dagli eventi pregressi, è possibile oggi agire in modo da modificare il corso degli eventi futuri.    In altri termini, il Fato presente non può essere cambiato, ma in una qualche misura può esserlo il Fato futuro; non dagli Dei, bensì dagli uomini che, contemporaneamente, lo creano e  lo subiscono.   Perfino nelle più fosche tragedie esistono dei momenti in cui l’eroe potrebbe compiere una scelta che cambierebbe il corso degli eventi, ma non lo fa.   Ad esempio, quando i troiani irrompono nel campo acheo, alcuni dei principi cercano di convincere Ettore ha trattare e permettere agli invasori di andarsene.   Ma Ettore, ebbro della sua vittoria, si ostina a voler bruciare le navi nemiche.   Vedendo i suoi amici senza speranza, Achille si impietosisce a permette a Patroclo di intervenire, ricacciando i troiani fino alle porte della loro città.    Achille aveva dato preciso ordine al suo luogotenente di non attaccare le mura, ma questi, ebbro della sua vittoria, da l’assalto alla città e viene ucciso.    Come è andata a finire si sa, ma è importante notare che la predizione di Cassandra si avvera solo perché nessuno degli eroi della vicenda riesce ad uscire dalla logica che lo ha condotto nella situazione in cui si trova.    Per dirla con le famose parole di Einstein, nessuno  dei protagonisti riesce ad applicare ad un problema un modo di pensare diverso da quello che ha usato per crearlo.   Sia Ettore che Patroclo hanno l’occasione di fermare la guerra, ma preferiscono distruggere il nemico, provocando l’uno da distruzione di Troia e l’altro la morte del più caro amico.   In altre parole, non è una maligna volontà aliena che condanna gli uomini all'infelicità, ma lo loro ostinata  natura.

Coloro che già seguivano questo blog quando si chiamava “Effetto Cassandra” avranno immediatamente chiara l’analogia con quanto sta accadendo alla nostra civiltà; ennesima dimostrazione del valore di un mito che è indipendente dal tempo e dallo spazio perché radicato nella natura stessa dell’uomo e delle cose.

Tornando alla termodinamica, se la natura intrinseca delle strutture dissipative è la tendenza ad auto-organizzarsi per  produrre il massimo possibile di entropia, è evidente che solo fattori limitanti esterni, in particolare la carenza di energia utilizzabile (cibo, combustibili, ecc.) possono impedire ad un sistema di degradare il proprio ambiente e le proprie risorse fino all'auto-distruzione.     Teoricamente, sarebbe possibile scegliere di razionare il filo di Cloto e farselo durare a tempo indeterminato, ma questo presupporrebbe la capacità di opporsi con la forza della volontà e del pensiero ad una pulsione ben più che atavica: una pulsione intrinseca alla natura stessa della materia di cui siamo fatti.

Qualcuno lo ha fatto o lo sta facendo, ma non si può sperare che questo diventi un modo di pensare e di sentire abbastanza diffuso da cambiare il fato della nostra specie.   Come Ettore e Patrolco, finché potremo sperare di trionfare non fermeremo l’avanzata. Quando vedremo la nostra città in fiamme ed i nostri amici morire vorremmo averlo fatto, ma sarà tardi. Atropo avrà già tagliato il filo di Troia e di Achille, mentre Cloto avrà già cominciato a filare per Roma.   Dipenderà quindi dal coraggio e dalla capacità di Enea avviare un nuovo ciclo che, dopo una conveniente dose di sofferenze, di vittorie e di gloria, finirà alla stessa maniera per mano, stavolta, di Alarico.


sabato 4 ottobre 2014

Il liberismo economico come religione

DaThe Oil Crash”. Traduzione di MR


di Antonio Turiel

Cari lettori,

l'ultimo post della scorsa settimana era un piccolo racconto distopico, una narrazione esemplificativa di quelli che utilizzo per illustrare in forma più semplice, come in una parabola biblica, alcuni concetti più teorici e pesanti. Lo scorso anno queste narrazioni esemplificative  “la serie “Distopia”) sono andate abbastanza bene e di fatto uno di essi è cresciuto fino a diventare un racconto breve a puntate. (“Un futuro incerto”). Tuttavia, il racconto della settimana scorsa (che apre la serie di quest'anno) è stato accolto non troppo bene. Fra le centinaia di pagine scritte da me in questo blog sono riuscito a continuare a migliorare abbastanza il mio stile, ma le ragioni per le quali un determinato post riceve un'accoglienza migliore o peggiore continuano ad essere abbastanza lontane dalle mie intenzioni. Forse il post della settimana scorsa era troppo lungo (stavo pensando di fare più puntate, ma ho avuto paura di vedermi coinvolto nel vortice di redazione e pulizia stilistica che è stato “Un futuro incerto”, che ho redatto per intero in meno di due settimane); probabilmente, il problema era che il tema trattato era di poco interesse per il lettore abituale del blog (un'altra visione di un futuro totalitario e meschino), o forse in queste date molti lettori abituali sono già in vacanza e non è un momento particolarmente adatto per mettersi nel cuore un tipo di romanzo tale nel cuore.

Tuttavia, in questo post volevo introdurre la discussione di alcuni aspetti che credo siano cruciali per capire cosa sta succedendo e cosa succederà. Forse conviene ricordare in questo momento qual è la funzione di questo blog: non si tratta di fare un mero inventario delle nostre disgrazie e lamentarsi di ciò che si considera inevitabile. A mio modo di vedere, nulla è inevitabile e se dedico tempo a discutere un determinato argomento è perché credo che proprio l'azione positiva su di esso può portarci ad evitare gli scenari più sgradevoli. Per questo le relazioni che scrivo qui hanno questo taglio di “racconti esemplificativi”: si tratta di imparare (e correggere) tramite l'esempio.

E' che considero abbastanza importante rendere manifesto un problema e vado osservando (naturalmente non sono né l'unico né il primo a vederlo): la progressiva trasformazione del pensiero economico dominante – che chiameremo, per semplificare, “liberismo economico” o “neoliberismo” - in una religioni egemonica e totalitaria. A volte si dicono queste cose (“il vero Dio sono i soldi”) in modo generico, senza entrare troppo in dettaglio. Proprio in questo post (che sarebbe la teoria sulla quale si basa l'esercizio pratico letterario della settimana scorsa) vorrei mostrare che in realtà il liberismo economico come dottrina attualmente dominante ha sempre più le caratteristiche di una religione oppressiva ed inquisitoria, irrazionale e anti-empirica, repressiva e distruttiva. Proprio quello che mostravo nel post della settimana scorsa: i Rettori, che un tempo erano gli assessori economici del Governo, si erano trasformati in una casta con tutte le caratteristiche ecclesiali (alla fine del racconto, addirittura, si autoimpongono il celibato obbligatorio).

Lungo il post userò le idee di diversi pensatori economici di cui conosco le opere molto sommariamente; non darò riferimenti perché mi ci vorrebbe troppo trovarli. Senza dubbio, una persona con una conoscenza della storia dell'economia e del pensiero economico potrebbe dare una forma migliore a questo post, il quale pretende soltanto di essere un'introduzione divulgativa al problema.

Per analizzare il fenomeno della progressiva conversione dell'Economia Liberale imperante oggigiorno in religione dobbiamo prestare un'attenzione particolare al linguaggio, perché dato che le religioni si muovono sul terreno del pensiero astratto, l'unico veicolo che hanno per influire sul mondo per mezzo delle parole.

- Linguaggio egemonico: Oggigiorno si presenta il tema economico come qualcosa di indiscutibile, è l'unica verità possibile. All'inizio della crisi si discutevano ancora alcune alternative (Sarkozy ha avuto l'ardire di porre la necessità di “rifondare il capitalismo”), ma ora non è più possibile. Anche se ovviamente esistono correnti di pensiero economico alternative (come l'economia ecologica o l'economia del bene comune), queste sono confinate in ambiti accademici o marginalizzati. I rappresentanti di queste alternative (con qualche eccezione rilevante) raramente appaiono nei mezzi di comunicazione di massa e quando lo fanno sono programmi di contenuto sociale, come esempio di diversità culturale. Tuttavia, ogni volta che si analizza qualche aspetto della attualità economica, l'esperto è quasi sempre un uomo (interessante collegamento con la visione maschilista), vestito impeccabilmente come se fosse in costume (l'abito della moderna religione), di età media (né troppo giovane da sembrare un avventuriero, né troppo anziano da sembrare decrepito), aspetto risoluto (retorica sicura e travolgente, gesto torvo, frasi-cliché ripetute mille volte) e strettamente aderente al pensiero economico imperante. Ed anche se fortunatamente nei mezzi di comunicazione alternativi della rete si possono ascoltare altre voci, nemmeno lì c'è dibattito, perché i frequentatori abituali sono di opinioni analoghe , visto che raramente un economista mainstream si abbasserebbe a discutere con loro (i programmi di Radioactividad che io stesso ho registrato di solito sono un sequenziale  darsi ragione a vicenda mentre si parla). E' interessante evidenziare che proprio una delle poche persone che ha avuto occasione di confrontare visioni alternative a quelle egemoniche in mezzi di comunicazione di una certa portata è stato Pablo Iglesias, del movimento politico spagnolo Podemos (Possiamo) e che grazie al fatto di avere visualizzato un'alternativa, ha avuto un gran successo alle urne (e ovviamente non si commetterà mai più questo errore di aprire la discussione in un mezzo di comunicazione).

- Linguaggio totalitario: Nel linguaggio comune si è soliti identificare “totalitarismo” con “fascismo” e “repressione” ed anche se procedono a braccetto, non sono la stessa cosa. Il totalitarismo è più che altro una visione filosofica. Un'idea totalitaria è quella che abbraccia tutte le sfere delle relazioni umane e che alla fine finisce per regolare tutti gli aspetti del quotidiano, dal commercio al modo di oziare, dalla punizione alle relazioni sessuali. Secondo la dottrina del liberismo economico, al momento il regolatore unico delle relazioni umane è il mercato: tutti i prodotti dell'attività umana si sono ridotti a mercanzie (commodification, dicono in inglese) e pertanto hanno un valore economico e possono essere venduti e comprati nel mercato. Se per esempio un'azienda ha intossicato migliaia di persone, l'accento viene posto sulla ricerca di un indennizzo economico, in misura minore nel riparare il danno e in nessun caso è prevista un'imposizione di carichi penali alla persona non fisica. Si è già teorizzato su questi carichi penali, potrebbe essere la perdita della libertà (viene destituito il consiglio di amministrazione e l'azienda viene commissariata per un certo tempo da un gestore giudiziario) o persino la morte (l'azienda viene liquidata) L'idea di carico penale su tutti i soggetti giuridici, non solo sulle persone fisiche, non è tanto folle: se le corporazioni sono riuscite ad avere diritti, perché non dovrebbero avere doveri? Perché non si può imporre loro una pena se il loro comportamento è chiaramente psicopatico ed antisociale? Secondo la visione dominante, gli errori della corporazione sono colpa del suo consiglio di amministrazione ed è per quello che le responsabilità devono essere appurate a livello personale. Ma in realtà il consiglio è al servizio della corporazione e dei suoi azionisti e tenta di attenersi al mandato che gli è stato dato, che è la massimizzazione del profitto. Così, si verifica che i consigli di amministrazione stanno cambiando (tattica di diluizione delle responsabilità) mentre le aziende agiscono in modo sempre più psicopatica. Dentro la corrente di pensiero economico imperante, per evitare di aprire questi dibattiti necessari ma sgradevoli, si pone l'enfasi sul fatto che tutto è mercato e tutto si regola attraverso degli interscambi monetari. La mercificazione di tutte le sfere umane è stata fatta progressivamente: prima è stata la terra, poi il lavoro, poi i beni comuni e per il futuro è prevedibile che saranno le persone stesse (schiavitù). Questa logica perversa per cui tutto è mercato, per cui non esiste nulla al di fuori del mercato, parta al fatto che i pazienti di un ospedale o i viaggiatori di un treno ora siano “clienti” o, nel migliore dei casi, “utenti”, favorendo il fatto che l'alienazione, la privazione della categoria di “persona” o “personale” sia “la normalità”, l'abitudine, la cosa comunemente accettata, ciò che ci si deve aspettare e senza discussione possibile. L'uomo della strada è stato addestrato per trovare che sia concepibile, anche se sgradevole ( e persino, per alcuni, accettabile), che un ospedale lesini verso i suoi pazienti per “aumentare i propri benefici” o “migliorare la propria gestione”. In generale, le denunce per mala gestione dell'amministrazione pubblica vengono dirette in prima istanza a denunciare la corruzione, la richiesta di mazzette, l'appropriazione indebita o la malversazione di portata pubblica, ma quasi mai a sollecitare un servizio migliore ed un atteggiamento più generoso e umano verso gli amministrati, che sono coloro che in realtà pagano questi servizi con le proprie tasse. La grande vittoria del totalitarismo liberal economico è che tutti accettino che tutto viene regolato dal mercato, che tutto è monetizzabile e suscettibile di essere trasformato in mercanzia. Più ancora, che in realtà tutti facciamo parte in maniera indistinta di questo mercato, che noi siamo il mercato (come recita un famoso libro di un economista spagnolo che è già stato ristampato diverse volte). La realtà è che non tutto è mercato e tanto meno che il mercato può regolare tutte le transazioni economiche (per sapere di più, leggete la serie “Citizen K” di “Acorazado Aurora”)

- Linguaggio dottrinale: Tutte le religioni egemoniche vengono veicolate attraverso un corpus centrale scritto e un sacco di pubblicazioni complementari “nel canone”, che servono a fissare la dottrina. Non si pretende di validare la conoscenza rivelata con osservazioni della realtà, cercando i suoi punti deboli a le sue contraddizioni, ma si selezionano quelle verità che si adattano meglio ai dettati della dottrina. Tutto ciò che si allontana dal canone fissato dai guru riconosciuti viene condannato all'ignoranza ed il suo autore all'ostracismo. Richiama l'attenzione il linguaggio molto aggressivo, con frequenti denigrazioni e a volte insulti, che viene utilizzato contro ciò che devia dalla retta via, dalla dottrina. Alcuni di questi problemi affliggono persino oggi alcuni rami della scienza, anche se in nessun caso con la virulenza che si osserva nel dibattito pubblico sull'economia.

- Linguaggio dogmatico: La visione liberale dell'economia si sta trasformando in un dogma che non si può discutere, c'è una verità rivelata che non può essere messa in discussione, non c'è altra verità al di fuori di essa. Se la Spagna ha un problema di debito pubblico, la raccomandazione del FMI è che si adottino misure che rendano flessibile il mercato del lavoro (un eufemismo per chiedere di rendere più facili i licenziamenti e che si riducano i salari, cioè, per ridurre il carico salariale nei conti dei risultati degli imprenditori). Ma non si riesce a capire perché si chiede una cosa simile se, invece di risolvere il problema, lo aggrava: la diminuzione del reddito disponibile dei lavoratori erode il consumo e pertanto aggrava la crisi economica, per cui diminuisce la raccolta delle tasse ed aggrava il problema del debito. In realtà, il FMI “raccomanda” (“intima” sarebbe un verbo più appropriato) tali misure per ridurre il carico salariale sul capitale senza vedere che in un mondo senza espansione, in una crisi economica che non finirà mai, ciò porta solo al disastro. Il dogma liberal economico, essendo indiscutibile, non può nemmeno evolvere. Le ricette economiche derivate in una società fortemente manifatturiera sono le stesse da applicare ad un'economia basata sui servizi e anche le stesse in una situazione in cui le risorse stanno diventando sempre più scarse. Ma così come le società umane evolvono, così le teorie economiche necessarie per descriverle con efficacia devono evolvere. La teoria economica liberale è già fissata e non evolve nonostante il cambiamento degli scenari. Ma ancora, nonostante le formule che propone – e che si stanno applicando in maniera rigorosa in molti paesi occidentali – non stanno mostrando nessun successo, si attribuisce il fallimento alla mancanza di impegno dei governi nell'attuarle e si insiste nel reiterare la loro validità, a dispetto dell'esperienza. Proprio come ci si aspetta da un pensiero dogmatico. A lungo termine, le nuove correnti economiche (economia ecologica, economia del bene comune) resteranno relegate all'irrilevanza e possono finire per essere perseguitate come a suo tempo l'eresia.

- Linguaggio esoterico: Data la profonda banalità di alcune delle idee della teoria economica liberale, risulta imprescindibile creare parole e concetti che dissimulino le idee e che le rivestano di una grandiosità ed un mistero che non avrebbero se venissero espresse in termini più mondani. Si parla della “infinita sostituzione dei fattori di produzione” per dire che, secondo questa dottrina dogmatica, ogni volta che manchi qualcosa si troverà immediatamente un sostituto e a prezzo ragionevole. Si parla di “costo aggregato” per dire costo totale (sommando tutti i costi implicati) di un'operazione, eccetera. Alcuni indicatori sintetici (cioè, pure astrazioni matematiche o di linguaggio) sono presi come riferimenti indiscutibile, come per esempio il PIL (e di solito non si spiega perché la crescita del PIL sia l'unico fattore di cui si tiene conto nell'implementare le politiche economiche, né se la gente, il popolo, è d'accordo col fatto che gli si dia tanto peso). Dato questo linguaggio speciale ed i concetti implicati, si rende necessario appartenere alla casta degli iniziati, gli economisti, per poter entrare nel dibattito economico, il che costituisce una barriera di ingresso per i non iniziati ed un argomento standard per squalificare, a volte con insulti, la validità di ciò che si dice senza rispondere all'argomentazione di fondo (io mi sono trovato in questa situazione alcune volte e generalmente i contro argomenti, quando vengono richiesti, sono estremamente deboli, essenzialmente del tipo “in passato è stata una cosa buona” o un qualche ricorso al dogma). Dato che il cittadino non capisce ciò che si dice, si vede obbligato a delegare completamente le decisioni ai sommi sacerdoti, a “coloro che se ne intendono”. C'è un certo parallelismo con l'esoterismo che a volte circonda la scienza, anche se proprio oggi è molto apprezzato il lavoro di divulgazione scientifica, l'avvicinamento della scienza all'uomo della strada, e non tanto il fare divulgazione economica (in particolare su questioni tanto polemiche come la creazione dei soldi).

- Linguaggio astratto: Una delle caratteristiche di definizione del linguaggio economico imperante è la dipendenza dall'empirismo. Si argomenta che i dati danno ragione a certi ragionamenti e per questo si definiscono quantità astratte, indici di benessere o qualche valore di riferimento, che in generale vengono usati per argomentare che sono la conseguenza dell'attuazione delle politiche liberali. Dato che non vengono isolati altri fattori (come per esempio il progresso tecnologico o l'introduzione di certe pratiche di coltivazione ed industriali), risulta complicato sapere quale sia l'effetto specifico direttamente attribuibile alla dottrina e quale si sarebbe prodotto anche senza di essa. Questo problema, che non è esclusivo dell'economia (la difficoltà di isolare le cause che danno adito ad un fenomeno per poter valutare l'impatto di sue determinate variabili interne), si risolve qui tipicamente con affermazioni del tipo “è evidente che...”, che essenzialmente ciò che dimostrano è che si vuole ottenere ciò che si era ipotizzato di partenza (la cosa logica in una situazione del genere è tentare di falsare la dipendenza ipotizzata). L'introduzione di indici e concetti astratti ha il vantaggio che si può difendere il fatto che le cose stiano migliorando anche se non è così, in un atteggiamento che ha riminiscenze della scolastica medievale.

- Negazione della realtà: Una conseguenza del pensiero meramente astratto e lontano dalla realtà, persino sprezzante nei suoi confronti, è la negazione della realtà quando questa non si adatta ai dettati della dottrina. E' stato da poco pubblicato un articolo di George Monbiot (apparso sul blog di The Guardian), dal titolo provocatorio: “Perché i liberali devono negare che c'è il cambiamento climatico, in breve”. La questione è semplice: se i liberali difendono il fatto che il diritto fondamentale sia quello della proprietà privata e che il mercato sia l'unico meccanismo regolatore, l'esistenza di esternalità che condizionano negativamente la proprietà di altri implica che le parti lese abbiano diritto a reclamare una compensazione e persino la cessazione dell'attività lesiva della loro proprietà. Visto che ciò implicherebbe l'impossibilità di molte attività industriali, che di fondo sono il sostentamento materiale a cui serve questa dottrina. Così, pertanto, non c'è da sorprendersi che il negazionismo sia la norma fra i neoliberali e che si inventino termini sprezzanti per gli scienziati che con più conoscenze di loro ricercano nel campo dei cambiamenti climatici e di altri problemi ambientali. E' molto comica l'ostinazione con cui questa gente, senza alcuna formazione scientifica, discute concetti complicati di climatologia e meteorologia, che “credono di capire” o che credono che gli scienziati malvagi stiano manipolando – perché? Per quale motivo? Questo non importa, danneggiano la dottrina e pertanto devono essere duramente attaccati.

Gli esempi di negazione della realtà sono numerosi nelle file neoliberali. A mo' di esempio: nella misura in cui i problemi di fornitura di petrolio si stanno facendo più evidenti, si ricorre ai vecchi errori (per esempio, insistere su quanto siano grandi le riserve senza voler guardare a cosa sta succedendo alla produzione) e sappiamo già che gli economisti non comprendono il picco del petrolio. Gli sforzi per sfuggire la realtà energetica stanno portando ad un crescente uso di un linguaggio falsato e specifico molto ben descritto da Kurt Cobb, dove la scarsità di maschera da abbondanza e la stagnazione da crescita. Il problema è, alla fine, che si scambia il mezzo con il fine: le politiche neoliberali vengono poste per tentare una nuova forma specifica per far riprendere la crescita, ma, per prima cosa, perché vogliamo la crescita? Nessuno si interroga sul fatto che la crescita non possa essere il fine, ma un'astrazione per ciò che si desidera realmente: più impiego, più benessere, più prosperità generale e personale... Si applicano misure di austerità senza voler vedere gli effetti non desiderati che comportano, basandosi su idee astratte, eteree, senza senso. Ma il fatto è che alla fine questa ripresa non arriva mai, non sta arrivando né arriverà mai. Si cerca di vendere i fatti occasionali come dimostrazione di una ripresa duratura che semplicemente non esiste. E nell'ennesimo sforzo per negare la realtà si falsa il PIL, se necessario, per cui alla fine non risulta possibile verificare se una qualche politica concreta abbia o meno successo. Commenteremo un'altra volta come si stiano manipolando le cifre del PIL in Spagna. Ora vorrei evidenziare un grafico molto curioso sul consumo di elettricità degli Stati Uniti, pubblicato sulla pagina web un po' sensazionalista Zero Hedge:


Dato che il consumo di elettricità è molto inelastico, di solito è un buon indicatore dell'attività economica. Che negli Stati Uniti il consumo di elettricità sia stagnante, salvo le variazioni dovute alle stagioni, dal 2005 ci indica che il PIL di questo paese non ha potuto crescere tanto come si dice. Il fatto è che, pur di fuggire dalla realtà della stagnazione economica qualsiasi strategia è buona.

- Fanatismo: E il fatto è che i neoliberali hanno anche i loro fanatici: dal tea Party americano e le destre ultraliberali su entrambe le sponde dell'Atlantico, fino a quelli che ora vengono chiamati anarco-capitalisti o an-caps, provenienti da quella squilibrata ideologia mascherata da stramba scuola economica autodenominatasi la scuola austriaca (Chemazdamundi ha fatto un'analisi accurata e crudele della stessa che vi raccomando). Sono i fanatici del neoliberismo coloro che, per esempio, minacciano quelli che loro chiamano “caldologi” per rivendicare, col pretesto della scienza del cambiamento climatico, l'imposizione di ciò che loro considerano uno stato socialista o qualcosa di peggio. Questi fanatici, sempre più vessati da una realtà che ha voltato loro le spalle, radicalizzano la loro posizione e si riaffermano nel dogma. Come abbiamo visto, secondo gli indizi che mostro più in alto, la teoria economica neoliberale imperante oggigiorno ha sempre più i tratti di una religione totalitaria. Non si tratta soltanto di denunciare questo intento di imporre un totalitarismo dogmatico che può finire per rendere impossibile qualsiasi tipo di miglioramento, si tratta di comprendere come agisce per mettergli freno con argomentazioni. L'ultima cosa di cui abbiamo bisogno, in una situazione in cui la diminuzione delle risorse favorisce l'instaurarsi di regimi totalitari, è di avere un'ideologia autoritaria mascherata da scienza, che finirebbe per favorire la nostra sottomissione, come di fatto sta già facendo.

Saluti.
AMT

giovedì 2 ottobre 2014

Caos

DaThe Oil Crash”. Traduzione di MR



Di Antonio Turiel

Cari lettori,

ho un certo piacere a leggere i post che settimanalmente pubblica John Michael Greer nel suo blog “The Archdruid Report”. Ogni post è una piccola gioia letteraria piena di un'enorme capacità di approfondimento in aspetti fra i più diversi, conditi sempre con una certa dose di ironia (necessaria quando si tratta di temi tanto pesanti come il relazionare e rendere comprensibile la fine della società industriale, cosa cui si dedica l'Arcidruido nel suo blog, fra le altre cose). Uno dei suoi ultimi post contiene una piccola perla che mi piacerebbe raccontare. Mi è piaciuta particolarmente perché tocca in pieno i temi di ricerca sui quali ho lavorato durante la mia vita.

John Michael Greer descrive un esperimento facilmente ripetibile nella propria vasca da bagno a casa. Per prima cosa si riempie la vasca da bagno d'acqua. Poi si immerge la mano un po' e si comincia a muoverla avanti e indietro. Si osserverà un movimento lento ed abbastanza organizzato dell'acqua, praticamente senza onde. Progressivamente si deve accelerare il movimento della mano finché si comincia ad osservare un cambiamento importante del movimento dell'acqua: la formazione di gruppi di onde che si propagano velocemente oltre la mano e rimbalzano su tutte le pareti della vasca da bagno, interferendo costruttivamente in alcuni punti (e provocando una maggior elevazione del livello dell'acqua in quel punto) e in modo distruttivo in altri (causando una momentanea calma in quei punti). Ma la storia non finisce qui: si deve continuare ad accelerare il movimento della mano e il movimento dell'acqua, oscillatorio e complesso ma ancora con un certo ordine, cambierà una seconda volta: si romperanno i fronti delle onde e si genereranno mulinelli sulla scia della mano che ora avanza velocemente da un lato all'altro, mulinelli che si andranno unendo per generare strutture caotiche di dimensione maggiore finché tutta la vasca da bagno non si muoverà in modo anarchico e destrutturato, con aumenti improvvisi e diminuzioni del livello che determinano forme capricciose che cambiano rapidamente senza che si possa prevedere come verrà condizionato un punto particolare in un particolare momento.

Quanto descritto dall'Arcidruido è la transizione del movimento di un fluido da un movimento laminare (ordinato) ad uno turbolento, nella misura in cui la potenza con la quale si forza il sistema va aumentando. Naturalmente ciò ha in seguito attirato la mia attenzione, visto che la mia carriera accademica e più della metà della mia produzione scientifica riguarda l'analisi della turbolenza, in particolare nei fluidi oceanici. Tuttavia, John Michael Greer va oltre e dice che nei sistemi dinamici composti di molte parti normalmente si osserva lo stesso comportamento: che nella misura in cui si aumenta la forzatura, il sistema smette di comportarsi in modo ordinato e comincia ad oscillare, e questa oscillazione annuncia che il sistema sta giungendo al suo limite: se si continua la forzatura il sistema torna a cambiare ed entra in una fase caotica.

Davvero non posso fare altro che togliermi il cappello (che non ho) di fronte all'erudizione dell'Arcidruido, visto che ciò che spiega è proprio quello che succede normalmente quando si produce ciò che i fisici chiamano “transizioni di fase”. Effettivamente la causa dei fenomeni osservati sono i cosiddetti comportamenti emergenti che si manifestano quando un sistema ha una moltitudine di componenti. Il ramo della fisica che si occupa di studiare tali sistemi è la Fisica Statistica, che è proprio il campo da dove provengo. Quindi il suo post si è davvero sintonizzato con le mie conoscenze ed i miei interessi. Ma al di là di questa sintonia, John Michael Greer evoca certe idee interessanti, sull'evoluzione dei sistemi complessi sottoposti a queste transizioni, che mi piacerebbe sviluppare in questo post e con la prospettiva delle varie crisi che abbiamo proprio adesso sul tappeto.

In Fisica, un sistema è un congiunto di parti elementari, la struttura delle quali è considerata irrilevante per il problema studiato. Queste parti del sistema sono sottoposte ad alcune interazioni concrete e ben definite fra loro, generalmente molto semplici. Per esempio, il pianeta Terra è un sistema (o fa parte di un sistema, se consideriamo il Sistema Solare) e le interazioni fra le sue parti elementari (per gli scopi di questa discussione, gli atomi) non possono essere più semplici: sono le quattro interazioni fondamentali della Natura (nucleare forte, nucleare debole, elettromagnetica e gravitazionale), anche se per descrivere la maggioranza dei processi che hanno luogo sulla Terra ne bastano due, quella elettromagnetica e quella gravitazionale. In entrambi i casi si tratta di forze centrali (ogni particella è il centro della propria interazione che essa causa nelle altre) che decadono al quadrato della distanza dalla particella (pertanto, la forza esercitata dalla nostra particella su una particella che si trova al doppio di distanza di un'altra data è quattro volte inferiore). L'interazione elettromagnetica può essere tanto attrattiva quanto repulsiva, mentre quella gravitazionale è solo attrattiva. E nonostante la terribile semplicità con cui descriviamo queste interazioni (le poche frasi precedenti), la Terra è un sistema complessissimo, con comportamenti tremendamente elaborati che descriviamo con equazioni astruse. Come è possibile che un sistema formato da tanti elementi fondamentali, gli atomi, che interagiscono in modo così semplice, possa dare luogo a comportamenti tanto diversi e tanto complessi, dalle cascate del Niagara alle venature di una foglia di un albero?

Succede che quando un sistema è formato da una grandissima quantità di elementi comincia a mostrare “comportamenti emergenti”. La somma di molte individualità semplici finisce per manifestarsi come una collettività complessa. Non solo questa collettività interagisce in molti modi elaborati e diversi, ma in più il suo modo di funzionare si può alterare completamente. Viene chiamato “stato del sistema” o semplicemente “stato” una situazione dello stesso che si caratterizza con certe variabili che definiscono il comportamento collettivo: la temperatura – che in realtà è una misura dell'energia cinetica media delle particelle, la pressione, il volume, la durezza, la densità, la viscosità, ecc...

Quando un sistema si trova in un determinato stato le variabili che lo caratterizzano si muovono all'interno di una determinata gamma di valori. Per esempio, il volume di un solido varia pochissimo, in funzione della temperatura, mentre un liquido ha una viscosità relativamente bassa – per un solido è infinita, per definizione. In questo caso diciamo che il sistema si trova in una certa fase. Ma in certe condizioni, se forziamo il sistema dall'esterno (per esempio, prendiamo un solido e ne aumentiamo la temperatura) possiamo finire per indurre ciò che viene chiamato “un cambiamento di fase”, cioè, un cambiamento radicale delle variabili che definiscono lo stato (nell'esempio del solido detto precedentemente, la viscosità passerebbe dall'essere indefinita ad aver un valore  relativamente basso). Una volta che ha cambiato di fase, il sistema passa ad un comportamento del tutto diverso da quello precedente (per esempio, un solido rimane stabile su un tavolo, mentre un liquido si sparge in tutte le direzioni e un gas si diffonde nell'aria e si mescola agli altri gas).

La cosa realmente interessante è ciò che accade quando ci avviciniamo a questo punto critico (si chiama così) nel quale un sistema cambia di fase, prima che passi da un comportamento all'altro (prima che l'acqua bolle, prima che l'aggiunta di un nuovo granello di sabbia provochi una valanga, prima che la depressione tropicale si trasformi in uragano...). Vicino al punto critico alcuni dei parametri del sistema scatta e diventa instabile. Piccole perturbazioni nel sistema inducono variazioni grandi o oscillatorie nei parametri colpiti. Il sistema fluttua e diventa caotico. Esattamente come dice John Michael Greer, l'apparizione di tali fluttuazioni annuncia l'arrivo del punto critico e nella misura in cui ci avviciniamo al punto in cui il nostro sistema smetterà di essere com'è e cambierà radicalmente, l'ampiezza di queste fluttuazioni si va facendo terribilmente più grande.

Analogamente a molti sistemi naturali strutturati, come per esempio gli ecosistemi, la nostra società è a sua volta un sistema complesso, integrato da una moltitudine di piccole parti con una moltitudine di interazioni ed anche in essa si osservano comportamenti emergenti del sistema che vanno molto al di là dei comportamenti della somma delle sue parti. Pertanto è un terreno propizio per applicare i principi della Fisica Statistica e di fatto è da molti anni che delle branche della stessa studiano parti del sistema sociale umano (per esempio, la econofisica o la teoria delle reti).

La nostra società è in crisi da alcuni anni. Nonostante i canti della sirena del governo spagnolo non si sta verificando una ripresa in questo paese e se si guardano gli indicatori mondiali si conclude che nemmeno nel mondo c'è. Al contrario, l'ampiezza della crisi sembra stia crescendo: lavoro più precario, risparmi che diminuiscono, crisi finanziaria che non finisce, crisi istituzionale che sta arrivando a estremi insopportabili... Stiamo entrando in una situazione di oscillazioni sempre più grandi che anticipano una transizione di fase, un cambiamento repentino del nostro mondo e della nostra società? Guardiamo il nostro ambiente un po' nel dettaglio.

Gli ecosistemi del pianeta sono gravemente minacciati. Nei circoli accademici si parla di Sesta Estinzione, in questo caso non innescata da alcun meteorite o dall'irruzione delle alghe, ma dall'azione dell'uomo. Abbiamo già commentato riguardo agli indicatori molteplici di questi cambiamenti radicali. Se non si opera un cambiamento di rotta, le specie animali e vegetali che domineranno questo pianeta durante i prossimi millenni saranno altre, molto diverse da quelle attuali. Che gli ecosistemi siano gravemente alterati lo evidenziano le continue ondate di anomalie: un anno le acque si riempiono di meduse come non  si era mai visto, un altro si producono proliferazioni di alghe un tempo sporadiche, si trovano insetti molto più al nord del loro habitat naturale, ecc, ecc. Insomma, fluttuazioni che ci annunciano un prossimo cambiamento di fase, dell'arrivo di nuovi ecosistemi.

Un altro esempio di sistema che sta subendo grandi oscillazioni (che è quello a cui alludeva John Michael Greer nel suo post) è il sistema climatico della Terra. Quelli fra noi che vivono nel terzo settentrionale della Spagna stanno vivendo un'estate strana, con cambiamenti bruschi di temperatura e precipitazioni, proprio come dicevo nel post “Un anno senza estate”, ma le anomalie coprono tutto il pianeta: la siccità nell'ovest degli Stati Uniti sta giungendo a dimensioni di catastrofe nazionale, gli incendi flagellano periodicamente la steppa russa, le temperature registrate in molti punti del Circolo polare Artico battono i record e il pianeta, preso nel suo insieme, registra i mesi più caldi da quando ci sono i rilevamenti. Non è solo l'estate. Tenendo conto di come sono stati gli ultimi autunni (più caldi e secchi del normale, dove vivo io) e gli inverni (la parola “ciclogenesi esplosiva” porta sicuramente brutti ricordi agli abitanti della parte atlantica del continente europeo) non è irragionevole pensare che forse i cambiamenti osservati sono quelle oscillazioni la cui crescente ampiezza anticipa un cambiamento di fase del clima relativamente vicino. Quale sarà il nuovo clima nessuno lo sa, anche se l'impatto del nuovo regime dei venti e delle piogge avrà implicazioni determinanti sulla vita delle persone  in un momento in cui dovranno dipendere di più dai frutti della terra per sostenersi, al decrescere della disponibilità di energia in generale.

Che dire del petrolio e delle altre risorse non rinnovabili? Si può considerare che si stiano producendo fluttuazioni crescenti nella sua disponibilità, presagio del cambiamento secolare? Una semplice occhiata alle notizie degli ultimi mesi ci mostra che, dopo anni – non molti – di relativa calma (con ancora molti conflitti, ma con poca presenza mediatica) si sta producendo una certa esplosione di guerre e conflitti in paesi che erano tranquilli da decenni. Il denominatore comune di questi conflitti? Non si può dire in modo netto che ce ne sia solo uno, ma alla base di tutte queste guerre e rivolte (Egitto, Siria, Iraq, Ucraina, Nigeria, Libia, Sudan) c'è una forte componente di controllo delle risorse di gas e/o petrolio (e, pertanto, la diminuzione degli introiti della loro esportazione o l'aumento delle spese della loro esportazione), stanno tirando la corda e provocando sempre più conflitti interni che un giorno sì e uno no arrivano sulla stampa. E' il caso dell'Argentina e del suo recente default parziale,


del Brasile e dei suoi movimenti di protesta contro i tagli,







e di tanti altri paesi nei quali la manna del petrolio ha smesso di scorrere come in precedenza. Se la maggioranza dei paesi produttori di petrolio ha problemi seri, cosa sta succedendo nei paesi che non producevano petrolio e dovevano importarlo? Ovviamente che stanno soffrendo Soffrono tutti. Soffrono perché manca il petrolio per alimentarli. Le esportazioni di petrolio greggio nel mondo sono stagnanti, presagendo il declino: 



Persino gli Stati Uniti soffrono per mancanza di petrolio, con grande sorpresa dei molti disinformati. Anche se il consumo totale di petrolio (greggio più condensato) negli Stati Uniti è aumentato negli ultimi anni, il consumo di petrolio pro capite scende dal 2005, l'anno in cui siamo giunti al picco del petrolio greggio convenzionale, come spiega in un articolo recente e fortemente raccomandato Gail Tverberg:



E come spiega Gail Tverberg, non solo diminuisce il consumo di petrolio negli Stati uniti, diminuisce anche il consumo pro capite di energia (totale, non solo di petrolio), cosa che nella storia degli Stati uniti non era mai successa. Il fatto è che la bolla del fracking è solo questo: una bolla. La realtà è che la produzione di tutti i liquidi del petrolio (il petrolio greggio più tutti i succedanei, servano o meno, che vengono aggiunti alla contabilità per dissimulare il fatto che la produzione di greggio sta già diminuendo) da qualche anno è insufficiente a coprire la domanda (notate nel grafico il piccolo salto che c'è fra la linea nera che rappresenta il consumo e la curva ombreggiata verde che rappresenta la produzione) Come viene riconosciuto nell'annuario della BP da dove sono stati presi tutti questi dati, si sta mettendo mano alla riserve dell'industria per coprire la domanda con un'offerta che è già insufficiente. 


Possono essere peggiorate queste cattive notizie? Ebbene sì. Se escludiamo gli Stati Uniti, la produzione di tutti i liquidi assimilati al petrolio del mondo sta già diminuendo.



E tenendo conto che è in vista il picco del petrolio da fracking degli Stati Uniti, risulta evidente che in un anno o due il declino della produzione di tutti i liquidi (non solo del petrolio greggio) non si potrà più dissimulare. 



Ci troviamo quindi in una situazione in cui la disponibilità di petrolio diminuisce già per tutti, ma i più potenti soffrono meno perché possono accaparrarsi una parte maggiore della torta e alcuni paesi, come la Cina, stanno ancora riuscendo ad aumentare il proprio consumo, logicamente a spese di altri. Fino a qualche anno fa questi “altri” paesi ci sembravano molto lontani. Ma adesso che la torta sta iniziando a diminuire con una certa rapidità, all'improvviso assistiamo allo spettacolo di vedere paesi occidentali, ovviamente i meno potenti, che si vedono costretti a diminuire il proprio consumo in modo precipitoso e di conseguenza ad immergersi in crisi economiche sempre più profonde. Paesi dove il consumo di petrolio è diminuito di più del 20% negli ultimi anni perché le loro economie non riescono ad assorbire gli alti costi di questa materia prima, perché inoltre le loro economie sono fra le più dipendenti dal petrolio. E' il caso della Grecia, 


dell'Italia,



del Portogallo,



e, naturalmente, della Spagna.



Lo sappiamo già: soffiano venti di cambiamento e se guardate ogni giorno le notizie vi sarete resi conto che sono sempre di più gli uragani. Questa instabilità, questa crescente conflittualità, queste guerre più o meno dichiarate, questa escalation dialettica fra le grandi potenze... sono per l'ambito delle risorse, di nuovo, grandi fluttuazioni del nostro stato attuale e pertanto anticipano un brusco cambaimento di stato, che in questo caso può essere solo catastrofico (immaginatevi cosa comporterebbe, per esempio, una guerra commerciale o più convenzionale con la Russia, o il collasso dell'Arabia Saudita). 

In linea coi problemi geopolitici che andranno emergendo per la crescente scarsità del combustibile che alimenta l'economia mondiale, ma con fattori che le sono propri, viviamo gli ultimi mesi prima del prossimo crollo in borsa. Le economie di tutto il mondo subiranno una grande contrazione, simile a quella vissuta nel 2008, a un certo punto fra la fine di quest'anno e l'inizio del prossimo. Vari fattori degli ultimi mesi (le crescenti rivolte, i cattivi indicatori economici delle economie europee, la tensione in aumento con la Russia, il rallentamento dell'economia cinese...) sono le fluttuazioni che precedono un grande cambiamento di fase, quello che darà più di che parlare giunti a quel momento, quello che nessuno collega con tutti gli altri, quello che eclisserà tutti gli altri fino al punto in cui non si vedranno più. 

Durante i prossimi dodici mesi si produrranno molti eventi che metteranno in crisi la stabilità di molti paesi. Oltre dei referendum per l'indipendenza in Scozia e in Catalogna, il tracollo delle aspettative politiche elettorali dei grandi partiti presagiva il tracollo degli Stati nazionali in Europa, un processo che può accelerare si invade ancora una volta l'Iraq o si fa la guerra più o meno dichiarata alla Russia. Nuove oscillazioni crescenti che presagivano un cambiamento repentino verso un nuovo scenario radicalmente diverso. 

Se nell'esperimento della vasca da bagno smettete di muovere la mano (se smettete di sottoporre il liquido alla forzatura), l'acqua tornerà a calmarsi e riuscirà a tornare di nuovo ad uno stato di equilibrio. In alcuni casi il nuovo equilibrio sarà simile a quello precedente. Ma, in generale, questo equilibrio non può essere uguale a quello precedente e può arrivare ad essere molto diverso. Questo fenomeno è conosciuto come isteresi. Un caso tipico di isteresi all'interno dei sistemi che oggi commentiamo è quello delle catene trofiche: se alteriamo brutalmente un ecosistema (per esempio, cacciando o pescando in maniera massiccia alcune specie) quando lo lasceremo in pace non tornerà ad essere com'era prima: nuove specie avranno occupato le nicchie ecologiche di quelle che c'erano in precedenza, impedendo il loro ritorno e forse impedendo anche il consolidamento di una catena trofica sostenibile e stabile. 

Il nostro sistema climatico oscilla, anche gli ecosistemi ed i prezzi delle risorse aumentano l'agitazione ed anche i paesi sono sempre più strapazzati. Queste oscillazioni ci anticipano che stiamo giungendo ai limiti. E' preferibile non forzarli ulteriormente, non solo per il caos che ne risulterà (con la sua inevitabile dose di distruzione), ma perché quando alla fine tutto si calma, eliminata la perturbazione che per la storia sarà stata un respiro, le cose non torneranno ad essere come prima. Ed è poco probabile che siano migliori. 

Saluti.
AMT